Castello di Bivona, lo storico Montesanti: «Modificate quel progetto. Fermate quella gara»
Articolato intervento dello studioso che segnala le gravi incongruenze dei previsti interventi di rigenerazione e recupero dell’area
“Sono finalmente riuscito a consultare il progetto realizzato con fondi del Pnrr – Rigenerazione Urbana, Missione 5, componente 2, “Bivona – Zona 30 Borgo Futuro – Intervento di Rigenerazione e recupero con allestimento del parco del castello di Bivona e del giardino Tomarchiello”. La scadenza del bando per acquisire manifestazioni di interesse per procedere all’affidamento dei lavori, per un importo pari ad euro 950.124,93 oltre Iva, era purtroppo lunedì 4 settembre. E’ necessario segnalare le gravi incongruenze del progetto che non pongono alcuna soluzione alle criticità emerse dall’esecuzione dei precedenti interventi e che hanno reso non facilmente fruibile l’area del Parco Archeologico del Castello di Bivona, a tre anni dalla loro esecuzione”. Dopo questa premessa, lo storico Antonio Montesanti, che da sempre segue con attenzione le vicende connesse alla salvaguardia dei beni storici e archeologici del territorio vibonese, effettua un’articolata disamina dei vari punti contenuti nel progetto, che definisce un esempio di archeologia della rimozione identitaria.
“In primis il progetto non risolve il problema dell’accesso e della strada complessiva per raggiungere l’area del castello. L’accesso rimane sempre e comunque subordinato ad attraversamento della strada di un privato, condizionandone la fruizione anche se il privato garantisse la servitù d’accesso. Nel disegno dell’accesso il cancello del privato appare collocato dietro l’accesso al parco archeologico, rispetto all’attuale posizione, soluzione che risulta comunque condizionata dall’unico inadeguato accesso stradale. Tra l’altro la strada si allarga a tre metri per il passaggio di veicoli, sempre all’interno dell’area privata. La soluzione ideale è rinunciare a riprendere pedissequamente il lungo tratto di strada (circa 40 metri) che attraversa la proprietà privata inutilmente, magari cedendola nuovamente al proprietario in cambio di una maggiore area di fruizione attorno al castello stesso. Quaranta metri di strada in meno per creare un nuovo accesso alla proprietà comunale unico ed esclusivo. Quaranta metri di strada in meno vuol dire ottanta metri di recinzione in meno, massetto in meno, illuminazione in meno, telecamere in meno e l’opportunità di creare un ben più ampio spiazzo d’accesso nei pressi del marciapiede della strada statale, poco più a sud dell’attuale, in grado di rendere più visibile ed attrattiva la stessa area archeologica”. E ancora, Montesanti: “Quaranta metri in meno significa dunque un notevole risparmio di spesa da investire in modo più efficace nell’area che circonda il castello di Bivona che per come è oggi, opprime la sua valorizzazione e fruizione, non consentendo di comprendere le fasi storiche dell’area e del maniero trecentesco in tutta la sua complessità. Tra l’altro attualmente il limite di fruizione del castello, di camminarvi a un metro di spazio tra la recinzione e la struttura muraria di cinta lungo due dei quattro lati del castello, rende la visita esterna estremamente pericolosa”.
“Per tale ragione – rimarca Montesanti – è invece importante acquisire (o permutare con il lungo tratto di strada da dismettere) una maggiore area intorno al castello, sia per aver una maggiore e più giusta area verde di fruizione pubblica per i visitatori, utile a comprendere la monumentalità del maniero, attualmente compromessa dagli spazi ristretti, sia per consentire la “lettura” dell’area adibita a Fossato di Difesa del castello, comprensiva di mura in alzato e dai resti del ponte levatoio, attualmente completamente sacrificato ad un piccolo spiazzo d’accesso al castello. Ancor di più sarebbe utile rimuovere in toto il riempimento di terra e sabbia che ha consentito in passato di creare un accesso alle mura senza il ponte levatoio, ripristinando così l’integrità strutturale dell’area incastellata e delle sue difese. Sarebbe utile mettere in luce la struttura muraria che collegava il ponte levatoio al piazzale del porto medievale posto nei pressi, così da rendere visibile pare di tale opera di banchinaggio ed il suo legame con la struttura militare costruita a sua difesa. Ma, al di là della mancata valorizzazione del castello e della sua area verde – osserva lo studioso – il progetto appare del tutto privo di prevedere strutture di accoglienza adatte alla vivibilità di un’area posta in periferia dei centri abitati costieri e collinare, rimanendo così priva di locali da adibire a magazzino per il necessario occorrente alla manutenzione quotidiana, da adibire alla accoglienza ed ai servizi minimi di igiene, da adibire addirittura a biglietteria o aria di sosta, che non siano moduli a pergola o simil container, che se resistessero ad una stagione estiva, rischierebbero di essere asportati impunemente così come è già successo con i precedenti box lamellari di biglietteria e servizi igienici. Discutibile – ad avviso di Antonio Montesanti – è ancora la scelta di rinnovare il parco delle telecamere già in dotazione (riacquistate in questo modo per la terza volta) senza progettare un service di regia e registrazione, in loco o in sede distaccata, così da rendere sin da subito efficace la dotazione di telecamere necessarie. Insomma, il progetto sul castello di Bivona – afferma in conclusione – è da correggere immediatamente, per tutte le ragioni espresse, altrimenti anche queste somme sono da considerarsi sprecate inutilmente, essendo prive di una soluzione organica ai problemi di una fruizione dell’area, così complessa storicamente, ed isolata essendo posta a diversi chilometri di distanza dai centri abitati costieri”.
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