Ex Preventorio di Tropea, una “scatola dei ricordi” nel degrado con lavori fermi da oltre vent’anni
La struttura, inaugurata dalla principessa Mafalda di Savoia come centro antitubercolare, dopo svariati cambi di destinazione ed in attesa di un Hospice che non c'è, si presenta oggi fatiscente
Per molti tropeani l’ex Preventorio è un po’ una scatola dei ricordi. La struttura, inaugurata dalla principessa Mafalda di Savoia come centro antitubercolare, è stata ricavata dalla modifica dell’ex pastificio preesistente. A poca distanza dall’imponente edificio transitava la ferrovia a scartamento ridotto che collegava la Marina Vescovado con la scogliera “La Pizzuta” di Parghelia. Da allora ha subito diverse conversioni ospitando anche il servizio di salute mentale poi traslocato nell’ex monastero di Santa Chiara ed oggi divenuto principale luogo di manifestazioni culturali ed eventi a Tropea. Nel tempo è divenuto anche una scuola media e poi, quale ultima destinazione d’uso, sede dell’Agenzia delle entrate. Da circa 21 anni i lavori di riqualificazione per la costruzione di un hospice sono fermi e ai piani superiori resta tuttora, chiuso, l’archivio dell’ospedale cittadino. La mancata riqualificazione dell’ex Preventorio, con la sua lunga storia, resta in cima alla lista degli sprechi della sanità tropeana. La struttura, di alcune migliaia di metri quadri, avrebbe dovuto diventare – stando alle ultime promesse della politica di qualche anno fa – un centro residenziale per malati terminali, cure palliative ed hospice. Diciture rintracciabili su numerosi documenti e delibere, approvate dai vari direttori generali dell’Asp a partire dal 2003, rimaste ben lontane dalla cruda realtà. Oggi, di fatto, la struttura si presenta in gran parte fatiscente e al di là dei cancelli chiusi con lucchetto ospita gatti randagi, qualche sacco di immondizia e sterpaglie. Eppure gli interventi previsti, avviati in un primo tempo proprio nel 2003 e poi interrotti, sarebbero costati circa 1,5 milioni di euro e dei lavori più volte ripresi ed interrotti – per essere lasciati a metà ed eseguiti, da ultimo, dalla ditta Chiaramonte Antonino di Triparni – rimarrebbero in cassa all’Asp ancora circa 450mila euro. Di quest’ultimo mistero se n’era fatto carico il Comitato pro ospedale poco dopo la sua nascita, ma l’intento di trovare il filo di Arianna assieme all’Asp è rimasto solo un proposito. La faccenda potrebbe però non dirsi definitivamente conclusa dal momento che la struttura, sebbene fatiscente ed in molte parti oramai pericolate, non è stata mai oggetto di demolizione. Forse molto presto, come una Fenice, potrebbe rinascere dalle proprie ceneri e cambiare ancora una volta il corso della sua lunga e travagliata storia.
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