All’Unical la lectio magistralis del biografo Marinelli su Natuzza Evolo
Le parole dello scienziato sulla mistica: «I defunti le hanno sempre parlato di Paradiso, Purgatorio e Inferno. Le emografie contrarie alle leggi fisiche»
Interessante lectio magistralis di Valerio Marinelli su Natuzza Evolo. Del resto, chi meglio di lui poteva trattare il caso della mistica con le stigmate calabrese, di cui la Chiesa ha nel 2018 avviato il processo di beatificazione. Il fisico nucleare può essere ritenuto a tutti gli effetti il biografo ufficiale della Serva di Dio, morta il giorno di Ognissanti del 2009. A lei l’esimio studioso ha dedicato oltre dieci volumi, molti di questi quando l’umile donna era ancora in vita. Fatiche letterarie che, senza tralasciare nulla al caso, hanno permesso di trattare i molteplici aspetti della personalità e del carisma di Natuzza. Nel suo intervento all’Università della Calabria, Marinelli si è dapprima soffermato sulle facoltà proprie della moglie e madre di famiglia di Paravati. Nello specifico, ha focalizzato l’attenzione sulle capacità di: comprendere rapidamente e profondamente i problemi a lei presentati; rasserenare, incoraggiare, far rassegnare e dare buoni consigli; giudicare la gravità o meno delle malattie; dare consigli medici su dove e come curarsi e su diagnosi mediche. Tra i doni in possesso della mistica, anche quelli: di ottenere guarigioni con la preghiera d’intercessione e grazie di varia natura, della bilocazione, dell’emografia, della visione dei defunti e del profumo mistico. Infine, i doni delle sofferenze mistiche nel periodo pasquale, della visione di Gesù, della Madonna, degli angeli e dei santi; della conversione delle anime e delle tante opere sociali e religiose sorte su suo impulso.
A supporto delle sue affermazioni, il professore Marinelli ha portato diverse documentazioni fotografiche e, per quanto riguarda le sofferenze mistiche, la testimonianza diretta ricevuta a suo tempo dall’ortopedico Umberto Corapi. «Aveva le piaghe sui polsi in via di cicatrizzazione – afferma il medico descrivendo uno di quei momenti – tranne su un polso che perse una goccia di sangue, goccia che andò a finire su un muro mentre lei si girò sul letto e vi formò una croce di sei-sette centimetri. Vidi bene che prima questa croce non c’era, e poi fu formata dalla goccia di sangue uscita dal polso. Sul cuoio capelluto aveva delle lesioni grosse e profonde, gocciolanti sangue, ma non in modo massiccio; dalla tempia le uscì un’altra goccia di sangue la quale, cadendo sul cuscino, disegnò, come se vi fosse stata una penna, a caratteri in stampatello, la frase “Venite ad me omnes”, grande, con lettere di un centimetro e mezzo, due centimetri di altezza; la cosa avvenne molto rapidamente, sotto i miei occhi, ma non mi resi bene conto dell’intervallo temporale del fenomeno, non avevo la minima idea di poterlo osservare. Le lettere furono scritte in sequenza, una dopo l’altra, ma a velocità superiore al naturale, come se qualcuno avesse scritto con una penna quella frase. Sono certissimo di aver osservato questo fenomeno e che la frase non vi era prima sulla federa».
A questo punto ci si è chiesto chi è l’autore delle emografie di Natuzza? Netta la presa di posizione di Marinelli. «Parole, frasi e immagini in esse contenute – ha sottolineato – sono senza dubbio opera di intelligenza. Nessun essere umano, senza usare le mani, è in grado di comandare al proprio o all’altrui sangue di scrivere da solo parole o comporre immagini. Pur ammettendo per ipotesi che la mente di Natuzza abbia avuto particolarissime facoltà telecinetiche, gli elementi culturali insiti nelle parole e frasi non solo in lingua italiana ma anche in latino e in lingue straniere non erano posseduti da Natuzza, analfabeta, che aveva ad ogni modo, mentre si formavano le emografie, un atteggiamento passivo e del tutto ininfluente su quanto appariva sui fazzoletti. Altro elemento inspiegabile e contrario alle leggi fisiche – ha aggiunto – è che il sangue di Natuzza, dopo aver macchiato dall’esterno un fazzoletto spesso ripiegato in quattro parti, appariva poi disposto in modo ordinato nelle parole ed immagini che erano collocate all’interno del fazzoletto stesso, quando lo si apriva.
Caratteristica non secondaria è il contenuto sempre religioso delle emografie e le immagini ricorrenti sono: l’ostia con dentro la scritta IHS, ostensori di varia forma, la corona di spine, la croce, il cuore trafitto da una croce o da una spada, la Madonna col rosario, talvolta circondata da 12 stelle, il volto di Gesù, il Cristo risorto con le braccia aperte, figure oranti senza e con aureola, figure di anime tra le fiamme, strade con conducono alla porta del Paradiso, ed altre immagini». Nella sua lectio magistralis il professore Marinelli si è poi soffermato sulla capacità della mistica di vedere i defunti, certo che «le anime hanno sempre parlato a Natuzza di Paradiso, Purgatorio e Inferno». Anche al riguardo ha portato una testimonianza diretta, in questo caso del miletese Luigi Polistena, recatosi in casa della mistica con alcuni conoscenti.
«Natuzza ci fece accomodare, ci portò le sedie, ma portò una sedia in più. Qualcuno stava per interrogarla – racconta il testimone oculare – quando ella, rivolgendosi verso la sedia vuota, chiese: “E voi non vi sedete?”. I professori la guardarono meravigliati e le chiesero: “Ma a chi dice di sedersi, se non c’è nessuno?” “Ma no, c’è un giovane, che ha posato la mano sulla spalla della signorina”; questa si impaurì e chiese chi fosse quella persona. Natuzza descrisse le sembianze fisiche di quella persona, aggiungendo che ella spesso non distingue le persone morte da quelle vive, a meno che non stringa loro la mano, nel qual caso avverte una sensazione di freddo. La signorina tremando – conclude Polistena – chiese a Natuzza di domandare al defunto il suo nome, che Natuzza disse e che risultò essere quello del fratello morto. Non ricordo il nome di quella professoressa. Poi questa pose a Natuzza delle altre domande, sulla malattia della quale era morto, e su altro, alle quali Natuzza rispose con esattezza. Aggiunse poi che era salvo, ma che aveva bisogno ancora di suffragi».
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