Ripristino del nome Porto Santa Venere, Montesanti: «Ecco la copia del decreto regio del 1927»
Lo storico replica all'associazione Progetto Valentia: «Si nega che i borghi costieri possano avere il diritto ad una specifica identità»
Si accende la querelle sul possibile ripristino del nome di Porto Santa Venere. All’intervento dell’associazione “Progetto Valentia” replica lo storico Antonio Montesanti con nuove e documentate argomentazioni: “ Dire che «L’idea di modifica del nome da Vibo Marina a Porto Santa Venere è lesiva dell’identità territoriale» aggiungendo che «Nel marzo del 1927 il consiglio comunale di Monteleone di Calabria (…) ha deliberato che tutta la zona costiera prenderà il nome di Vibo Valenta Marina (per cui) va di se che scompaiono sia Porto Santa Venere, sia Bivona sia Porto Salvo» dimostra che il Comitato promotore del Progetto Valentia ha una idea molto distorta e contraddittoria di cosa sia “l’identità territoriale” sia di Vibo che dei borghi e paesi che compongono l’area costiera della provincia di Vibo Valentia. Nega a tal punto che i borghi costieri possano avere il diritto ad una specifica identità tanto da affermare – erroneamente e strumentalmente – che la delibera comunale dell’epoca esprimesse addirittura la volontà del Consiglio comunale di cancellare non solo il nome del borgo di Porto Santa Venere ma addirittura anche quelli di Bivona e Portosalvo. Tutto ciò è una baggianata tale che non merita alcuna replica. Mi preme omaggiarli però di copia manoscritta del Decreto Regio del dicembre del 1927. Una chicca inedita, prima di oggi introvabile, copia compresa del Sigillo di Stato e con firma autografa del Re Vittorio Emanuele e di Benito Mussolini. Insomma, un cimelio da stampare ed incorniciare, e da leggere più volte in modo da consideralo per l’appunto un atto normativo sovraordinato al quale tutti sono sottoposti, perchè è quello che dà origine al diritto.
E cosa si legge in esso? “(…) Abbiamo decretato e decretiamo: “Il comune di Monteleone di Calabria è autorizzato a mutare la sua denominazione in Vibo Valentia (…) mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.” Punto. Null’altro. Nessun riferimento nel decreto al “litorale” costiero o ai borghi costieri che vi insistevano, ragion per cui i loro nomi non sono stati in alcun modo parte integrante del cambio nome emesso nel decreto. Del resto erano borghi che erano già inclusi nel comune di Monteleone ed erano da sempre considerati i limiti territoriali posti nei due estremi geografici nord e sud del litorale del vecchio comune, e come tali menzionati nella delibera comunale, litorale che secondo le metodologie della toponomastica cartografica dell’epoca non poteva che essere nominato che come “marina di Vibo Valentia”, al pari di come in precedenza era indicato marina di Monteleone. Punto. Ed ancor più nessuna cancellazione dei borghi esistenti, tant’è che quello di Porto Santa Venere rimane documentalmente in uso governativamente nel 1944 (vedi carta intestata della Regia Dogana di Porto Santa Venere), mentre Bivona e Portosalvo lo sono tutt’ora (vedi un qualsiasi atto amministrativo contemporaneo).
Il comunicato dei promotori del Progetto Valentia si affianca a quanti piegano strumentalmente la lettura della storia e dei documenti storici ad una visione interessata a mantenere “diseredate” – cioè priva di una eredità storica-identitaria – le comunità costiere. E dunque prive di diritti, servizi e futuro. Dispiace che dichiarazioni, che irridono e stigmatizzano il bisogno identitario di una importante comunità costiera, che giustamente rivendica da anni, in modo corale ed istituzionale, il ripristino del suo nome, rivela un inattuale quanto deleterio “vibocentrismo” che – se presente in tal modo nei programmi del comitato promotore del Progetto Valentia – non può che arrecare danni all’identità ed allo sviluppo dell’intero litorale vibonese posto tra Pizzo Calabro e Nicotera… Porto Santa Venere compresa. Punto. Nessuna creazione di un nuovo borgo litoraneo nominato Marina di Vibo Valentia, al posto addirittura dei tre esistenti, perchè altrimenti – vista la portata – sarebbe stato debitamente precisato nel Decreto Reale.
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