Rinascita Scott: regge l’accusa, risarcimenti per le parti civili ma anche rigetti
La Corte d’Appello di Catanzaro ha disposto la revoca di alcune misure cautelari. Ecco le condanne più significative e le assoluzioni
Ha retto l’impianto accusatorio del processo nato dall’operazione Rinascita Scott celebrato con rito abbreviato arrivato lunedì alla sentenza di secondo grado. Un verdetto che certifica principalmente la bontà del lavoro investigativo dell’Arma dei carabinieri con il coordinamento della Procura distrettuale di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri (da poco al vertice della Procura di Napoli), e che ha visto in prima linea – dalle indagini all’accusa in aula – tre pm di punta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo di regione: Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso. Si tratta di una sentenza importante anche per il troncone del processo principale che a giorni andrà a sentenza di primo grado per i 343 imputati che hanno scelto il rito ordinario. La Corte d’Appello di Catanzaro con la sentenza di lunedì riconosce infatti l’esistenza di diverse associazioni mafiose presenti sul territorio come: il clan Lo Bianco-Barba di Vibo Valentia, la ‘ndrina dei Camillò-Pardea-Macrì (sempre di Vibo Valentia); il nuovo gruppo mafioso sorto in città attorno alle figure di Mommo Macrì, Francesco Antonio Pardea e Bartolomeo Arena (quest’ultimo dall’ottobre 2019 passato tra le fila dei collaboratori di giustizia); il clan Cracolici di Maierato; il clan di San Gregorio d’Ippona che ruota attorno alle “famiglie” Gasparro, Fiarè e Giofrè, la cosca dei Mancuso di Limbadi e Nicotera affidata a Pasquale Gallone., ritenuto il “braccio destro” del boss Luigi Mancuso.
Il risarcimento alle parti civili
Tutti gli imputati per i quali ha retto il reato di associazione mafiosa sono stati condannati anche al pagamento delle spese processuali in favore delle seguenti parti civili: Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell’Interno, commissario straordinario antiracket, Regione Calabria, Provincia di Vibo, Comune di Vibo, Comune di Ionadi, Comune di Maierato, Comune di Nicotera, Comune di Ricadi, Comuni di Pizzo, San Gregorio d’Ippona, Sant’Onofrio, Stefanaconi, Tropea, San Costantino Calabro e Mileto. Nei confronti di tali enti sono state liquidate cinquemila euro ciascuno di spese procesuali, oltre accessori come per legge. Ai Comuni di Filandari, Filogaso e Zungri sono invece stati liquidati 3.870,00 euro ciascuno per le spese processuali.
Revoca delle misure cautelari
La Corte d’Appello con la sentenza letta ieri in aula a Catanzaro ha anche revocato la misura cautelare nei confronti di Michele Camillò (collaboratore di giustizia, condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni) e Pasquale D’Andrea (condannato a 4 anni e 4 mesi), entrambi di Vibo Valentia, disponendo l’immediata liberazione se non detenuti per altra causa; per affievolimento delle esigenze cautelari sono state revocate pure le misure in atto nei confronti di Lucio Belvedere, 42 anni, di Vibo (condannato a 3 anni e 4 mesi), Gianluigi Cavallaro, 37 anni, di Nicotera (condannato a 3 anni e 6 mesi in appello contro i 5 del primo grado), Michele Galati, 43 anni, di Mileto (condannato a 4 anni ma che resta detenuto per l’operazione Maestrale-Carthago).
Le assoluzioni
Fra le assoluzioni spicca quella dell’imprenditore ed avvocato vibonese Vincenzo Renda, 52 anni, di Vibo Valentia, già assolto in primo grado e nei cui confronti la Dda aveva appellato la sentenza chiedendo in appello la condanna a 10 anni e 10 mesi di reclusione. Anche per la Corte d’Appello, però (in attesa di leggere le motivazioni della sentenza), l’imprenditore è da ritenersi evidentemente vittima e non complice dei clan. Lo stesso si trova tuttavia sotto processo anche per l’operazione Imponimento dove la Dda di Catanzaro ha chiesto di recente la conferma della sentenza di primo grado, vale a dire la condanna a 4 anni e 10 mesi. Assolta nel troncone dell’abbreviato di Rinascita Scott anche Carmela Cariello, 69 anni, di Vibo Valentia, che in primo grado era stata condannata a 4 anni e 4 mesi. La Cariello, impiegata della sezione Lavoro e Previdenza del Tribunale di Vibo, era stata condannata in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Il marito Vincenzo Puntoriero si trova invece sotto processo in Rinascita Scott con il rito ordinario e nei suoi confronti la Dda di Catanzaro ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione ritenendolo un esponente del clan Lo Bianco di Vibo.
Le condanne
Tra le condanne più significative della sentenza emessa lunedì in appello vanno registrati i 19 anni e 10 mesi di Mommo Macrì, i 20 anni di Luciano Macrì e di Francesco Antonio Pardea, i 15 anni e 4 mesi di Domenico Camillò, i 13 anni e 6 mesi di Carmelo D’Andrea (detto Coscia d’Agneju), i 12 anni e 8 mesi di Giovanni D’Andrea (figlio di Carmelo), i 12 anni dell’ex testimone di giustizia Giuseppe Scriva, i 14 anni di Sergio Gentile (alias Toba), i 14 anni e 8 mesi di Michele Pugliese Carchedi, i 14 anni di Filippo Di Miceli, i 13 anni di Carmelo Chiarella, i 12 anni di Raffaele Barba (detto “Pino Presa”), Salvatore Tulosai e Leoluca Lo Bianco, tutti di Vibo Valentia, i 16 anni di Domenico Pardea di Pizzo, i 20 anni di Gregorio Niglia di Briatico, i 16 anni di Gregorio Gasparro e i 13 anni e 4 mesi di Gregorio Giofrè di San Gregorio d’Ippona.
Tribeca e Asp di Vibo richieste rigettate
La Corte d’Appello di Catanzaro ha infine rigettato le richieste delle parti civile costituite in appello, vale a dire: Filippo La Scala, in proprio e in qualità di erede di La Scala Pasquale e in qualità di amministratore e legale rappresentante della società Tribeca srl; la Am Trust Europe Limited, l’Asp di Vibo, la Aon spa broker. Per capire tali rigetti bisognerà attendere le motivazioni della sentenza. Filippo La Scala, titolare del pub Tribeca ubicato a Vibo Valentia in via Roma, secondo l’accusa sarebbe stato costretto da esponenti della ‘ndrina dei Pardea (Domenico Camillò, Salvatore Morelli, Bartolomeo Arena, Luigi Federici e Giuseppe Suriano) a praticare un trattamento di favore sulle consumazioni a titolo estorsivo.
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