Inchiesta Maestrale: la Cassazione lascia in carcere Francesco Fiarè
Rigettato il ricorso e confermata la decisione del Riesame di Catanzaro. Ecco tutte le accuse e le dichiarazioni dei collaboratori Mantella, Moscato, Arena e Verman dal traffico di droga alle estorsioni
E’ stato rigettato dalla sesta sezione penale della Cassazione il ricorso presentato da Francesco Fiarè, alias “il dentista”, 44 anni, di San Gregorio d’Ippona (figlio del boss Filippo Fiarè), coinvolto nell’operazione Maestrale-Carthago, avverso la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro del 13 giugno scorso. A Francesco Fiarè è stata applicata la misura della custodia in carcere in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa (con riferimento alla gestione delle attività estorsive per conto della cosca di riferimento), partecipazione alla spartizione di tali proventi illeciti – in parte destinati al mantenimento degli associati in stato di detenzione -, mantenimento dei rapporti con il locale di ‘ndrangheta di Mileto (anche nel settore del narcotraffico). Francesco Fiarè è anche accusato di concorso in estorsione aggravata da metodo mafioso ai danni di Filippo Gasparro e, quindi, di aver mantenuto i contatti con esponenti vicini al boss Luigi Mancuso di Limbadi. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato in quanto “dalle intercettazioni il ricorrente, univocamente individuato attraverso la sua indicazione come “dottore” o “dentista”, “figlio di Filippo” (Filippo Fiarè), è indicato nei colloqui quale partecipe alla trattativa per la definizione del pizzo preteso dai membri dell’associazione mafiosa, segnatamente da parte di Michele Galati, esponente di spicco della ‘ndrina di Paravati, nei confronti di Filippo Gasparro, concordandone la cifra ed essendo indicato come destinatario di quota parte del complessivo importo”. Le captazioni, inoltre, ad avviso della Cassazione assumono “il chiaro contenuto del riconoscimento e dell’osservanza di gerarchie criminose esistenti su un determinato territorio, in base a logiche associative, in quanto l’estorsione ai danni del Gasparro si era consumata anche per non avere lo stesso, contiguo alla locale di San Gregorio d’Ippona – scrive la Suprema Corte – rispettato la competenza territoriale (“il permesso”) della ‘ndrina di Mileto”.
Le dichiarazioni dei collaboratori
La Cassazione sottolinea poi che assumono rilevanza le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Oksana Verman, ex compagna di Salvatore Pititto di Mileto, che si occupava delle pulizie nello studio dentistico di Francesco Fiarè a Vibo Valentia, ha infatti reso dichiarazioni riguardanti il coinvolgimento di Francesco Fiarè nel finanziamento di Salvatore Pititto in relazione all’acquisto di stupefacente. Dichiarazioni ritenute dalla Cassazione “convergenti con quelle di Raffaele Moscato che individua il ricorrente (“il dottore”) rivelando che i Fiarè investivano grandi somme di denaro nel traffico di droga. C’è poi il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia Bartolomeo Arena che ha indicato lo stesso Francesco Fiarè quale operativo nel locale di ‘ndrangheta di San Gregorio d’Ippona, stringendo alleanze con le famiglie di ‘ndrangheta di Mileto. Infine, le dichiarazioni di Andrea Mantella che nel ricostruire l’attività della struttura di ‘ndrangheta guidata da Rosario Fiarè ha riferito del coinvolgimento di Francesco Fiarè in una vicenda estorsiva di chiara natura ‘ndranghetistica”. Nei confronti di Francesco Fiarè pende richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Dda di Catanzaro (unitamente ad altri 284 indagati) nell’ambito dell’operazione antimafia “Maestrale-Carthago” unita alle inchieste Olimpo ed Imperium.
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