Benedetto Musolino, il patriota di Pizzo che teorizzò la nascita dello Stato di Israele
Il politico calabrese, 170 anni fa scrisse “La Gerusalemme e il popolo ebraico”, opera pubblicata dopo un secolo a cura dell’Unione delle comunità israelitiche italiane
Una mattina di fine maggio del 1839 un canto insolito richiamava l’attenzione dei secondini e dei reclusi del carcere napoletano di Santa Maria Apparente. Proveniva da una delle celle di quello squallido luogo di pena. La voce era quella dello scrittore Luigi Settembrini, da tre giorni sotto chiave in una delle più oscure e fetide celle di quell’orrido carcere borbonico; l’uomo del quale egli chiedeva notizie, l’amico suo dilettissimo, compagno di studi e di fede, era Benedetto Musolino, “un giovane calabrese di Pizzo, di molto ingegno ma pieno di strani disegni arditi”, come scriverà lo stesso Settembrini nella “Ricordanze”. Erano caduti entrambi nella rete della polizia borbonica pochi giorni prima, Settembrini a Catanzaro, dove insegnava, Musolino a Napoli. Nato a Pizzo nel 1809, sei anni prima che vi fosse fucilato Murat, Benedetto aveva ereditato dai suoi antenati l’odio per la tirannia e l’amore per la libertà. Un suo zio, anche lui di nome Benedetto, avendo acclamato la Repubblica Partenopea, era stato crivellato di pugnalate dalla plebaglia assoldata dalle bande sanfediste del cardinale Ruffo. Per repressione fu saccheggiato e incendiato il palazzo che si affaccia sulla piazza della città napitina. Passato per le armi il vecchio padre, fucilato il fratello Saverio; la madre, un altro fratello e la cognata moriranno mesi dopo di crepacuore; tutte le proprietà urbane e rurali furono messe a ruba e devastate.
Il nome di Benedetto Musolino, come patriota, è legato alle sue gesta durante il Risorgimento e, come politico, alla sua elezione prima a deputato e poi a senatore nel primo Parlamento italiano. Fra le tante opere da lui scritte ve n’è una con la quale, nel 185, mezzo secolo prima che il padre fondatore del sionismo, Theodor Herzl, desse alle stampe “Lo stato ebraico”, avanza la necessità del ritorno del popolo ebraico nella sua terra. Il libro portava il titolo di “Gerusalemme ed il popolo ebreo”, ma venne pubblicato solo nel 1951, esattamente dopo un secolo, per iniziativa dell’Unione delle comunità israelitiche italiane che vollero rendere omaggio al geniale intellettuale calabrese. Nel 1852, durante il suo esilio a Londra, aveva anche tentato, senza successo, di proporre al governo inglese di lord Palmerston l’esodo degli ebrei verso la Palestina affinché fondassero un loro stato. Chi oggi rilegga quest’opera, la troverà minuziosa, acuta, piena di idealismo ma anche di considerazioni pratiche rimanendo stupito per l’acutezza dell’indagine e per la profetica visione della nascita dello Stato d’Israele. Musolino riprende l’antica questione della diaspora ebraica: “Nonostante i grandi meriti che il popolo ebreo ha conquistato nel corso della sua storia millenaria. Hanno visto distruggere diciassette volte- ricorda il patriota calabrese- la loro città santa, Gerusalemme, ma hanno conservato gelosamente la loro identità in tutti i paesi in cui sono stati accolti, non sempre benevolmente, e sempre hanno coltivato il sogno del ritorno nella terra dei padri, la Palestina”. E Musolino rileva: “gli Ebrei non debbono invidiare ad alcuna altra razza alte intelligenze ed esimie virtù, senza per questo dover citare i nomi di tutti quegli illustri che nelle passate età brillarono nelle lettere e nelle scienze”. Musolino concepì la prima idea del libro quando era ancora in Calabria, fra il 1841 e il 1846“Ciò che desta meraviglia e ammirazione- si legge nel n.23 della rassegna mensile Israel del 24-2-1952- è che l’idea del ritorno di Israele nella sua patria antica fosse sostenuta da un italiano della Calabria prima ancora di Perez, di Smolensky e di Herzl”.
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