Omicidio a Pesaro: l’ergastolo al vibonese Michelangelo Tripodi e il suo insospettabile ruolo
La vittima era il fratello di un collaboratore di giustizia e l’imputato avrebbe agito su mandato della cosca Crea di Rizziconi Le dichiarazioni inedite di Bartolomeo Arena, l’esplosivo, il bazooka e le intercettazioni con un latitante. Per un congiunto del condannato il procuratore Gratteri in Rinascita Scott ha chiesto 17 anni di reclusione
Carcere a vita per Michelangelo Tripodi, 45 anni, di Vibo Valentia, ritenuto uno dei killer che il 25 dicembre del 2018 in via Bovio a Pesaro ha ucciso Marcello Bruzzese, fratello del pentito Girolamo Biagio Bruzzese, che nel 2003 è uscito dalla ‘ndrangheta dopo aver cercato di uccidere il patriarca del clan Crea, Teodoro Crea. La sentenza del gup del Tribunale di Ancona, arrivata al termine del rito abbreviato, ha condannato all’ergastolo anche Francesco Candiloro, 44 anni, di Polistena, residente nel Bresciano, pasticcere. Pianificatore dell’azione di fuoco sarebbe stato Rocco Versace di 56 anni, di Rizziconi, che però ha scelto il rito ordinario e si trova ancora sotto processo. Ufficialmente commerciante di auto, il vibonese Michelangelo Tripodi avrebbe svolto il ruolo di insospettabile killer al soldo della cosca Crea di Rizziconi. E’ il fratello di Danilo Tripodi, 42 anni, in servizio al Tribunale di Vibo valentia come assistente giudiziario finito sotto processo nell’operazione Rinascita Scott con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, falsità materiale in atti pubblici e abuso d’ufficio. Per quest’ultimo il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, al termine della requisitoria della Dda ha chiesto la condanna a 17 anni di reclusione.
Il delitto Bruzzese a Pesaro
Marcello Bruzzese è stato ucciso con venti colpi di pistola. Dalle indagini è emersa una lunga pianificazione del delitto. Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro sono stati ripresi dai filmati degli impianti di videosorveglianza a bordo di due auto le cui targhe erano state però clonate. I sopralluoghi nella località di residenza della vittima e dei suoi parenti erano iniziati molti mesi prima. I filmati delle telecamere di videosorveglianza di Pesaro hanno immortalato due volti maschili, anche se travisati (poi dalle indagini identificati in Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro), in prossimità della casa della vittima. Sono stati ripresi anche a piedi il giorno dell’omicidio e nei giorni precedenti. Eseguito l’omicidio a Pesaro, Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro, secondo le risultanze investigative avrebbero trascorso la notte a Rimini, per poi separarsi il giorno successivo: Tripodi si sarebbe diretto verso Vibo Valentia, Candiloro verso Brescia.
Le accuse da Reggio Calabria
L’inchiesta della Procura di Ancona si è intrecciata con quelle delle Dda di Reggio Calabria e Brescia. I magistrati reggini hanno infatti emesso un secondo provvedimento restrittivo nei confronti di Michelangelo Tripodi e anche di Vincenzo Larosa, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Francesco Ponzetta, l’indagine ha consentito di ricostruire le dinamiche criminali della cosca Crea di Rizziconi, con i fermati che stavano pianificando più omicidi nell’interesse del clan Crea, anche come ritorsione per la sentenza emessa il 12 dicembre 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria che ha condannato il boss Teodoro Crea, il figlio Giuseppe e Antonio Crea. Tutta la ferocia della famiglia di ‘ndrangheta emerge nelle intercettazioni e nelle conversazioni estrapolate dai cellulari degli indagati che progettavano attentati con il bazooka o con esplosivo che sarebbe servito per far saltare in aria un’auto blindata. Le due indagini della Dda di Ancona e Reggio Calabria hanno consentito di scoprire che i killer della cosca Crea monitoravano anche gli altri fratelli del collaboratore di giustizia, residenti in diverse località protette. In tale ottica, gli interessati avevano eseguito anche tentativi di contattare i Bruzzese sul web, attraverso fittizi account.
Agli atti dell’inchiesta anche un’intercettazione risalente al 21 gennaio 2021 nel corso della quale Michelangelo Tripodi aveva commentato le ultime condanne ai Crea parlandone con un latitante. Stando alle intercettazioni, per loro i magistrati sono dei “bastardi” che “ne fanno arrivare una dietro l’altra. Ci vorrebbe un Ak 47 e go-go sul grilletto. Tempo ci vuole ma le soddisfazioni a modo nostro una alla volta ce le prendiamo”. Da altre intercettazioni emerge poi che “in modo inequivoco la possibilità da parte di Michelangelo Tripodi di procurarsi costosi documenti d’identità clonati o totalmente falsi, di alta professionalità e pressochè indistinguibili da quelli originari”.
In una chat del 17 dicembre 2020 Michelangelo Tripodi svela invece che i «progetti omicidiari sono diventati due e che, per eseguire in modo adeguato uno di essi, egli ha bisogno di reperire esplosivo del tipo C4 e C7 (analogo al plastico) perché l’obiettivo viaggia con un’auto blindata».
A partire da novembre 2020, inoltre, Michelangelo Tripodi sarebbe stato coinvolto pure per reperire un bazooka “usa e getta”, ovvero un lanciarazzi portatile anticarro monouso. Avrebbe poi rivendicato un «rapporto più che fraterno con il figlio del capobastone, Teodoro Crea» ovvero con Domenico Crea, catturato nell’agosto del 2019 nel Vibonese, a Santa Domenica di Ricadi, dopo quattro anni di latitanza.
Di Michelangelo (detto anche Michele) Tripodi aveva parlato infine anche il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, dopo aver affrontato la figura di Danilo Tripodi, l’ex impiegato del Tribunale di Vibo sotto processo a Rinascita Scott. Ecco le inedite dichiarazioni di Arena: «So che il fratello del Tripodi, a nome Michele, mantiene stretti legami con la consorteria mafiosa dei Crea di Rizziconi. In particolare ha intimi rapporti con Mimmo Crea. Ricordo che il citato Michele Tripodi rinvenne una microspia che gli era stata installata dai carabinieri». La sentenza di condanna all’ergastolo per Michelangelo Tripodi è stata così commentata dal procuratore di Ancona, Monica Garulli: «È un importante segnale di fiducia per i cittadini dinanzi a fatti così gravi che hanno sconvolto il nostro territorio. Rimane alta la guardia sulla presenza di eventuali altri fenomeni mafiosi. La risposta sarà pronta anche per altri fatti che si dovessero verificare».
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