Anteo: estorsioni e droga, anche tre vibonesi tra le richieste di condanna del pm
L’operazione prende le mosse anche dalle dichiarazioni del collaboratore Emanuele Mancuso. Da Capistrano a Chiaravalle sino a Pizzo, ecco le singole contestazioni e tutte le richieste di pena
Requisitoria con diverse richieste di condanna da parte del pm, Debora Rizza, nel troncone del processo ordinario nato dall’operazione della Dda denominata Anteo in corso dinanzi al Tribunale di Catanzaro. In particolare il pm ha chiesto: 13 anni per Antonio Cuturello, 34 anni, di Limbadi; 18 anni per Clemente Selvaggio, di 29 anni, di Vibo Valentia; 15 anni per Nensy Vera Chimirri, 32 anni, di Capistrano (ex compagna di Emanuele Mancuso); 4 anni per Rocco Caruso, di 59 anni, di San Vito sullo Ionio; 4 anni per Antonio Corrado, di 56 anni, di Chiaravalle Centrale; 8 anni Antonio Rei, di 34 anni, di Chiaravalle Centrale; 2 anni Giovanni Rauti, di 43 anni, di Torre Ruggiero; 16 anni per Ernesto Bertucci, di 44 anni, di Soverato; 16 anni per Domenico Aiello; 13 anni per Luciano Iozzo, di 61 anni, di Chiaravalle Centrale; 16 anni per Santino Procopio, di 41 anni, di Centrache; 5 anni per Vincenzo Manno, di 34 anni, di Amaroni; assoluzione per Antonio Chiefari, 73 anni, di Torre di Ruggiero.
I reati contestati
Le accuse a vario titolo sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso, ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi anche clandestine e da guerra, detenzione di materiali esplodenti e furto. In particolare. Il basso ionio catanzarese era divenuto, secondo la ricostruzione della Procura, uno snodo nevralgico per il traffico di stupefacenti proveniente dalla provincia di Reggio Calabria e dal Vibonese. Antonio Cuturello avrebbe intimidito Damiano Fabiano a consegnare la somma di ottomila euro quale debito maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente da Emanuele Mancuso, prospettandogli l’eventualità di recuperare il denaro necessario per il pagamento attraverso la commissione di due furti o rapine da perpetrare in altrettante abitazioni individuate dallo stesso Antonio Cuturello. Nensy Vera Chimirri e Clemente Selvaggio sono poi accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza o dalla contiguità alla cosca Mancuso di Limbadi, nonché alla “famiglia Evalto”, radicata a Pizzo Calabro, Nensy Chimirri ed Emanuele Mancuso, quali mandanti, Daniele Cortese e Clemente Selvaggio, quali esecutori materiali, con violenza e minaccia avrebbero costretto Damiano Fabiano a consegnare la somma pari a 7. 500,00 euro, a fronte di un debito di 8. 000,00 euro, maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente nei confronti di Emanuele Mancuso. Clemente Selvaggio è accusato di aver minacciato gravemente Damiano Fabiano, anche attraverso l’esibizione di un’arma da fuoco, “ostentando la sua appartenenza alla “famiglia Evalto”, qualificandosi come il nipote di Evalto Domenico (nonno materno) e come il nipote di Evalto Giuseppe (zio materno) e riferendo esplicitamente a Fabiano Damiano – si legge nel capo di imputazione – di agire al fine di recuperare i crediti insoluti del narcotraffico di Emanuele Mancuso per sostenere le spese processuali e quelle necessarie per gli avvocati e periti balistici, nominati dalla famiglia di Emanuele Mancuso per preparare la sua difesa nel procedimento penale che ha determinato nei suoi confronti l’esecuzione di un provvedimento di fermo nell’ambito dell’operazione Nemea. Antonio Cuturello è anche accusato di aver violato la sorveglianza speciale.
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