Spilinga, l’illuminazione dell’antico acquedotto ad archi incanta i passanti
Simbolo che identifica il territorio, per l'amministrazione comunale rappresenta l'opera principale dell'intero mandato
L’antico acquedotto ad archi, in pietra da taglio, che richiama gli antichi acquedotti romani, è senza dubbio l’attrazione culturale più rappresentativa della cittadina del Poro e ora incanta i passanti anche di sera, grazie a dei corpi illuminanti che ne esaltano i maestosi archi. «Questa sicuramente rappresenta l’opera principale che l’amministrazione comunale aveva prefissato nelle priorità del mandato, anche per il legame storico ed affettivo che riveste per l’intera popolazione». A dichiararlo, tempo fa, era stato il sindaco di Spilinga, Enzo Marasco, riferendosi, appunto, al simbolo che identifica Spilinga in ogni cartolina o immagine turistica. «Il progetto – spiegava ancora il primo cittadino – riguarda il miglioramento e l’adeguamento sismico dell’acquedotto storico ad archi con il risanamento delle opere ammalorate e la messa in sicurezza, oltre al miglioramento dell’area esterna di pertinenza delle arcate. Prevedendo, altresì, la pulizia generale dell’area, la sistemazione della strada adiacente, l’installazione di attrezzatura di arredo, la pavimentazione della zona centrale delle arcate, che verrà pavimentata con masselli autobloccanti in calcestruzzo con le forme del vecchio lastricato in pietra naturale. Il progetto prevede anche l’installazione di corpi illuminanti a led per l’illuminazione degli archi del tronco centrale con luci a led di ultima generazione che garantiscono il giusto effetto cromatico dell’illuminazione delle arcate».
L’opera risale ad un periodo tra il 1867 e il 1871, come racconta in una sua ricerca il professore Agostino Gennaro, che annota come “Filippo Girelli parlando, in un suo scritto dell’epoca, della non poca quantità di acqua di cui era ricco il territorio di Spilinga, scrive che per utilizzarla, bisognerebbe incanalarla, ed a ciò occorrerebbe uno spesato di circa 1500 ducati e che le iniziative delle opere per la conduzione delle acque di Monteporo fu tutta del Comune di Spilinga, consenziente quello di Ricadi concorrente, in consorzio, alla spesa occorrente”. Un’opera, appunto, costruita allora per incanalare le acque spilingesi e servire la comunità di Ricadi. L’acquedotto rurale iniziava il percorso partendo dalla Fiumara del Poro, nei pressi della chiesetta di San Michele dietro il ponticello che attraversava la suddetta fiumara. Il primo tratto di circa due chilometri, superficialmente interrato, in località Colarizzi, si divideva in due rami. Il primo, dopo qualche centinaio di metri di percorso interrato, darà alla zona una caratteristica fisionomia. Sul tratto di strada provinciale che da Spilinga porta al bivio di Zungri, a circa due chilometri dal centro abitato proprio nella località detta Salve Regina, vengono eretti, infatti, maestosi gli archi vanto dell’acquedotto rurale. Questo primo tratto forniva di acqua i terreni di Spilinga centro e della frazione Carciadi. Il secondo tratto, proseguendo per circa quattro chilometri sul territorio di Spilinga, forniva di acqua i terreni della frazione Panaia, prima di addentrarsi nel comune di Ricadi. Anche questo tratto dell’acquedotto era caratteristico, dapprima, con un salto di circa trenta metri, spezzato a metà altezza dalla strada provinciale, dove la rumorosa e amena cascatella, prima di scomparire sotto la strada stessa, approviggionava di limpida acqua una vaschetta abbeveratoio per il bestiame, per cui la località era detta “Biveri”.
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