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‘Ndrangheta: le “confessioni” di Onofrio Barbieri tra bombe, estorsioni e l’omicidio Di Leo

L’esponente di punta del clan Bonavota si accusa di numerose estorsioni e attentati dinamitardi. Ecco i partecipanti alla riunione nella quale è stata decisa l’eliminazione di Micu Catalanu

‘Ndrangheta: le “confessioni” di Onofrio Barbieri tra bombe, estorsioni e l’omicidio Di Leo
L'omicidio di Domenico Di Leo (nel riquadro a sinistra). A destra nel riquadro Onofrio Barbieri

Non voglio fare più questa vita, non voglio trascorrere tutta la vita in carcere. Non voglio più essere continuamente tratto in arresto”. Queste le prime dichiarazioni di Onofrio Barbieri, che ha deciso di “saltare il fosso” per collaborare con la Dda di Catanzaro. In un recente interrogatorio depositato nel troncone del processo Rinascita Scott sugli omicidi – che si sta celebrando in Corte d’Assise – il 43enne di Sant’Onofrio dichiara al pm Andrea Buzzelli di aver commesso “numerosi reati, quali omicidi, estorsioni, droga” e di aver preso parte agli omicidi di Domenico Belsito (18 marzo 2004 a Pizzo), Raffaele Cracolici (il 4 maggio 2004 a Pizzo) e Domenico Di Leo (il 12 luglio 2004 a Sant’Onofrio). “Ho commesso molte estorsioni, ho collocato bombe come quella nel 2004 all’Eurospin di Maierato. Ho messo anche delle bottiglie incendiarie. Ricordo ad esempio – ha dichiarato Barbieri – che l’ho messa a Sardanelli, alla banca Cooperativa di Maierato, alla ditta Spi. Sono tutte azioni che ho compiuto nel 2004. Più recentemente, poco prima che mi arrestassero, sono andato dal proprietario dell’attività La Fornacetta di Pizzo per dirgli che doveva pagare, perché sul suo territorio comandavamo noi, ma questo si è rifiutato. Sempre nel 2004, dopo l’omicidio di Raffaele Cracolici, ho collocato una bomba in un bar sulla Nazionale di Pizzo, nei pressi di una colonnina. Non ricordo il nome del proprietario, sono stato mandato lì da Domenico Bonavota. Questa, come tutte le altre estorsioni che ho commesso, le ho fatte su suo mandato di Domenico Bonavota”.

L’omicidio di Domenico Di Leo

Il 2 maggio scorso la Cassazione per l’operazione “Conquista” (omicidi di Raffaele Cracolici e Domenico Di Leo) ha annullato con rinvio l’ergastolo che era stato inflitto in secondo grado a Domenico Bonavota, mentre ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Onofrio Barbieri e Francesco Fortuna. Domenico Di Leo, alias “Micu Catalanu”, è stato ucciso Sant’Onofrio in via Tre Croci il 12 luglio 2004.  Per l’omicidio di Di Leo dovevano rispondere: Domenico Bonavota, Pasquale Bonavota, Nicola Bonavota, Onofrio Barbieri e Andrea Mantella. Pasquale e Nicola Bonavota per tale fatto di sangue sono stati assolti in appello. In un separato processo d’appello era già stato assolto per tale omicidio anche Francesco Fortuna, dopo una condanna a 30 anni in primo grado. Domenico Di Leo, detto “Micu i Catalanu”, era ritenuto dagli inquirenti un componente dello stesso clan Bonavota con il ruolo di “braccio armato”. Entrato in contrasto con i figli del defunto boss Vincenzo Bonavota, è stato attinto da diversi colpi d’arma da fuoco (Kalashnikov e fucile a pompa), tanto che sul posto sono stati rinvenuti i bossoli di oltre 45 colpi.

Nicola Bonavota

Queste le dichiarazioni di Onofrio Barbieri in ordine a tale fatto di sangue: “Ad uccidere Di Leo siamo stati io, Francesco Scrugli, Francesco Fortuna, Andrea Mantella, e i fratelli Domenico e Nicola Bonavota. Ad eseguire materialmente l’omicidio sono stati Francesco Fortuna e Francesco Scrugli, mentre Mantella guidava la macchina. Io, il giorno prima dell’omicidio, ho tagliato il lucchetto del cancello dove poi si sono appostati gli altri per commettere l’omicidio. Domenico e Pasquale Bonavota sono stati i mandanti, mentre Nicola Bonavota “è andato a recuperare gli esecutori materiali dell’omicidio. Li ha recuperati a Maierato, dove è stata abbandonata e bruciata la macchina utilizzata per l’omicidio. A decidere di commettere l’omicidio sono stati i fratelli Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota tre giorni prima all’interno di un casolare in campagna di Nicola Bonavota, a Sant’Onofrio. Quel giorno eravamo presentì tutti: io, Andrea Mantella, Francesco Scrugli, Francesco Fortuna e i tre fratelli Bonavota. Il motivo dell’omicidio era dovuto al fatto che Domenico Di Leo ci dava fastidio perché si voleva mettere contro di noi. Aveva anche messo una bomba alla concessionaria Seat e proprio il giorno prima della riunione si era bisticciato con il proprietario dell’attività. So questo perché il proprietario – ha spiegato Barbieri – dopo aver discusso con Di Leo ci ha chiamati, dicendoci che Di Leo voleva una macchina e che l’avrebbe pagata piano-piano. Lui si era rifiutato e Di Leo la stessa sera gli aveva messo una bomba. Parlammo con il proprietario il giorno dopo che avvenne l’esplosione e quello stesso giorno ci riunimmo e si decise di eliminare Di Leo. Alla riunione eravamo tutti presenti ma indico i Bonavota quali mandanti perché comandavano loro. Sono loro che comandano su Sant’Onofrio, il paese è il loro, intendo dei fratelli Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota e se non lo vogliono loro, e non lo decidono loro, non si fa niente. Nel corso di questa riunione ricordo che a parlare fu Domenico Bonavota il quale disse di uccidere Di Leo, in modo che non avrebbe più dato fastidio. A me venne affidato il compito di tagliare questo lucchetto, a Mantella di guidare la macchina e a Scrugli e a Fortuna di sparare. Pasquale Bonavota preciso che era a Roma, ma lo indico tra i mandanti perché lui venne raggiunto lì a Roma da Nicola Bonavota, che lo informò della volontà di uccidere Di Leo e questi gli disse di sì, che si doveva uccidere. So questo con certezza perché Nicola Bonavota lo disse all’interno del casolare, ci disse che era salito a Roma e che il fratello gli aveva detto pure lui di sì, di ucciderlo perché dava fastidio. Il ruolo di Nicola Bonavota doveva essere quello di recuperare il commando, come poi effettivamente fece. Dopo la commissione del delitto non abbiamo mai più parlato di questo omicidio – ha concluso Barbieri – perché avevamo paura delle microspie”.

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