Pressioni e ricatti su Emanuele Mancuso, cinque condanne in appello
Due le assoluzioni, riqualificati alcuni reati. Oltre che della latitanza di Giuseppe Mancuso, il procedimento penale si è occupato del tentativo di far desistere il collaboratore – parte civile contro i familiari – dalla collaborazione con la giustizia
Sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Giancarlo Bianchi, per il processo di secondo grado a carico degli imputati finiti un’inchiesta della Dda che mira a far luce sulle pressioni rivolte dai familiari ad Emanuele Mancuso per farlo recedere dalla collaborazione con la giustizia. La vicenda giudiziaria si occupa anche della latitanza di Giuseppe Mancuso, fratello di Emanuele e figlio del boss Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”. Questa la sentenza: 4 anni e un mese, più interdizione dai pubblici uffici per cinque anni Giuseppe Mancuso, di 37 anni, di Nicotera (5 anni e 6 mesi in primo grado, cadute in appello le aggravanti); un anno e 4 mesi per Pantaleone Mancuso, di 62 anni, detto “l’Ingegnere” (4 anni in primo grado); un anno e 4 mesi per Giovanna Del Vecchio, di 55 anni, di Nicotera (madre di Emanuele Mancuso e moglie di Pantaleone Mancuso detto “l’Ingegnere”, 1 anno e 8 mesi in primo grado); assoluzione per Rosaria Del Vecchio, di 57 anni, di Nicotera (1 anni e 8 mesi in primo grado); assoluzione Desiree Mancuso, di 31 anni, di Nicotera (sorella di Emanuele Mancuso, assolta in primo grado, 3 anni e 6 mesi la richiesta dell’accusa); 2 anni e 2 mesi Francesco Pugliese, 22 anni, di Zungri, (6 anni in primo grado al termine del rito abbreviato); 10 mesi Nency Vera Chimirri, 30 anni, di Capistrano (già compagna di Emanuele Mancuso, condannata a 4 anni in primo grado al termine del rito abbreviato). Per quanto riguarda Pantaleone Mancuso e la moglie Giovanna Del Vecchio, la Corte d’Appello ha riqualificato la condotta: non più tentativo di induzione a non rendere dichiarazioni, ma violenza privata tentata.
Il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso figurava quale parte civile (assistito dall’avvocato Antonia Nicolini) contro i suoi stessi familiari (padre, madre e sorella). Giuseppe Mancuso è stato quindi condannato anche al risarcimento del danno alla costituita parte civile.
Ricettazione, detenzione e porto in luogo pubblico di armi, il reato contestato invece a Giuseppe Mancuso in relazione ad una pistola con matricola abrasa ed una carabina con relative munizioni rinvenute a Zaccanopoli il 27 novembre 2019. Evasione degli arresti domiciliari l’ulteriore contestazione mossa a Giuseppe Mancuso, anche questa aggravata dalle modalità e dalle finalità mafiose. Mediante violenza psichica e paventando la possibilità di non poter vedere la figlia minore, nonché mediante offerte di denaro o altre utilità, avrebbero costretto Emanuele Mancuso a interrompere la collaborazione con la giustizia avviata il 18 giugno 2018 e ad uscire dal programma di protezione il 20 maggio 2019, non presentandosi all’interrogatorio fissato per il 21 maggio 2019. Giovanna Del Vecchio, avendo appreso dal figlio Giuseppe dell’intenzione di Emanuele di collaborare con la giustizia, avrebbe quindi avvertito il marito Pantaleone Mancuso che si era reso irreperibile (venendo catturato con documenti falsi solo il 13 marzo 2019).
I difensori
Giuseppe Mancuso era difeso dagli avvocati Francesco Capria Sabatino e Francesco Sabatino; Rosaria Del Vecchio dall’avvocato Francesco Capria; Giovanna Del Vecchio dagli avvocati Francesco Sabatino e Francesco Capria; Pantaleone Mancuso dall’avvocato Francesco Capria; Desiree Mancuso era difesa dagli avvocati Francesco Capria e Pietro Antonio Corsaro; Francesco Pugliese dagli avvocati Daniela Garisto e Francesco Schimio; Nency Vera Chimirri dall’avvocato Carmelo Naso.
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