Il Maggiore Lopreiato dall’Arma alla toga, ma con nel cuore sempre i valori del carabiniere
L’ex comandante della Stazione di Vibo ancora nelle aule di giustizia ma questa volta quale avvocato dei testimoni e dei collaboratori. Una vita in difesa dei più deboli e sempre dalla parte dello Stato
Una vita in difesa dei più deboli, rigoroso servitore dello Stato e delle regole. E’ partito dal basso: prima carabiniere, poi sottufficiale ed infine ufficiale raggiungendo il grado di Maggiore. Nazzareno Lopreiato ha retto Comandi dell’Arma dei Carabinieri tutti ad alto indice di criminalità organizzata. Si devono a lui inchieste storiche come le operazioni “Mangusta uno” e “Mangusta due” che hanno scompaginato il clan dei “Viperari” di Serra San Bruno, portando all’arresto del boss Damiano Vallelunga, dei fratelli e dei cugini per una serie di estorsioni relative all’aggiudicazione dei lotti boschivi. A Nazzareno Lopreiato si deve l’aver convinto l’imprenditore Giuseppe Masciari – vittima dei Vallelunga – a testimoniare contro il clan dei Viperari delle Serre e a denunciare un vasto sistema di malaffare a più livelli. Grazie alla testimonianza di Pino Masciari sono stati tratti in arresto esponenti del clan Ciampà di Cutro, degli Arena di Isola Capo Rizzuto e dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica. Nelle indagini sono rimasti coinvolti anche colletti bianchi e un presidente del Tar poi condannato in via definitiva. A Nazzareno Lopreiato si devono anche altre indagini che hanno lasciato il segno come l’operazione “Ricatto” sulla Sanitopoli vibonese e le tangenti per la costruzione del nuovo ospedale; le inchieste Minosse 1 e Minosse 2 sul traffico di armi e droga, oltre che sulle estorsioni, ad opera dei clan Mancuso, Lo Bianco e Il Grande; l’operazione antimafia Ragno contro il clan Soriano di Filandari; le inchieste sulle maxitruffe con le assicurazioni e i falsi braccianti agricoli e sul 501 hotel, l’operazione Zain che ha di fatto anticipato quella sul clan dei Piscopisani e sulle consorterie di Stefanaconi; l’inchiesta contro il clan Tripodi di Portosalvo poi sfociata nell’operazione Lybra, le indagini sui veterinari dell’Asp assenteisti, oltre che quelle su eclatanti casi di malasanità (le inchieste sui decessi di Federica Monteleone e Eva Ruscio su tutte). A firma di Nazzareno Lopreiato anche l’informativa – finita nell’inchiesta antimafia “Minotauro” della Dda di Torino – che per prima ha segnalato la nascita di un nuovo “locale” di ‘ndrangheta: quello di Piscopio.
Il passaggio alla toga ma sempre dalla stessa parte
Da qualche mese il Maggiore Nazzareno Lopreiato è transitato nella riserva iniziando ad esercitare la professione di avvocato. Negli ultimi tempi più volte lo si è notato nell’aula bunker di Lamezia Terme per il maxiprocesso Rinascita Scott fornendo assistenza legale unicamente a collaboratori di giustizia e parti civili; stessa cosa nel processo “ Dedalo-Petrolmafie”. Con la riservatezza e la discrezione che lo hanno sempre contraddistinto, avvicinato, si è limitato a dire: «la professione di avvocato, oltre che nobile, rimane sempre affascinante. Tuttavia dopo una lunga militanza nell’Arma dei Carabinieri, la mia cultura e forma mentis mi inducono ad accettare solo incarichi di difensore di parti offese, danneggiate e parti civili. Continuo a difendere i più deboli che intendono ribellarsi dai soprusi di ogni natura, nonché testimoni e collaboratori di giustizia che a mio avviso costituiscono il più efficace strumento di contrasto alle mafie, il solo in grado di rendere penetrabile il sistema criminale e di conoscerne la struttura, i riti di affiliazione, gli interessi e le modalità operative. Bisogna riconoscere che i pentiti costituiscono il cuneo che ha mandato a pezzi le corazze dei ministri della ‘ndrangheta: grazie a loro si è evitata la cronicizzazione delle patologie provocate dall’infezione dell’Antistato. Analogo discorso va fatto per i testimoni di giustizia che meritano il massimo rispetto e maggiore tutela. Per dirlo con altre parole – ha dichiarato Nazzareno Lopreiato – per quanto mi riguarda, continuerò a vivere con i principi dell’Arma, conscio che solo il rispetto delle regole di condotta che devono essere osservate nell’esercizio della professione di avvocato, mi consentono di svolgere la funzione alla luce dei valori della difesa e della giustizia. Per questo mio nuovo percorso mi onoro di fare squadra nello studio legale dell’avvocato Giovanna Fronte”.
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