Lo Stato fa quadrato attorno alla Manzini, convocati i Comitati per l’ordine e la sicurezza
Dai verbali dell’udienza di lunedì scorso emerge la reale consistenza delle offese indirizzate al magistrato cui il boss Mancuso addebita responsabilità sul suicidio della moglie avvenuto nel 2011. In aula stamattina anche il procuratore Gratteri
Mentre si è tornati in aula, questa mattina a Vibo Valentia, per il processo “Black Money”, che vede alla sbarra 22 imputati tra capi e gregari della cosca Mancuso di Limbadi, la reazione dello Stato alle minacce ricevute dal pm Marisa Manzini nel corso dell’udienza di lunedì scorso, si fa più stringente. Al Tribunale di Vibo Valentia, in occasione della ripresa del processo, si è visto anche il procuratore generale di Catanzaro Nicola Gratteri.
Nel frattempo si apprende che le Prefetture di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza, avrebbero riunito i rispettivi Comitati per l’ordine e la sicurezza, nell’intenzione di fare quadrato attorno al magistrato e garantirle la massima sicurezza e la necessaria serenità per portare avanti il delicato compito cui la stessa è chiamata di fronte ad un così importante processo di mafia.
Minacce in aula a Marisa Manzini, la Dda richiede i verbali dell’udienza
Così come si apprende, sempre dalle colonne de La Gazzetta del Sud, la vera natura delle frasi ingiuriose pronunciate dal boss Pantaleone Mancuso, collegato in videoconferenza dal carcere de L’Aquila, all’indirizzo dello stesso magistrato. Dai verbali dell’udienza di lunedì scorso emerge infatti come il capobastone si sia rivolto alla Manzini dicendole testualmente: «Fai silenzio, fai silenzio, fai silenzio ca parrasti assai… hai capito ca parrasti assai. Fai silenzio ca parrasti assai».
Affermazioni gravissime “motivate” dal risentimento nei confronti del pm, cui il boss addebiterebbe, tra le altre cose, responsabilità in ordine al suicidio della moglie. «Hai capito ca parrasti assai, fai silenzio, fammi parrari a mia, ca ancora… ti devo parlare di mia moglie ancora, fai silenzio».
Minacce alla Manzini, Gratteri: «I boss cominciano ad essere insofferenti»
Sulla morte della donna, avvenuta nel 2011, a causa dell’ingestione di acido muriatico, la Procura aprì un fascicolo per istigazione al suicidio, vista l’intenzione manifestata dalla stessa di collaborare con la giustizia. In merito Mancuso ha affermato testualmente: «Riguardo il discorso di mia moglie se c’è qualcuno che ha colpe, non sono io; io ho fatto di tutto affinché mia moglie vivesse. Questa signora che fa il pubblico ministero è come se si sta divertendo ogni volta di parlare di quella mia disgrazia, si diverte, gode lei. Mia moglie era malata e saranno prodotti i documenti che indicano la sua malattia, glieli ho fatti avere immediatamente quando è successo il fatto con i carabinieri, ai Carabinieri. Purtroppo non hanno ascoltato e, se c’è qualcuno che ha colpe può essere Marisa Manzini, può essere Sozzo, può essere qualcuno dei carabinieri, ma non io, io ho fatto di tutto affinché lei vivesse e mia moglie non aveva alcun motivo di collaborare con Marisa Manzini o con chi sia, va bene?»