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Inchiesta Maestrale, il potere asfissiante dei clan di Briatico: ruoli, affari e gerarchie

L’inchiesta della Dda di Catanzaro delinea il contesto mafioso in cui si svolgono diverse attività economiche, dalla navigazione turistica alla distribuzione dei prodotti ortofrutticoli sino al settore edile ed ittico

Inchiesta Maestrale, il potere asfissiante dei clan di Briatico: ruoli, affari e gerarchie
Antonino Accorinti

Ridisegna anche la struttura mafiosa della ‘ndrina di Briatico, l’operazione Maestrale-Carthago della Dda di Catanzaro. Lo fa aggiornando ruoli, gerarchie e funzioni dei clan Accorinti, Bonavita e Melluso, già colpiti dall’operazione “Costa Pulita” ed in parte dalla recente inchiesta denominata Olimpo. Le condotte arrivano sino all’attualità e in costanza di detenzione di quelli che vengono da sempre indicati come i capi storici del sodalizio – Antonino Accorinti (cl . 56) e Pino Bonavita (quest’ultimo deceduto nel luglio dello scorso anno) – sarebbero stati Antonio Accorinti (cl ’80), detto Fraguleja (figlio di Nino) e Giuseppe Armando Bonavita a prendere in mano le redini delle rispettive “famiglie”, riconoscendo però l’autorità mafiosa superiore di Francesco Barbieri, 58 anni, alias “Carnera”, di Piana Pugliese (frazione di Cessaniti), attualmente detenuto per Rinascita Scott (nei cui confronti la Dda ha chiesto 30 anni di reclusione). Sarebbe stato proprio Francesco Barbieri il “reggente” mafioso per i territori di Briatico, Cessaniti, Zungri e zone limitrofe, in assenza di Antonino Accorinti e del boss di Zungri Peppone Accorinti.

Ruoli e gerarchie

Antonio Accorinti

Antonino Accorinti, anche se detenuto, avrebbe continuato – secondo l’accusa – anche dopo il 2014 (sino a tale data la sua condotta è accertata con l’operazione “Costa Pulita”) ad occuparsi degli affari della cosca venendo informato dagli altri sodali, partecipando alle scelte associative e ricevendo sostentamento economico da parte del sodalizio. Associato di rilievo dell’omonimo clan di Briatico viene quindi indicato anche Vincenzo Francesco Accorinti, detto “Franco”, 63 anni, fratello di Antonino, e già vicesindaco nell’amministrazione del 2002 guidata dall’allora primo cittadino Costantino Massara, poi sciolta nel 2003 per infiltrazioni mafiose. Franco Accorinti, ad avviso della Dda, avrebbe contribuito a delineare la strategia del sodalizio volta all’infiltrazione della locale pubblica amministrazione, anche “intrattenendo rapporti diretti con politici locali” e condividendo con il fratello Antonino le scelte in ordine all’impegno della cosca in occasione delle competizioni elettorali. Franco Accorinti si sarebbe inoltre interessato, sempre insieme al germano Antonino Accorinti, delle attività economiche del sodalizio, svolgendo mansioni di cassiere e custode di parte dei proventi delle attività illecite dell’omonima famiglia, ricevendo, da esponenti di altre articolazioni, la quota-parte di proventi estorsivi spettante alla cosca Accorinti, destinata al sostentamento dei sodali detenuti. Si sarebbe inoltre occupato del sostentamento del fratello in carcere, venendo all’occorrenza redarguito e persino minacciato dal nipote Antonio Accorinti (figlio di Nino) in caso di mancanze ovvero in occasione di iniziative economiche non condivise dal medesimo.

Giuseppe Armando Bonavita

Dopo l’operazione “Costa Pulita” dell’aprile 2016, i clan Accorinti e Bonavita di Briatico (sino a quel momento federati ed operanti in modo congiunto e sinergico) si sarebbero quindi allontanati fra loro, avvicinandosi gli Accorinti (Antonio) al clan Melluso (sempre di Briatico) con a capo a Leonardo Melluso, mentre i Bonavita (Giuseppe Armando) si sarebbe avvicinato ai Niglia (Gregorio) che a loro volta sono collegati al locale di Zungri facente capo al boss Peppone Accorinti. In ogni caso, Antonio Accorinti e Giuseppe Armando Bonavita, una volta detenuti i propri genitori, si sarebbero rapportati con Francesco Barbieri di Cessaniti. Se Antonio Accorinti è quindi accusato di aver posto in essere atti intimidatori imponendo, per le forniture alle società controllate dal sodalizio, ditte a lui gradite, Giuseppe Armando Bonavita avrebbe stretto accordi con il clan La Rosa di Tropea al fine di stabilire le condizioni affinché le imbarcazioni di interesse del sodalizio di Briatico effettuassero crociere sotto costa utilizzando il porto di Tropea avvalendosi di agenzie turistiche operanti in regime di monopolio mafioso. Sarebbe stato proprio Giuseppe Armando Bonavita a gestire il monopolio nella zona di Briatico anche del settore dell’autonoleggio con conducente, imponendo ad altri operatori la spartizione delle occasioni di lavoro e il pagamento di una percentuale sui viaggi. In tale contesto, Giuseppe Armando Bonavita si sarebbe servito – ad avviso della Dda – degli indagati Marco Borello, 49 anni (ritenuto vicino pure ad Antonino Accorinti), Roberta Bonavita, 53 anni (sorella di Giuseppe Armando Bonavita), e Luigi Barillari, 44 anni, tutti di Briatico. Proprio Barillari, unitamente a Francesco Zungri, 63 anni, di Briatico, detto “Il Mau”, avrebbero intrattenuto, per conto del sodalizio, rapporti con appartenenti alla pubblica amministrazione – in particolare con Capitaneria di Porto e Guardia Costiera – al fine di favorire la risoluzione di problematiche inerenti la gestione delle attività legate alla navigazione turistica.

Gli altri partecipi al sodalizio di Briatico

Filippo Niglia

I fratelli gemelli Emanuele e Simone Melluso, 38 anni (figli di Leonardo Melluso) dopo le scarcerazioni per l’inchiesta “Costa Pulita” avrebbero invece ripreso il loro ruolo all’interno dello scacchiere criminale della zona, avanzando pretese estorsive e rivendicando la loro “fetta” di influenza mafiosa. In forza di tale “titolo” avrebbero esercitato il controllo del settore ittico nella zona di Briatico, commettendo estorsioni ed atti intimidatori e partecipando alla spartizione dei proventi delle attività estorsive. Antonio Bonaccurso, 39 anni, di Briatico, è invece accusato di essere un imprenditore di riferimento dei clan di Briatico nel settore edile, acquisendo commesse grazie alla sponsorizzazione mafiosa dell’organizzazione, facendo lavorare sui cantieri dove era impegnata la sua ditta le aziende riconducibili al sodalizio, garantendo le comunicazioni tra gli associati (in particolare, tra Francesco Barbieri e Giuseppe Armando Bonavita), assumendo presso la sua ditta soggetti appartenenti o contigui all’organizzazione, al fine di consentire loro di ottenere la concessione di misure cautelari meno afflittive; infine Filippo Niglia, 63 anni, di Briatico, detto “Pippo”, già assessore comunale al Turismo nell’amministrazione Massara sciolta per infiltrazioni mafiose, in precedenza indicato come vicino agli Accorinti di Briatico si sarebbe interessato al settore della navigazione ed a quello ortofrutticolo per poi successivamente avvicinarsi ai Bonavita ed agli Accorinti di Zungri (anche grazie al matrimonio del figlio con la figlia di Pietro Accorinti), continuando a svolgere un ruolo all’interno del sodalizio, partecipando alla spartizione mafiosa dello sfruttamento delle spiagge e condizionando illecitamente il settore della coltivazione e commercializzazione della cipolla, anche ponendo in essere specifiche condotte estorsive. Filippo Niglia è pure il genero di Italo Greco di Briatico, pluripregiudicato per un triplice omicidio commesso a Capistrano negli anni ‘70, ucciso a sua volta con un fucile a canne mozze il 10 marzo del 1989 a Briatico. Filippo Niglia è quindi cognato di Nicola Greco (figlio di Italo), anche lui noto alle forze dell’ordine ed ucciso a Briatico il 7 aprile del 1996. 

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