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Porto Santa Venere e ripristino del nome, Montesanti: «Pure Monteleone cambiò in Vibo Valentia»

Per lo studioso non vi è alcun intento separatista da parte delle Marinate ma solo la volontà di riavere il nome fondativo del centro costiero

Porto Santa Venere e ripristino del nome, Montesanti: «Pure Monteleone cambiò in Vibo Valentia»
Una veduta del porto di Vibo Marina

«Il timore che il ripristino del nome di Porto Santa Venere possa innescare una sorta di processo separatista tra il centro costiero e la città capoluogo è un’argomentazione strumentale e infondata in quanto nessuno vuole dividere niente». Questo l’incipit della riflessione che lo storico Antonio Montesanti ha pubblicato sul suo blog. «Sia come Vibo Marina che come Porto Santa Venere saranno sempre un’unica comunità in un unico Comune». Il cambio di nome non sottende dunque, sostiene Montesanti, ad un tentativo di costituire un Comune autonomo, nessuna aspirazione di scissione, ma solo una rivendicazione che viene ritenuta legittima alla luce di documentazione storica e, a sostegno della sua tesi, operando un parallelismo, lo studioso ricorda come siano stati proprio i vibonesi a chiedere di ripristinare l’antico nome della loro città sostituendolo a quello medievale di Monteleone. «Nessuno più dei nostri concittadini vibonesi – sottolinea Montesanti – può meglio capire il valore identitario di un nome. Sono stati proprio loro a volere il ripristino del nome di Vibo Valentia, in quanto non si riconoscevano in quello di Monteleone, scelto, in epoca federiciana, da Marcofabo, un nome legato ad una serie incredibile di angherie feudali. A quello si è preferito il nome latino ed è stato giusto il ripristino del nome di epoca romana, come è altrettanto giusto il ripristino del nome di Porto Santa Venere, che riaggancia una comunità alla sua antica storia portuale. Tutti i centri costieri e turistici mettono in primo piano le loro origini e la loro storia e noi vogliamo farlo con il vero nome che avevamo e non con un surrogato verbale che, può piacere o meno, non è il nome fondativo».

E a questo punto Montesanti rimarca come «la ritrosia che i vibonesi hanno avuto verso il nome di Monteleone nasceva proprio dalle ragioni della sua fondazione, voluta da Federico II tramite il suo vicesegretario Matteo Marcofaba, che obbligò con la forza i contadini dei paesi e degli enti ecclesiastici limitrofi ad andare a risiedervi, alcuni condotti anche in catene. La situazione divenne ancora più insopportabile dal XVI secolo in poi, quando Monteleone divenne città feudale sotto il dominio dei Pignatelli. Un nome, dunque, legato ad una infeudazione che represse economicamente e socialmente ogni settore della vita cittadina. Si deve ad un piccolo ma rappresentativo gruppo di reduci di guerra l’iniziativa di proporre al Consiglio comunale il ripristino del nome romano di Vibo Valentia, legato al periodo di maggiore splendore e ruolo politico rivestito dalla città in epoca imperiale romana. Proposta agevolata anche dal contesto storico in cui venne emanato il regio decreto del 1927 con cui venne adottato il nome di Vibo Valentia, in conformità agli orientamenti del nuovo regime in direzione di una “romanizzazione” di ogni aspetto della società».

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