Olimpo: la Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza per Ripepi
Accolto il ricorso dei difensori e disposto un nuovo esame da parte del Tdl di Catanzaro
La Corte di Cassazione ha annullato, disponendo un nuovo giudizio da parte del Tribunale del Riesame, l’ordinanza del Tdl di Catanzaro, che aveva confermato la custodia cautelare in carcere nei confronti di Paolo Ripepi, 58 anni, di Ricadi, difeso dall’avvocato Giovanni Vecchio. Il 58enne è stato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione Olimpo della Dda di Catanzaro per il reato di tentata estorsione aggravata in danno dell’imprenditore Vincenzo De Nisi, nonché per essere il promotore di un’associazione per delinquere (semplice) dedita al riciclaggio e alla ricettazione di mezzi agricoli. Tale provvedimento era stato integralmente confermato dal Tribunale del Riesame di Catanzaro. La decisione è stata tuttavia impugnata dalla difesa di Paolo Ripepi. In particolare, nel ricorso difensivo redatto dagli avvocati Giovanni Vecchio e Bruno Vallelunga, erano stati censurati diversi aspetti dell’ordinanza del Tribunale del Riesame. Tra questi la mancanza di competenza del gip distrettuale di Catanzaro a conoscere reati che non avevano alcuna connotazione di mafiosità. La sesta sezione penale della Cassazione ha condiviso i rilievi difensivi annullando l’ordinanza impugnata e disponendo un nuovo giudizio innanzi al Tribunale del Riesame di Catanzaro, che sarà tenuto ad adeguarsi ai principi di diritto stabiliti dai giudici di legittimità. Si tratta della prima decisione della Cassazione scaturita dal procedimento “Olimpo”. Insieme a Paolo Ripepi rispondono della tentata estorsione aggravata in danno dell’imprenditore Vincenzo De Nisi anche gli indagati Diego Mancuso di Limbadi, Davide Surace di Spilinga, Giuseppe Accorinti di Zungri, Costantino Gaudioso di Zungri e Gianfranco La Torre, sindacalista di Ricadi.
LEGGI ANCHE: Olimpo: i rapporti tra i La Rosa e i Mancuso e i timori per il pentimento di Francesco Zaccaro
Inchiesta Olimpo: Bartolomeo Arena e l’ossessione dei vibonesi per microspie e beni archeologici