Giustizia: scontro in Calabria tra penalisti e Associazione nazionale magistrati
Gli avvocati lamentano il funzionamento del “sistema giustizia” nella nostra regione parlando di violazioni di legge e di un’eccessiva spettacolarizzazione da parte dei media dimenticando però l’articolo 21 della Costituzione…
“Botta e risposta” in Calabria tra avvocati e magistrati, con i primi a cui non piace la gestione del “sistema giustizia” nella nostra regione, né come viene raccontato dai media, e con i secondi a ribadire che tutto si sta svolgendo nel rispetto della Costituzione e delle leggi e che alcuni toni e linguaggi sono inaccettabili. Nella nota dei penalisti calabresi trova poi spazio, ancora una volta, una questione che credevamo superata – soprattutto alla luce del fatto che non interessa la sola categoria degli avvocati, vale a dire l’impossibilità da alcuni mesi di poter parcheggiare l’auto negli spazi dell’aula bunker della zona industriale di Lamezia Terme prima destinati a tale scopo. Una misura che interessa anche i giornalisti, categoria che però non si è di certo mai sognata di proclamare per questo stati di agitazione e minacciare scioperi per tali ragioni.
«Lascia attoniti il tenore del comunicato con cui il Coordinamento delle Camere Penali Calabresi ha proclamato l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria per il giorno 20 luglio p.v., risolvendosi nell’ennesimo calunnioso e volgare attacco al lavoro della magistratura, accusata, con un linguaggio evocativo di fatti storici abominevoli, di ammassare esseri umani su bastimenti. Peraltro – afferma la Giunta sezione dell’Associazione nazionale magistrati – in tale occasione le Camere penali calabresi si sono spinte oltre l’aggressione ai magistrati, scagliandosi finanche contro la libertà di stampa; manifestando, neanche troppo velatamente, la pretesa di decidere le notizie e i fatti di cui giornali e trasmissioni televisive debbano informare l’opinione pubblica. Nel ribadire che il lavoro dei magistrati in Calabria si svolge nell’osservanza della Costituzione e delle leggi, si invoca l’intervento del Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura a tutela dei magistrati del Distretto di Catanzaro, a fronte di violenti attacchi che hanno quale unico e chiaro scopo di intimidire i magistrati e delegittimarne il lavoro.
Ma cosa aveva detto il coordinamento delle Camere penali calabresi nel proprio documento? L’astensione dalle udienze su tutto il territorio regionale, le Camere penali calabresi la giustificano con il fine di «lanciare con forza un grido di allarme, nella convinzione che i principi costitutivi del nostro patto sociale e con essi gli argini della legalità costituzionale debbano essere riedificati». Ad avviso dei penalisti, i cittadini sarebbero «erosi dall’inarrestabile trend recessivo della giurisdizione nei Distretti giudiziari della Calabria». «Consapevoli della irrinunciabile necessità che lo Stato difenda se stesso e i propri cittadini dalla soffocante pervasivita` mafiosa», i penalisti hanno voluto rimarcare, tramite una nota del Coordinamento Camere Penali della Regione Calabria, come tale attività non possa che essere perseguita in uno Stato di diritto «senza alterare ne´ gli equilibri costituzionali che regolano il cruciale rapporto tra potere coercitivo e diritti fondamentali della persona, nè la separazione dei poteri. Stiamo assistendo a una mutagenesi del diritto penale, trasformato da argine alla pretesa punitiva dello Stato leviatano a strumento di “lotta sociale”» scrivono i penalisti nella nota a sostegno dello sciopero, evidenziando la presa di posizione dell’avvocatura nei riguardi del “come” e degli “effetti” concreti sulla vita dei cittadini calabresi. «Non più tollerabile» risulta per i penalisti il numero di requirenti e quello dei giudicanti – il primo troppo elevato, il secondo esiguo – nelle Sezioni giudiziarie, così «disarmante» risulta per gli stessi il sistema definito di “pesca a strascico”. «Un abuso nell’applicazione e nel mantenimento delle misure cautelari con ribaltamento ideologico e di sistema della presunzione di innocenza – scrivono i penalisti calabresi – un abuso costante, reso ancora più insopportabile dal circuito mediatico-giudiziario che si attiva nella fase, spesso spettacolare, di esecuzione delle misure coercitive, producendo danni irreversibili sul piano umano, familiare, economico e sociale per i cittadini che le subiscono, oltre che costi insopportabili per lo Stato; l’avviso di garanzia, l’arresto, la conferenza stampa paludata, le foto dei protagonisti, i talk-show sul diritto, la pubblicizzazione di conversazioni private, le lacrime delle vittime, la lettura della sentenza, segnano nel loro inesorabile succedersi quotidiano la vittoria della concretezza sull’astrazione, dell’emozione sulla ragione, della stigmatizzazione sul rispetto; questa giustizia penale che considera sospetto l’avvisato, colpevole l’imputato, spregevole il condannato, travolge i valori propri della nostra Repubblica». Quindi secondo i penalisti si registrerebbe in Calabria un «primato costante del numero degli errori giudiziari». Si passa poi alla «recente vicenda degli “appelli cautelari” e dell’illegittima corsia preferenziale riservata alle impugnazioni del requirente pensata e voluta dall’allora Presidente f.f. del Tribunale del Riesame di Catanzaro». Non vanno bene agli avvocati penalisti calabresi neanche le “udienze fiume” nei maxi-processi «senza vincoli di orario, in cui molto spesso viene modificato “a sorpresa” l’ordine prestabilito dei testi a carico da escutere, con l’impossibilità per il difensore di offrire risposte idonee alla tutela dei diritti degli assistiti». Tra le ultime tesi a sostegno dello sciopero, non manca neanche il riferimento a quella che gli avvocati definiscono come una “mortificazione” ovvero il dover parcheggiare l’auto nell’aula bunker di Lamezia Terme, per problemi di sicurezza e ordine pubblico, non più nei vecchi parcheggi ma un po’ più distante (al pari dei giornalisti che non per questo hanno mai pensato – per fortuna – ad alcuno sciopero). «Solo l’idea che l’avvocato possa rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza collettiva, rappresenta plasticamente come il ruolo del difensore sia oggi avvertito più come un “ostacolo” – concludono le Camere penali calabresi – che non come la “sentinella” dei diritti e un attore indispensabile al corretto esercizio della giurisdizione».
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