venerdì,Novembre 22 2024

Nel nome del Padre

Mentre in città tengono banco importanti processi di 'ndrangheta, la 'santa' prescrizione salva dal giudizio politici e personaggi noti dai reati contestati di 'falsa testimonianza' e 'omicidio colposo plurimo'. Per l'alluvione del 2006 non pagherà nessuno, per la morte di Federica Monteleone in molti se la caveranno. E 'Acqua Sporca' rischia di tramontare prima ancora di iniziare...

Nel nome del Padre

Vibo Valentia è orfana. Di giustizia. Sociale, soprattutto. Ormai i processi finiti senza colpevoli sono tanti e i cittadini, che a trovarli coraggiosi e fiduciosi sono sempre pochi, pagano amaro un conto che hanno deciso di onorare con il loro impegno civile prima ancora di aver assaggiato l’antipasto.

Le vittime dell’alluvione del 3 luglio 1006 non sapranno mai chi ha fatto orecchie da mercante sulle loro vite. Eppure le responsabilità sembravano così chiare da non dover nemmeno attendere un minimo pronunciamento del Tribunale. La dea degli abbienti, che nel linguaggio degli umani si chiama “prescrizione” e per potertela permettere devi spendere molti soldi, ha vinto un’altra volta. Nel corso dell’ultima udienza il Tribunale, presieduto da Vincenza Papagno, ha chiesto ai difensori dei 15 imputati se intendessero rinunciare alla prescrizione dei reati relativi all’omicidio colposo plurimo ed all’omissione di atti d’ufficio. Richiesta non accolta dal collegio difensivo. Sotto il profilo morale i soggetti in causa hanno, dunque, ammesso la loro responsabilità, perché scegliendo di accettare di fatto la prescrizione hanno rinunciato – per evidente  convenienza – alla possibilità di proseguire con il processo, non chiarendo così la loro posizione. Continuare il processo avrebbe significato un rischio e una certezza: uscire assolti, con tutto ciò che ne sarebbe conseguito, ovvero levarsi per sempre l’onta di colpevolezza di un disastro annunciato, o uscire colpevoli. E i 15 imputati (tra cui gente corresponsabile di tutti i fallimenti politici della provincia come Gaetano Ottavio Bruni, Paolo Barbieri e l’uomo ombra Ugo Bellantoni, più tutta una serie di dirigenti e tecnici) hanno scelto di non volerne sapere più di questo processo, accettando di buon grado la manna dal cielo, che – a dispetto di quanto si pensa – non porterà mai il nome di “assoluzione”, tanto amato al contrario dalla gente con la coscienza pulita.

Nessuna responsabilità, nessun colpevole, nessuna giustizia.

Fatto analogo, per certi versi più grave, è il processo nei confronti di alcuni tra manutentori, progettisti e operai accusati di calunnia e false testimonianze e coinvolti nella morte della giovane Federica Monteleone. La prescrizione qui arriverà nel 2017. Arriverà la salvezza per dei soggetti che secondo la Cassazione, che in quel processo aveva definitivamente condannato 7 imputati per il decesso della giovane vibonese, avrebbero reso delle false testimonianze. Quindi, anche in questo caso, la giustizia salverà dei potenziali complici e aiutanti dei colpevoli.

“Acqua Sporca” rischia di seguire la stessa sorte. Il processo dei processi, ovvero quello più sentito dalla società civile che in tutti questi anni ha lottato aspramente in tutte le sedi possibili per pretendere verità sulla qualità dell’acqua erogata da tutti quei comuni serviti in maniera continua dall’invaso avvelenato dell’Alaco, sta diventando una barzelletta giudiziaria. Continuamente rinviato, stoppato, fermato quando per mancanza di giudici e quando per ridicoli cavilli, a distanza di tre anni dal suo inizio – che ha visti coinvolti diversi personaggi politici e parapolitici colpevoli secondo l’accusa, tra le altre cose, di uno dei reati più infami come può essere quello di “avvelenamento colposo di acque da adibire al consumo umano” – non è riuscito ancora ad esprimere nemmeno il pronunciamento sul rinvio a giudizio degli imputati. Cioè, ancora non si conoscono i nomi di chi, tra i potenziali avvelenatori dei cittadini, deve avere un giusto processo. Anche qui, come negli altri casi, la popolazione ha fatto la sua parte costituendosi parte civile nel processo, con la speranza di riuscire a dare maggiore corpo alla denuncia. Un atto di responsabilità troppo importante per passare inosservato. E invece, purtroppo, la lenta discussione sulla salubrità del territorio passerà in cavalleria. Perché la stessa acqua incriminata e bollata come velenosa scorre tutt’oggi nei rubinetti delle case di 400mila cittadini calabresi.

 Storie di tristezza e, forse, di rassegnazione. Una vergogna tutta italiana. Anzi, tutta calabrese. Anzi, tutta vibonese.

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