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“Demetra 2”: sei condanne in appello per gli imputati del Vibonese ma la Corte riduce le pene

La Procura generale aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado per l’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Non vi è prova, invece, che due degli imputati avrebbero accettato di fabbricare la radio-bomba costata la vita a Matteo Vinci a Limbadi

“Demetra 2”: sei condanne in appello per gli imputati del Vibonese ma la Corte riduce le pene
Vito Barbara

Sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Demetra 2” celebrato in primo grado con rito abbreviato dinanzi al gup distrettuale Marco Ferrante. I giudici rispetto alla prima decisione hanno riformato le pene per gli imputati nel modo seguente: 15 anni, 10 mesi e 20 giorni (16 anni in primo grado) per Vito Barbara, 33 anni, di Spadola, ma residente a Limbadi (genero di Rosaria Mancuso); 6 anni e 11 mesi (8 anni in primo grado) per Domenico Bertucci, 31 anni, di Spadola; 8 anni e 4 mesi (10 anni in primo grado) per Antonio Criniti, 33 anni, di Soriano Calabro; 8 anni e 7 mesi (10 anni e 8 mesi in primo grado) Filippo De Marco, 44 anni, di Soriano; 8 anni, 2 mesi e 10 giorni (9 anni in primo grado) per Pantaleone Mancuso, 61 anni, di Limbadi; 2 anni e 8 mesi (3 anni e 9 mesi in primo grado) per Alessandro Mancuso, 26 anni, di Limbadi.
In primo grado la Dda aveva chiesto la condanna all’ergastolo per Filippo De Marco e Antonio Criniti, ma l’accusa non aveva retto sul punto e i due imputati erano stati assolti dalla contestazione di concorso nell’omicidio del biologo Matteo Vinci (saltato in aria con un’autobomba). Le due assoluzioni non venendo appellate dall’ufficio di Procura sono diventate definitive.

L’originaria accusa

Sara Scarpulla e Francesco Vinci

Filippo De Marco e Antonio Criniti – secondo l’originaria accusa – per sdebitarsi della cessione di  stupefacenti per il costo di settemila euro, avrebbero fabbricato e materialmente posizionato la micidiale bomba che ha fatto saltare in aria l’auto sulla quale il 9 aprile 2018 viaggiavano Matteo Vinci (deceduto) ed il padre Francesco Vinci che è rimasto gravemente ferito.   I reati erano tutti aggravati dalle modalità e dalle finalità mafiose.  I mandanti della spedizione di morte venivano indicati in Rosaria Mancuso, 68 anni, e nel genero Vito Barbara, 33 anni, i quali per tale accusa hanno seguito il processo con rito ordinario dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro venendo condannati nel dicembre 2021 alla pena dell’ergastolo.
Criniti e De Marco avrebbero quindi approfittato di un momento in cui Francesco Vinci si trovava in una zona isolata in compagnia solo del figlio Matteo Vinci (secondo l’accusa che non ha retto al vaglio del giudice) per portare a termine l’azione criminale culminata con l’esplosione della radio-bomba. L’accusa di omicidio, tentato omicidio, danneggiamento, porto illegale di esplosivo ed estorsione non ha però per loro retto già in primo grado, essendo stati gli imputati condannati solo per il reato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Pantaleone Mancuso (cl  ’63) e il nipote Alessandro Mancuso – nessun legame di parentela diretta con la più famosa famiglia dei Mancuso di Limbadi – in concorso con Vito Barbara, Antonio Criniti, Filippo De Marco e Domenico Bertucci erano accusati di essersi associati stabilmente per la coltivazione, trasporto, spaccio e cessione di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana).

Gli stupefacenti

Rosaria Scarpulla con l'avvocato Giuseppe De Pace
Sara Scarpulla e l’avvocato De Pace

Quale promotore, direttore ed organizzatore dell’associazione veniva indicato Vito Barbara, mentre Antonio Criniti e Filippo De Marco si sarebbero occupati delle modalità di approvvigionamento dello stupefacente. Partecipi all’associazione venivano indicati Pantaleone Mancuso, Alessandro Mancuso e Domenico Bertucci, con Vito Barbara che, grazie all’intermedizione di Pantaleone Mancuso, avrebbe acquistato per conto di soggetti ancora da identificare dieci chili di stupefacente. Nel maggio 2018, Vito Barbara e Pantaleone Mancuso avrebbero poi acquistato sostanza stupefacente, del tipo marijuana, per un quantitativo pari a circa cinque chili da due persone di Rosarno.
I genitori di Matteo Vinci nei confronti di Filippo De Marco e Antonio Criniti si erano costituiti parte civile con l’avvocato Giuseppe De Pace. Vito Barbara era difeso dagli avvocati Giovanni Vecchio e Fabio Costarella, Domenico Bertucci era assistito dagli avvocati Domenico Rosso e Luca Cianferoni, Antonio Criniti dall’avvocato Pamela Tassone, Filippo De Marco dagli avvocati Giuseppe Orecchio e Vincenzo Cicino, Pantaleone Mancuso dall’avvocato Francesco Schimio, Alessandro Mancuso dall’avvocato Salvatore Campisi.

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