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Nell’hotspot di Porto Salvo migranti con le infradito, la Croce rossa: «Fanno sparire giacche e scarpe» – Video

La versione dei fatti di Caterina Muggeri: «Abbiamo fornito sia le scarpe che le giacche, ma molti li hanno impacchettati e spediti ai loro familiari»

Nell’hotspot di Porto Salvo migranti con le infradito, la Croce rossa: «Fanno sparire giacche e scarpe» – Video
Migranti dell'hotspot di Porto Salvo a Vibo Marina

«Viviamo qui senza coperte, senza scarpe, senza vestiti, ma questo non interessa a nessuno». Parole pronunciate da uno degli ospiti dell’hotspot di Porto Salvo, a Vibo Marina. Il centro allestito dal Ministero dell’Interno e gestito dalla Croce Rossa Italiana, ospita attualmente 170 migranti sbarcati al porto, che attendono di essere smistati nelle diverse località in base al piano di riparto. Sono tutti uomini. Giovani per lo più. Vogliono andare via da qui. «È un mese che attendiamo il trasferimento». I cancelli del centro di giorno restano aperti. Si esce e si entra a qualsiasi ora. E alcuni di loro spesso si avventurano in fila indiana lungo le strade invase dalle erbacce, con il rischio concreto di essere investiti dietro una curva cieca. Il ragazzo che denuncia le condizioni in cui vive, ci mostra i suoi piedi nudi con le infradito. Alcuni non indossano giacche nonostante le temperature gelide di questi giorni, con la minima che ieri notte ha toccato i 5 gradi. «Abbiamo freddo», ci dicono nella loro lingua che traduciamo con il telefonino. Sul posto anche Ilenia Iannello, giovane attivista del comitato a difesa di Porto Salvo. Non è difficile raggiungere il capannone dove pernottano. Le brandine sono disposte in fila. Al posto delle coperte ci sono i teli isotermici di emergenza, quelli argento e oro che abbiamo imparato a riconosce dalle immagini televisive e dalle foto degli sbarchi, che vengono usati per scongiurare l’ipotermia. I servizi igienici e le docce sono all’esterno. Una porta dei bagni è stata divelta dal vento. All’interno dell’hotspot c’è la postazione della Croce rossa sempre presidiata dai volontari. È lì che incontriamo la presidente provinciale Caterina Muggeri, che ci invita ad uscire e, una volta all’esterno, ci fornisce la sua versione dei fatti che stride con quella dei migranti e offre un contraltare importante che merita di essere indagato. «Questo è un centro d’eccellenza», dice convinta. Sul perché i migranti non siano adeguatamente coperti ha una spiegazione: «Abbiamo fornito sia le scarpe che le giacche, ma molti li hanno impacchettati e spediti ai loro familiari. Poi ci mostra un magazzino pieno zeppo di indumenti. «Sono i kit che forniamo a tutti». Sull’assenza di coperte spiega: «Utilizziamo quelle isotermiche perché sono igieniche e impediscono la trasmissione di malattie. Tanti di loro – dice – hanno la scabbia». Molti lamentano l’assenza di assistenza sanitaria. «Anche questo è un falso – replica Muggeri -. Ogni giorno un medico volontario raggiunge il campo, e persino i medicinali che vengono prescritti li acquistiamo a spese nostre». Eppure serpeggia il malumore. «Mi amareggia questa situazione – dice la presidente della Croce rossa -. Non gli facciamo mancare niente. Pensi che la mattina prepariamo panini con nutella e il pomeriggio il caffè per farli sentire in famiglia. I volontari fanno il possibile per rendere confortevole questa permanenza». Cibo “good”, appunto. «Non trovi un migrante che si dica soddisfatto davanti a una telecamera – spiega -. Eppure quando siamo soli ci ringraziano.  A mio avviso si lamentano per attirare l’attenzione». Non ha dubbi Caterina Muggeri: «È il loro modo per dire siamo qui, aiutateci».

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