La leggenda dei 7 martiri di Monteleone e la storia del Castello rivivono con le passeggiate culturali
Il progetto della docente e scrittrice Preta ha coinvolto in questa ultima iniziativa circa cinquanta persone. Tappa al Museo “Capialbi”: «Vibo città ricchissima di testimonianze archeologiche»
«Vibo Valentia è fragile e, come tutte le cose belle e antiche, va “maneggiata” con cura e amore. Io ci metto passione e dedizione e la gente lo capisce. Non ho mai avuto altro fine se non quello di divulgare e coinvolgere per costruire un pensiero critico lungo i sentieri della nostra civiltà, riflettendo dal passato al presente». Buoni numeri e interesse crescente per le passeggiate culturali promosse dalla docente e scrittrice Maria Concetta Preta. Nel fine settimana, circa cinquanta persone hanno aderito al progetto che punta a riscoprire le leggende e la storia della città, partendo dai luoghi e dai monumenti simbolo. Tra le tappe del percorso, il castello di Vibo che ospita il Museo archeologico nazionale “Capialbi”. I libri della Preta sono la base da cui si attinge nelle passeggiate. C’è stato spazio per raccontare la leggenda di Diana Recco e i sette martiri di Monteleone. Il loro eccidio, voluto dai duchi Pignatelli per sedare una rivolta, sarebbe culminato nella vendetta, dieci anni dopo, da parte della discendente di uno dei sette martiri, Diana, che osò sfidare i potenti: «In questa ultima giornata dell’iniziativa “I luoghi vanno narrati” siamo partiti dal Castello per poi continuare l’itinerario nel centro storico e zona Cerasarella», spiega la Preta.
Il Castello di Vibo, tra terremoti e restauri
Il patrimonio storico locale, come evidenziato durante l’appuntamenti culturale, è stato duramente colpito e danneggiato dai gravi sismi che hanno interessato la Calabria: «In particolare – evidenzia la docente e scrittrice – gli ultimi piani dell’impianto crollarono a causa dei terremoti. Prima quello del 1638 e il più rovinoso, del secolo successivo. Il sisma del 1783 fu un vero e proprio cataclisma. Molti paesi vennero abbandonati, le comunità di sopravvissuti lasciavano l’entroterra per ricostruire sulla costa, verso il basso. A Monteleone no, i cittadini non lasciarono la loro casa. Questa è una unicità che appartiene a Vibo. Infatti, fin dalle prime popolazioni, osco-bruzi, elleni, romani, poi occupanti barbari, arabi, normanni, svevi, angioini e aragonesi sono stati sempre qua. È facile trovare tesori durante anche lavori pubblici e privati».
Vibo, città ricca di reperti
La ricchezza di testimonianze archeologiche ha dato in passato vita a fiorenti attività criminali per il commercio illegale di beni: «Qui agirono con insistenza i tombaroli, sapevano a fiuto dove andare. A volte erano più scaltri degli archeologi. Erano dei segugi, sapevano cosa riesumare e rubare». Nel 1969 venne istituito a palazzo Gagliardi il primo museo della città: «Inizialmente furono soprattutto i privati a concedere intere collezioni. Come per esempio, il conte Capialbi, la collezione Albanese, quella Cordopatri». Di reperti sono colme le teche del Museo e anche il magazzino: «Il nostro terreno è ricchissimo, non sappiamo quanto siamo ricchi. Parte del materiale è ancora in fase di catalogazione ma grazie alle esposizioni, il visitatore riesce a percepire le varie fasi storiche della città». Un altro passaggio ha riguardato la struttura del Castello che iniziò la sua vita nell’XII secolo: «Nell’anno mille era presente una torretta, poi con il tempo venne ampliato per scopi militari e anche uso abitativo. Ovviamente – chiosa la Preta- non parliamo di castelli sfarzosi, era più un agglomerato militare, un avamposto di difesa».
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La storia di Vibo, le leggende e i suoi monumenti al centro delle passeggiate culturali
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