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Inchiesta Maestrale: anche l’appalto della fibra ottica a Mileto nel mirino dei clan

L’interessamento dei Mancuso dinanzi alle richieste estorsive avanzate dai Galati nei confronti di due imprenditori. I “regali” per i carcerati e il controllo asfissiante del territorio

Inchiesta Maestrale: anche l’appalto della fibra ottica a Mileto nel mirino dei clan
Panoramica di Mileto dall'alto e nel riquadro Michele Galati

Anche l’appalto relativo ai lavori per il passaggio della fibra ottica sarebbe finito a Mileto nel mirino dei clan. Fra le tante contestazioni mosse dalla Dda di Catanzaro nell’operazione Maestrale-Carthago c’è infatti il reato di tentata estorsione aggravata dalle finalità mafiose mosso nei confronti degli arrestati Michele Galati, 43 anni, ed Armando Galati, 69 anni, di Mileto. Michele Galati è il figlio dell’ergastolano Salvatore Galati (condannato per omicidio nella storica operazione “Tirreno” della Dda di Reggio Calabria), mentre Armando Galati è il fratello dell’ergastolano Ottavio Galati, pure lui ergastolano per l’omicidio Scuteri di San Calogero. Secondo l’accusa, Michele Galati ed Armando Galati avrebbero esercitato il controllo assoluto di tutte le attività imprenditoriali ed economiche della zona, arrogandosi così il potere “di far accedere o far escludere le società dei Salimbeni dall’appalto relativo cablaggio del Comune di Mileto nella frazione Comparni”. Per intimidire gli imprenditori Salimbeni, i Galati avrebbero anche fatto riferimento al mantenimento dei carcerati:Vedi che nel comune di Mileto ci sono anche i carcerati…Dagli quanto vuoi! Quello che si sente il cuore gli porta e se li dividono, 500 euro l’uno ai carcerati del comune di Mileto”. Nel tentativo di estorsione, Michele e Armando Galati si sono però dovuti fermare per la vicinanza degli imprenditori Salimbeni ai Mancuso. La vicenda – per come ricostruita dagli inquirenti – si sviluppa in un arco temporale che va dal 12 aprile 2016 al 20 luglio 2018.

I Salimbeni a Taurianova

Sono le intercettazioni a chiarire tutti gli aspetti della vicenda. Michele Galati interloquendo con Domenico Bartone, 55 anni di Mileto (pure lui arrestato), riferisce infatti di essersi fatto nemico con i fratelli Salimbeni “poiché questi quando hanno avuto di bisogno lo hanno fatto esporre per poi in unsecondo momento voltargli le spalle”. In particolare, Michele Galati sarebbe intervenuto con i clan di Taurianova in occasione di lavori in tale comune dove l’impresa Salimbeni aveva subito il furto di una bobina di materiale plastico per il passaggio dei cavi della fibra ottica. Per la Dda di Catanzaro “emerge chiaramente che i Salimbeni siano strettamente collegati al Locale di Mileto ed alla ‘ndrina di Paravati”.

L’astio nei confronti degli imprenditori

L’astio nei confronti degli imprenditori viene ricondotto dalla Dda – sulla scorta delle intercettazioni su Michele Galati – al fatto riferiscono che questi ultimi hanno acquistato dei terreni che dapprima erano della famiglia Romano, vecchi proprietari della fallita azienda Sila srl. Michele Galati è ancora più specifico riferendo che si tratta proprio dei terreni che erano di proprietà di Pasquale Romano, figlio di Fortunato, ulteriore imprenditore – evidenzia la Dda – strettamente collegato al locale di Mileto e titolare dalla predetta azienda”. Galati addebitava quindi ai Salimbeni di aver acquistato all’asta i terreni della società Sila srl senza interloquire con la struttura criminale. Un risentimento verso i due imprenditori che avrebbe nutrito anche Fortunato Tavella di San Giovanni di Mileto (padre dell’arrestato Benito Tavella) discutendo proprio con Michele Galati nel corso di un matrimonio a Laureana di Borrello. I “due soggetti riferiscono di come i Salimbeni siano imprenditorialmente nati – ricostruisce la Dda – proprio grazie ai rapporti con la ‘ndrina di Paravati. Nel dettaglio, Michele Galati conversando con Fortunato Tavella gli riferisce che quando i Salimbeni hanno avviato l’impresa sono stati proprio i Galati ad fornire un corposo prestito in denaro a cui non hanno applicato nessun interesse usuraio. Sempre Michele Galati avrebbe poi aggiunto che dopo i primi attentati, i Salimbeni si sono recati da Galati per mediare con la struttura criminale non trovando appoggio poiché lo stesso Michele Galati gli ha riferito che il comportamento tenuto da questi era troppo grave avendo acquistato i terreni provenienti da un fallimento senza interloquire con la struttura criminale”. Fortunato Tavella ribatteva quindi che la terra acquistata dai Salimbeni verrà riacquisita dallo stesso Tavella e Galati nel rispondergli gli mostra la sua vicinanza riferendogli che se qualora avesse bisogno dei mezzi per coltivarla lo stesso avrà il piacere di mettersi a disposizione, consolidando lo stretto rapporto che intercorre tra di loro. Tavella continua a rivendicare il fatto che in quelle terre ci stava lui da trent’anni e pertanto Salimbeni non aveva alcun diritto ad acquistarle senza, tra l’altro, chiedere il permesso. Lo stesso continua nel dire che i Salimbeni sono stati fortunati in quanto al momento il figlio Rocco Tavella è detenuto poiché, nel caso in cui quest’ultimo non fosse stato cautelato, avrebbero subito danni alla persona ben più gravi”.

L’intervento dei Mancuso

Francesco Mancuso

Prima del danneggiamento a Comparni ai danni dei mezzi dei Salimbeni, Michele Galati avrebbe quindi avvertito Paolo Salimbeni “ad elargire del denaro alla ‘ndrina di Comparni per i lavori che lo stesso stava eseguendo per il passaggio della fibra ottica”. Dopo tale incontro, anche Armando Galati avrebbe mandato l’imbasciata di pretendere denaro pure per il fratello Ottavio carcerato. A seguito di ciò, qualche giorno dopo la richiesta fatta da Armando Galati, i Salimbeni ritornarono da Michele Galati chiedendo quanto dovevano versare per i lavori della fibra, ma questi rispondeva che non avrebbe accettato soldi poiché gli stessi fratelli Salimbeni, contravvenendo a tutte le regole di ‘ndrangheta, si erano recati a chiedere protezione ad un’altra struttura criminale con a capo Francesco Mancuso, detto Tabacco”. Neanche l’esponente di spicco del clan di Limbadi sarebbe stato però in grado di intercedere in favore dei Salimbeni poiché – detta di Michele Galati – Francesco Mancuso gli rispose di “non poter fare nulla in quanto su Mileto vi era già una altra struttura criminale che operava e pertanto era a loro che dovevano rispondere” poiché “là è Mileto e te la devi vedere con i miletesi... – si legge nelle intercettazioni – e non con noi di Limbadi…”. Alla fine, però, Michele Galati ed Armando Galati per non inimicarsi i Mancuso avrebbero comunque desistito dal portare avanti l’estorsione.

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