Province, si torna al voto dei cittadini: ecco lo scenario nazionale e quello vibonese
Passa in Commissione Affari costituzionali del Senato la proposta per un disegno di legge teso ad eliminare l’elezione da parte dei soli amministratori comunali. Previsti i consiglieri supplenti e un turno di ballottaggio
Hanno avuto esito positivo i lavori del Comitato ristretto presso la Commissione Affari costituzionali del Senato in cui sono state gettate le basi per il ddl, presentato da Fratelli d’Italia, che mira a reintrodurre il voto popolare per eleggere i presidenti della Provincia e i consiglieri provinciali. Si va, dunque, verso il definitivo superamento della Legge Del Rio che ha fallito in pieno tutti i suoi obiettivi: non ha eliminato le Province, non le ha trasformate in quell’ente locale di raccordo tra Comuni e Regioni, non ha offerto servizi migliori ai cittadini restando alcune materie imprescindibilmente di competenza provinciale come la manutenzione delle strade e degli edifici scolastici. Le ha però svuotate di personale e finanziamenti, a tutto svantaggio dei cittadini, impedendo ai cittadini stessi di poter eleggere i propri rappresentati (presidenti e consiglieri provinciali), eletti invece dai consiglieri comunali. L’unica cosa positiva della Del Rio – al netto di tutto – la mancata corresponsione di “stipendi” ai consiglieri provinciali (ma non ai presidenti la cui indennità è anzi di recente aumentata).
Province e Città Metropolitane, quindi, torneranno ad operare a pieno regime e con una dotazione finanziaria adeguata (almeno si spera), rappresentando l’ente più prossimo ai Comuni e al territorio. Si va inoltre verso il superamento delle elezioni di secondo livello ritornando a dare ai cittadini la possibilità di scegliere attraverso il voto popolare. Anche qui, però, non sono pochi i dubbi e, fermo restando la restituzione del voto ai cittadini, molto dipenderà dal sistema elettorale che si andrà a scegliere per l’elezione diretta dei consiglieri provinciali, atteso che il precedente alla riforma Del Rio non poche perplessità aveva suscitato per via della divisione dei territori provinciali in collegi con i nomi dei candidati già stampati sulla scheda e divisi per partito (e quindi imposti ai cittadini dai partiti stessi), senza possibilità per l’elettore di una grande scelta.
Il sistema elettorale
In tal senso, la proposta di legge passata in Commissione Affari costituzionali al Senato non è delle migliori. Prevede la suddivisione dei territori provinciali in collegi plurinominali individuati dal Governo e i seggi (da un minimo di tre ad un massimo di otto) saranno assegnati con il metodo d’Hondt. Quindi, per accedere al riparto è stata introdotta una soglia di sbarramento fissata al 3% dei voti. Alla coalizione vincente verrà assegnato il 60% dei seggi disponibili, mentre viene eliminato il voto disgiunto (poter votare il consigliere provinciale di un partito avverso a quello della preferenza per il presidente) e sarà possibile esprimere due preferenze solo di genere (un uomo e una donna quali consiglieri provinciali) Viene introdotto il doppio turno elettorale, esattamente come già avviene per i Comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, ma per evitarlo basterà che il candidato alla presidenza della Provincia raggiunga il 40% dei voti validi; in tal caso verrà nominato presidente già dal primo turno elettorale.
Le novità
La bozza della proposta di legge passata in Commissione al Senato prevede delle giunte provinciali composte da un minimo di quattro assessori ad un massimo di otto, con relativo rispetto delle quote di genere. Il numero di assessori che il presidente potrà nominare varierà, quindi, a seconda del numero dei residenti in ciascun territorio provinciale. Con una popolazione di oltre un milione di abitanti, i Consigli provinciali avranno trenta consiglieri, altrimenti saranno composti da venti consiglieri (come nel caso della Provincia di Vibo Valentia).
L’aumento delle “poltrone”
Nella nuova bozza del disegno di legge viene inoltre stabilità l’incompatibilità fra componente della Giunta e del Consiglio: in pratica chi verrà nominato assessore perderà la carica di consigliere provinciale ed al suo posto in Consiglio subentrerà il primo dei non eletti. In pratica verrà di fatto istituito il consigliere provinciale supplente. Una figura che tanti “mal di pancia” aveva suscitato quando è stata proposta per il Consiglio regionale calabrese; nel caso in cui l’assessore dovesse dimettersi dalla Giunta oppure venga revocato dal presidente nell’incarico, ritornerà a sedere in Consiglio provinciale al posto del consigliere “supplente”.
I tempi per i nuovi Consigli provinciali
Dall’approvazione della legge, il Governo avrà poi dodici mesi di tempo per “disegnare” i nuovi collegi plurinominali con le relative circoscrizioni elettorali. Le norme transitorie al disegno di legge prevedono però che si vada al voto con il nuovo sistema elettorale nel primo turno utile dopo la scadenza naturale dei Consigli provinciali in carica alla data dell’entrata in vigore della nuova legge. Qualora il Governo per tale data non abbia ancora disegnato i nuovi collegi plurinominali, si andrà al voto considerando la circoscrizione elettorale in un unico collegio corrispondente all’intero territorio provinciale. Per il funzionamento delle nuove Province si prevede un costo annuo di 225 milioni a partire dal 2024.
Vibo e la Provincia
Se da un lato, quindi, tutti i cittadini potranno candidarsi per essere eletti presidenti della Provincia o consiglieri provinciali (e non come con la riforma Del Rio che restringeva tali cariche ai soli consiglieri comunali e sindaci), dall’altro lato la Provincia di Vibo sino al rinnovo totale degli organi elettivi (presidente e Consiglio) – e non se ne parla prima del 2024 e sono tutti ancora da vedere i tempi, atteso che il Consiglio provinciale va in scadenza nei prossimi mesi, mentre il presidente Corrado L’Andolina è stato eletto solo nel gennaio scorso – continua a fare i conti con i soliti “appetiti” di partiti, partitini e gruppetti politici locali. E’ noto, infatti, che alcuni dei “mal di pancia” nel centrodestra provinciale – che hanno portato alcuni consiglieri a disertare gli ultimi Consigli provinciali – non sono dovuti alle modalità di risoluzione dei problemi concreti che interessano i cittadini (strade, scuole, ambiente) e il “dissenso” non è fondato sull’azione politica del presidente L’Andolina. Molto più banalmente, i mal di pancia del centrodestra vibonese e provinciale ruotano – tanto per cambiare – sulla mancata nomina del vicepresidente della Provincia, quasi come se la stessa servisse a risolvere anche uno solo dei problemi del territorio provinciale. Nomina del vicepresidente che – lo ricordiamo – spetta unicamente al presidente della Provincia qualora la ritenga necessaria e qualora si trovi dinanzi ad una scelta condivisa sul nominativo. Sinora, invece, i partiti del centrodestra su scala provinciale hanno continuato con i deleteri metodi di sempre anche in ordine a tale scelta, con “liti” se tocchi cioè a questo piuttosto che ad altro partito della coalizione (Forza Italia piuttosto che Fratelli d’Italia o altro ancora) senza minimamente preoccuparsi delle eventuali specifiche competenze per materia dei prescelti e, soprattutto, sui legami controindicati di qualcuno degli aspiranti. Non è un mistero per nessuno, infatti, che i partiti di centrodestra vibonesi non si siano sinora fatti troppi scrupoli ad avanzare alla carica di vicepresidente della Provincia da un lato un consigliere imparentato con i Fiarè di San Gregorio d’Ippona (e per questo citato nell’ultima relazione di scioglimento per infiltrazioni mafiose di tale Comune), dall’altro un consigliere provinciale accusato dal pentito delle Preserre, Enzo Taverniti, di essere il referente politico dei clan locali e di aver avuto rapporti con il defunto boss delle Serre, Damiano Vallelunga: giusto per non farsi mancare nulla nella politica vibonese che, sistema elettorale a parte, Provincia o Comuni a parte, non vuole e non è in grado proprio fare i conti con sé stessa, con la propria storia e con quell’incapacità politica, gestionale e amministrativa che hanno portato un intero territorio agli ultimi posti in quasi tutte le classifiche.
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