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Corruzione elettorale: ecco per cosa è stato condannato l’ex presidente della Provincia di Vibo

L’attuale sindaco di Stefanaconi Salvatore Solano incassa nel processo Petrol Mafie l’assoluzione per due capi d’imputazione ma per uno il Tribunale lo ritiene colpevole in concorso con il cugino Giuseppe D’Amico

Corruzione elettorale: ecco per cosa è stato condannato l’ex presidente della Provincia di Vibo
Nel riquadro a destra Salvatore Solano ed il cugino Giuseppe D'Amico
Salvatore Solano

Ha incassato l’assoluzione per due capi d’imputazione, ma la condanna per un terzo l’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia Salvatore Solano, attualmente sindaco di Stefanaconi. Ma di cosa era accusato e quale capo d’imputazione – formulato dalla Dda di Catanzaro – ha retto al vaglio del Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Gianfranco Grillone? Salvatore Solano incassa – unitamente ai dipendenti della Provincia, Angelo Isaia Capria e Antonio Francolino, oltre al dirigente Gaetano Del Vecchio – l’assoluzione per il reato di turbativa d’asta, con l’aggravante mafiosa, in relazione all’affidamento alla D.r. service srl di Giuseppe D’Amico di Piscopio (cugino di Solano) dei lavori urgenti a trattativa privata per la riparazione appezzatura di alcune strade provinciali.  Altra assoluzione “perché il fatto non sussiste”, l’ex presidente della Provincia Salvatore Solano ottiene per l’ipotesi di reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. In questo caso il Tribunale ha assolto l’imputato dall’accusa di aver asservito la propria funzione di presidente della Provincia agli interessi del cugino Giuseppe D’Amico di Piscopio, quest’ultimo condannato a 30 anni di reclusione per associazione mafiosa e altri reati. Pur emergendo dall’inchiesta frequenti contatti telefonici tra Solano e il cugino D’Amico con il quale si sarebbe incontrato “in svariate occasioni”, per il Tribunale non è integrato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.

La corruzione elettorale

Discorso diverso per il capo d’imputazione relativo alla corruzione elettorale. Esclusa dal Tribunale l’aggravante mafiosa, per tale ipotesi di reato Salvatore Solano è stato ritenuto colpevole e condannato ad un anno (pena sospesa) ed euro 50,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Per il Tribunale collegiale di Vibo è dunque provato che Salvatore Solano e il cugino Giuseppe D’Amico – in occasione delle elezioni provinciali dell’ottobre 2018 (quando si candidò sostenuto da Forza Italia) – il primo in qualità di concorrente morale, il secondo quale esecutore materiale, abbiano procacciato voti presso gli elettori dei Comuni di Vibo Valentia, San Nicola da Crissa, Capistrano, Francica e altri paesi usando mezzi illeciti. Il capo d’imputazione, per il quale Salvatore Solano e il cugino Giuseppe D’Amico sono stati ritenuti responsabili, parla infatti di “mezzi illeciti atti a diminuire la libertà degli elettori esercitando pressioni per costringerli a votare in favore di Salvatore Solano”, candidato alla presidenza della Provincia di Vibo. In particolare, Giuseppe D’Amico per ottenere il voto in favore del cugino Salvatore Solano avrebbe telefonato e minacciato il consigliere comunale di Francica, Antonio Mondella, poi l’allora consigliere comunale di Vibo Franco Tedesco, pretendendo infine dagli elettori Pasquale Fera – all’epoca consigliere comunale di San Nicola da Crissa – e Marco Martino, all’epoca sindaco di Capistrano, l’invio di una prova fotografica a testimonianza dell’espressione del voto in favore di Solano, profferendo tra l’altro nei confronti di Fera espressioni del seguente tenore: “Se non gli mandi la foto a mio cugino sappi ti dico…”. Tali condotte risalgono all’ottobre 2018 e costano la condanna sia per Solano che per D’Amico. Da sottolineare che Antonio Mondella, Pasquale Fera e Marco Martino non figuravano indagati, mentre Franco Tedesco – estraneo a tale capo d’imputazione – è stato condannato a 10 anni e un mese di reclusione per altri reati. Marco Martino, invece, dal 16 ottobre scorso non è più sindaco avendo il Consiglio dei ministri sciolto gli organi elettivi del Comune di Capistrano per infiltrazioni mafiose. Al Comune di Stefanaconi, invece, dal 19 settembre scorso è stato disposto da parte della Prefettura di Vibo l’accesso agli atti al fine di accertare la presenza di infiltrazioni mafiose.

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