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Il pentito Accorinti, le agenzie di viaggi a Tropea e le tangenti di 5 euro su ogni biglietto

I rapporti tra i Mancuso e i La Rosa nel racconto del collaboratore di giustizia di Briatico che svela anche gli interessi del boss Diego Mancuso

Il pentito Accorinti, le agenzie di viaggi a Tropea e le tangenti di 5 euro su ogni biglietto
Nel riquadro a sinistra Antonio Accorinti, a destra i fratelli Tonino e Francesco La Rosa e in basso i cugini Pantaleone e Diego Mancuso
Diego Mancuso

Svelano anche il recente ruolo del boss Diego Mancuso di Limbadi (negli ultimi anni trasferitosi di residenza a Santa Maria di Ricadi e da gennaio detenuto per l’operazione Olimpo)ed i contrasti con i La Rosa per il controllo mafioso di Tropea, le recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Accorinti di Briatico depositate dalla Dda di Catanzaro. “Diego Mancuso – ha raccontato il collaboratore – controllava l’agenzia di viaggi Cst Tropea di proprietà di Giuseppe Zaccaro. Questi sicuramente, siccome dava conto a Diego Mancuso non dava alcuna percentuale ai La Rosa. Anche il fratello di Zaccaro, Francesco, genero di Antonio La Rosa, successivamente aprì un’agenzia di viaggi che si chiamava Sta. Ricordo che fui io – rammenta Antonio Accorinti – a fornirgli una “liberatoria” per poter aprire perché venne proprio Domenico La Rosa con la nipote a chiedermi il favore di agevolarlo. Nemmeno il fratello di Zaccaro elargiva i cinque euro ai La Rosa”. Domenico La Rosa, padre del boss Antonio (Tonino) La Rosa, è attualmente indagato a piede libero nell’operazione Olimpo dopo l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare. “Antonio La Rosa in persona mi spiegò come venivano ripartite le entrate derivanti dal settore della navigazione turistica e mi rivelò che lui percepiva cinque euro di percentuale su ogni biglietto venduto. Questo sistema si inseriva negli accordi interni al gruppo di cui faceva parte mio padre e che faceva capo a Pantaleone Mancuso (Scarpuni), per cui il fatto di pagare o meno questa percentuale era ovviamente legato agli equilibri mafiosi in quella zona. Ho avuto conferma di questo sistema anche da Francesco La Rosa, in una delle occasioni in cui ci confrontammo direttamente – ha svelato Antonio Accorinti – in relazione a degli screzi relativi a clienti contesi tra noi e Comerci che lui proteggeva. In quell’occasione lui prima si rivolse a me con tono perentorio ed arrogante, quindi, chiamatomi in disparte, capendo che io non ero “morbido”, disse che lui doveva far vedere al Comerci che interveniva in sua difesa, dal momento che questi gli corrispondeva cinque euro a biglietto venduto. Successivamente, Pantaleone Mancuso mi chiese la cortesia di trasportare del caffè che lui commercializzava insieme a Nunzio Callà presso un bar controllato da Francesco La Rosa. Io, dal momento che si trattava di Francesco La Rosa, mi rifiutai, dovendo però a quel punto spiegare la situazione precedente a Mancuso. Ricordo che Pantaleone Mancuso, Scarpuni, si arrabbiò quando gli raccontai di come Francesco La Rosa gestiva la navigazione turistica e i nostri rapporti. In quell’occasione mi fece comprendere che fosse a conoscenza delle tangenti di cinque euro che si prendevano i La Rosa, infatti mi disse espressamente: “Per 5 euro vi arrabbiate?”, criticando il comportamento del La Rosa, che per questioni economiche di poco conto metteva in discussione il rispetto e l’amicizia che c’era all’interno di quel gruppo”.

I rapporti tra i Mancuso e i La Rosa

Antonio e Francesco La Rosa

Secondo Antonio Accorinti, il “sistema di gestione criminale della navigazione turistica è rimasto il medesimo nel corso del tempo”. Racconta infatti alla Dda di Catanzaro l’incontro con Luigi Barillari di Briatico e dei problemi avuti con una barca dalla quale erano scomparsi dei soldi. “Luigi mi chiese se io all’epoca davo la percentuale dei cinque euro a Francesco La Rosa. Io – ha fatto mettere a verbale Antonio Accorinti – gli risposi di no e lui mi ribadì che i La Rosa continuavano a pretendere i cinque euro da loro, riferendosi all’attività dell’imbarcazione gestita da ultimo da Armando Bonavita”, quest’ultimo figlio di Pino Bonavita, ritenuto al vertice dell’omonimo clan di Briatico. Antonio Accorinti si è quindi soffermato sulla figura del boss Diego Mancuso. “Conoscevo criminalmente Diego Mancuso e lo collocavo in una frangia dell’omonima famiglia, diversa da quella di Pantaleone Mancuso “Scarpuni”. So che Diego Mancuso, per conto della cosca ed al pari del fratello Francesco Mancuso, detto Tabacco, voleva in quel periodo acquisire il controllo delle attività su Tropea, subito dopo le nostre vicissitudini giudiziarie; so anche che dopo l’arresto di Pantaleone Mancuso, Scarpuni, ci furono delle liti tra Domenico Mancuso – figlio di Giuseppe Mancuso, “Mbrogghia” -, nipote di Diego, e Tonino La Rosa per la gestione di alcune attività commerciali, ma da quando sono uscito dal carcere nel 2018 non ho avuto più occasioni di imbattermi in Diego Mancuso”.

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