Le interviste impossibili | Ferdinando re della due Sicilie e quel legame con il Vibonese
Dopo una digressione sull’autonomia differenziata, il sovrano borbone rivendica i primati ottenuti dal Sud sotto il suo regno e sottolinea le ingiustizie della Soria
«Maestà, mi permetta di…»
«Ma che maestà e maestà. Non avete mai letto la poesia “La livella” scritta dal mio concittadino principe Antonio De Curtis, in arte Totò? Quassù siamo tutti uguali e poi mi pare che dal 1946 in Italia non esiste più la monarchia e i titoli nobiliari sono stati aboliti dalla Costituzione. Lo dico con una punta di soddisfazione, i Savoia avevano aggredito il Regno delle Due Sicilie con una guerra di conquista e con il pretesto di fare l’Italia Unita, ma anche loro hanno avuto il benservito».«Mi vorrà scusare per la franchezza: si dice che i Borbone non fossero proprio un esempio di buona amministrazione e l’appellativo “borbonico” viene generalmente usato con un significato dispregiativo, come sinonimo di “antiquato e inefficiente».
«Sarà… ma per il Meridione non mi pare che sia andata molto bene dopo l’Unità. Milioni di persone sono state costrette ad emigrare in America o al Settentrione industrializzato a spese del Sud, una vera deportazione». [Continua in basso]
«L’Italia una e indivisibile, ma che cammina a tre velocità: il nord corre, il centro avanza, il sud arranca. Cosa ne pensa del recente disegno di autonomia differenziata?».
«Guagliò, io non parlo francese come i Savoia. A Napoli si dice: ccà nisciuno è fesso”. È un modo surrettizio per dividere ancora di più l’Italia economicamente e socialmente. Tanto valeva che il Sud rimanesse uno stato indipendente. E poi, siamo proprio sicuri che il mio Regno fosse così arretrato rispetto agli altri stati italiani? Vuole che le ricordi i primati che vantavamo in ogni campo? Certamente saprà che la prima ferrovia italiana fu inaugurata proprio sotto il mio regno e che possedevamo la marina più potente del Mediterraneo. Le navi più belle erano costruite nel cantiere navale di Castellammare di Stabia, il più grande e il più tecnologicamente avanzato d’Italia. In questo polo cantieristico venne costruita la prima nave a vapore italiana, la “Real Ferdinando”, nonché il primo bastimento in ferro e la prima nave ad elica. Anche l’Amerigo Vespucci sarebbe poi uscita dai cantieri di Castellammare sul progetto, copiato, del mio vascello “Monarca”“. Tanto per fare un esempio, l’Ansaldo di Genova prima dell’Unità contava la metà dei dipendenti della Mongiana, nel decennio successivo li raddoppiò».
«Maestà…mi scusi, forse è meglio chiamarla Ferdinando. Nel 1833 ha visitato Monteleone, Tropea e Nicotera, inoltre ha scelto una zona delle Serre come sua riserva di caccia alla quale ha dato il nome di Ferdinandea ed ha fatto costruire nelle sue vicinanze la reale ferriera della Mongiana e infine, nel 1858, ha firmato il decreto per la costruzione del Porto di Santa Venere, che avrebbe dovuto essere il più importante da Salerno a Messina, dietro suggerimento del suo grande consigliere, l’economista Giuseppe Maria Galanti. Si può dire che il distretto di Monteleone abbia avuto, sotto il suo regno, un’attenzione particolare. Da cosa scaturì questo legame?».
«Avevo individuato questo territorio come un’area su cui puntare per promuovere uno sviluppo industriale e commerciale, unendo la zona montana a quella marina. Era in progetto la costruzione di un’importante via di comunicazione, ma questi mariuoli non me ne hanno dato il tempo e oggi, per la seconda volta, vogliono impedire al Sud di crescere. L’unità d’Italia fu un processo storico ineluttabile, ma si poteva fare in un altro modo. Non bisogna negare la verità storica, quando si ha paura della verità non ci si può ritenere liberi. Ma adesso sono stanco, devo andare, si è fatto tardi e devo tornare a riposare. Buona fortuna al popolo meridionale».
LEGGI ANCHE: Alla Corte dei Borbone, viaggio dai boschi delle Serre alla scoperta della Ferdinandea