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Rinascita Scott: l’esame di Guastalegname, dal cementificio di Vibo Marina sino alle armi

Il collaboratore si è anche soffermato sui traffici di droga, i viaggi a Pavia ed i legami con Giuseppe Piccolo, Luigi Mancuso e Nazzareno Colace. Diversi i riconoscimenti fotografici nel corso della deposizione

Rinascita Scott: l’esame di Guastalegname, dal cementificio di Vibo Marina sino alle armi
Domenico Guastalegname ed in basso Luigi Mancuso, Giuseppe Accorinti e Saverio Razionale

di Antonio Alizzi

Giornata di deposizione del collaboratore di giustizia Domenico Guastalegname oggi dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Una deposizione andata avanti per tutta la mattinata (LEGGI QUI: Rinascita Scott, esordio del pentito Guastalegname: «I vibonesi volevano vendere la droga agli ultrà della Juve») e che è stata poi sospesa per via dell’audizione del perito Ammendolia cheha riferito sul lavoro svolto spiegando di aver avuto difficoltà a trascrivere alcune intercettazioni ambientali che riguardavano un imputato. [Continua in basso]

Guastalegname e il viaggio a Pavia

Valerio Navarra

Alla ripresa dell’esame di Domenico Gustalegname, il collaboratore ha quindi spiegato di aver “portato la droga degli albanesi vicino Pavia, con una Mercedes ma poiché la qualità dello stupefacente non era buona – ha dichiarato il teste dell’accusa – era difficile da piazzare. Mio padre prese un po’ di tempo per vedere come fare e Valerio Navarra in un ristorante si lamentava della cosa. L’albanese davanti a tale rimostranza si arrabbiò, alzandosi dal tavolo per andare via. Nell’Astigiano le persone contattate non erano interessate all’acquisto della droga, quindi subentrarono personaggi vibonesi come Saverio Razionale e Peppone Accorinti. Alla fine dei conti la situazione si è sistemata portando il carico da un’altra parte del Piemonte, ad Alba. A Purita per il trasporto fu dato un chilo di erba. Era il periodo in cui Saverio Razionale aveva vinto la causa in Cassazione per il sequestro dei beni, parliamo del 2017”.

I rapporti con Purita

“Lo conoscevo da sempre Nino Purita, gli ho battezzato il bambino – ha affermato Domenico Guastalegname – ma i rapporti si sono rafforzati quando nel 2014 Nazzareno Colace lo mandò in Piemonte per acquistare una sala scommessa. Purita era il fidanzato della figlia di Colace, ma poi si sono lasciati. Per un anno e mezzo è stato a casa mia ad Asti. Nino Purita aveva lo stesso mio ruolo nello spaccio di droga, doveva piazzarla con altre persone”. [Continua in basso]

I legami con Antonio Piccolo

Giuseppe Antonio Piccolo

“Giuseppe Antonio Piccolo di Nicotera era legato a “zio Luigi” Mancuso e a Nazzareno Colace. Nel fatto dell’omicidio del tabaccaio Manuel Bacco – ha riferito il collaboratore – ha rivestito il ruolo di esecutore materiale. Quella volta agì con mio padre e Fabio Fernicola, fu una sua iniziativa”. Tornando a Luigi Mancuso il pentito ha aggiunto: “Giuseppe Antonio Piccolo salì in Piemonte dopo aver avuto un problema con i rosarnesi, fece infatti una sparatoria ferendo cinque persone. L’accaduto sarebbe stato poi “sistemato” da “zio Luigi” Mancuso e da Nazzareno Colace. Queste cose me le disse Nazzareno Colace dipingendo Piccolo come un uomo rispettoso ma pazzo come un cavallo”. Poi una domanda del pm Annamria Frustaci su Antonio Prenesti: “Ne parlava mio padre, ho sentito questo nome da lui”.

L’arsenale di armi

“L’arsenale di armi veniva custodito anche da Luigi Sandiano che era il compagno di mia suocera – ha sottolineato Domenico Guastalegname – io non c’entravo nulla, sapevo di questa cosa quando arrivò ad Asti. Il mio ruolo fu successivo a questi avvenimenti in quanto c’era necessità di buttare queste armi e le sotterrammo in un terreno”. Nel prosieguo della testimonianza, Guastalegname ha quindi raccontato detto che Luigi Mancuso e Nazzareno Colace erano interessati a un’azienda di trasporti del Nord Italia, nei dintorni di Milano, che aveva vinto una gara d’appalto. “Circostanza che appresi da Sandiano e da suo padre Antonio”. [Continua in basso]

L’appalto del cementificio

Nazzareno Colace

Del cementificio di Vibo Marina “ne parlai con Ivan Colace quando venne in Piemonte. Aveva aperto un’azienda di raccolta del ferro, guadagnava bene e riferendosi al cementificio disse che questo appalto avrebbe portato tanti soldi. Nella gara d’appalto sarebbero dovuti entrare “zio Luigi” Mancuso e Nazzareno Colace, con quest’ultimo che avrebbe interessato un’altra società per non comparire direttamente”. Nel suo manoscritto Domenico Guastalegname appuntò pure altri nomi che fanno parte della “famiglia Mancuso”. “Luni Scarpuni e Nino Purita non avevano rapporti” ha riferito il pentito.

I riconoscimenti fotografici

Antonio Vacatello

Il pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, nel corso dell’udienza ha mostrato in videoconferenza al pentito Domenico Guastalegname un album fotografico. “Riconosco – ha detto il collaboratore – Peppone Accorinti, che ho conosciuto personalmente a Vibo Marina in compagnia di mio padre; riconosco Antonio Vacatello, lui è di Vibo Marina ma non abbiamo mai avuto “confidenza”, ad Asti lo vidi a “Risparmio casa”; il numero 4 non lo conosco; l’altro è Valerio Navarra, la foto numero 8 non so chi sia; la numero 9 è Luigi Mancuso, ma non l’ho mai visto di persona, le sue foto le ho guardate sui giornali, sapevamo che se fosse andato male il processo ad Asti, “zio Luigi” avrebbe fatto intervenire l’avvocato Pittelli; il numero 10 è Nazzareno Colace, di cui ho riferito prima; la foto numero 11 è Giuseppe Antonio Piccolo, di cui ho parlato nell’omicidio Bacco; la foto numero 12 è Antonio Natale, fermato con il carico di droga tra Lagonegro e Sala Consilina; la foto numero 13 è Davide Surace. La foto numero 14? Non so chi sia; la foto numero 15 è Pietro Grillo coinvolto nell’affare con gli albanese; non riconosco la foto numero 18, la successiva è Fabio Fernicola condannato per l’omicidio ad Asti; la foto numero 20 è Jacopo Chiesi; la foto numero 21 è Ivan Colace, la foto numero 22 è l’avvocaticchio; la foto numero 23 è Rocco Cichello; la foto 24 e 25 non so chi siano; la foto numero 26 è l’albanese che venne a casa mia per il carico di 50 chili di “erba”; la foto numero 27 è l’altro albanese; la foto numero 28 è Florin, quello che guidò l’auto dei 50 chili di marijuana fino a Pavia; la foto numero 29 non so chi sia; la foto numero 30 neanche; la foto numero 31 invece è Emanuele Mancuso; la foto numero 32? Non conosco il soggetto in questione; la foto numero 35 è Antonio Yoyo; la foto numero 36 è Giuseppe Mancuso, fratello di Emanuele; la foto numero 37 è Federico Surace; la foto numero 38 è Luigi Sandiano, faceva l’autista a mio padre; la foto numero 39 è Nino Purita”. Infine, il pm Frustaci ha sottoposto una foto “fuori album”, ma Guastalegname non ha riconosciuto il soggetto. Il Collegio non ha ammesso domande sull’avvocato Pittelli in quanto non era menzionato nelle richieste ex art. 507. 

I messaggi con detenuti

“Prima della mia collaborazione ho scritto un messaggio dal carcere di Vercelli, insieme a mio padre, sia a Valerio Navarra che Antonio Vacatello, gli chiesi come stavamo augurandoci di uscire a “testa alta” da questa situazione dell’omicidio. Mi rispose solo Navarra, ci mandava i saluti e la foto del suo bambino” ha concluso così l’esame Domenico Guastalegname.

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