LA REPLICA | Bruni: «Alle pantofole ho sempre preferito le scarpe da calcio»
L’ex presidente della Provincia non ci sta a passare per pensionato: «Batto rigori e faccio ancora gol», riferisce al Vibonese. E sulla manovre in Consiglio spiega: «Non è politica, Luciano pensa solo a rafforzare la sua posizione. Costa farebbe bene a tenerlo presente»
Cancellate l’immagine di Gaetano Bruni in poltrona davanti ad un camino. Pantofole ai piedi, giornale in mano. Non immaginatelo neppure seduto su una panchina di un parco a dar da mangiare ai piccioni o alle anatre di uno stagno. L’ex presidente della Provincia è (politicamente parlando) ancora “vivo e lotta insieme a noi”.
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«Alle pantofole – riferisce in una cordiale chiacchierata al telefono – preferisco ancora gli scarpini di calcio con i quali batto rigori e molto spesso faccio gol. Ognuno faccia le riflessioni che vuole, ma bisogna distinguere l’attività politica in politica attiva, come può esserlo una candidatura, e quella politica che si fa nelle retrovie, senza occupare la scena. Io, ad esempio, faccio ancora battaglie per il territorio, la città, la gente. Sono collaboratore al Consiglio europeo con Cesa. Insomma a ritirarmi a vita privata non ci penso proprio».
Qualcuno che vorrebbe mandarla in pensione davvero però c’è?
«C’è, eccome. Ci sono persone, e sono molte, alle quali posso dare ancora molto fastidio. E per rassicurarli posso dirgli che non mi sono ancora ritirato e per ora non intendo farlo».
Ce ne sono anche al Comune di Vibo?
«Guardi al Comune io non c’entro niente. Ho solo dato una mano a mettere in piedi una lista senza il simbolo del partito. E l’ho fatto al di là della mia appartenenza, il partito né è rimasto fuori. Chi non capisce questo o è in malafede o è un nemico che cerca in tutti i modi di estromettermi».
Quindi nelle manovre in Consiglio, secondo lei, la politica non c’entra nulla?
«La politica è un’altra cosa, semmai qui siamo di fronte a manovre di accrescimento personale che poco hanno a che vedere con i partiti. Lo stesso presidente Luciano non si riconosce in nessun partito e ciò che fa in Consiglio lo fa esclusivamente per rafforzare i suoi interessi personali. Questa non è politica. Per carità io con lui ho un ottimo rapporto, ma queste sono cose che vanno dette, del resto dove sono i partiti?».
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Tuttavia, quel progetto che lei ha contribuito a mettere in piedi ora non c’è più…
«Sono sereno e tranquillo. Certo sono anche amareggiato per come sono andate le cose. Per non essere stato coinvolto da questi amici con i quali avevamo avviato un percorso e che oggi hanno fatto scelte diverse. Si è trattato di una scorrettezza, anche perché nessuna motivazione per la sfiducia all’assessore è stata ancora fornita».
Dunque Console è spacciato?
«Se l’obiettivo del passaggio di Lo Bianco e Mercadante in un altro gruppo è quello di estromettere Console, il sindaco sbaglierebbe ad avallare questa manovra, rinunciando alle sue prerogative. Se si presta, al contrario, perde la sua autorevolezza ed autonomia, mettendosi sotto scacco completamente, creando un precedente dannoso. Quando Mercadante e Lo Bianco si presenteranno a chiedere la testa di Console, mi auguro che Costa faccia un’analisi sulla base dell’operato dell’assessore e non sulla base dei dissapori venutisi a creare nel gruppo. In sostanza serve un buon motivo per estromettere un assessore. Se così non fosse, davvero Costa diventerebbe prigioniero di tutti».
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Che vuol dire che “ognuno fa quel che vuole”?
«Che se ci fossero stati i partiti questo non sarebbe successo. È la logica conseguenza del fatto che si sono voluti tenere fuori dai giochi. Nell’ultima interpartitica ho fatto presente proprio questo: la presenza di gruppi partitici avrebbe avvantaggiato il sindaco prima di tutti, semplificandogli la vita perché i singoli consiglieri, liberi dalle linee guida di un partito, vanno in ordine sparso, non rispondono a nessuno e succedono cose di questo tipo. La presenza dei partiti, in sostanza, avrebbe solo tutelato il suo operato».
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