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Il pentito Guastalegname: «La ‘ndrangheta interessata allo smantellamento del cementificio di Vibo Marina»

Il nuovo collaboratore di giustizia svela i piani di Nazzareno Colace e Luigi Mancuso per entrare nell’appalto così come in altro lavoro attraverso la mediazione di Antonio Prenesti. E su Antonio Piccolo di Nicotera dichiara: «Era legatissimo ai Mancuso, aveva sparato a cinque persone e diceva che era una famiglia onorata e perbene»

Il pentito Guastalegname: «La ‘ndrangheta interessata allo smantellamento del cementificio di Vibo Marina»
Il cementificio di Vibo Marina e nel riquadro Luigi Mancuso e Nazzareno Colace
Domenico Guastalegname

Un interesse della ‘ndrangheta nello smantellamento del cementificio di Vibo Marina? Certamente sì secondo il racconto di Domenico Guastalegname, l’ultimo fra i collaboratori di giustizia di cui la Dda di Catanzaro ha chiesto l’esame in aula dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia nell’ambito del maxiprocesso Rinascita Scott. I verbali con le sue dichiarazioni sono stati depositati dalla Procura distrettuale antimafia ed esplorano diverse vicende su cui saranno le successive indagini ed i successivi riscontri a fare luce. Domenico Guastalegname – 29 anni, residente a Castello di Annone, in provincia di Asti, ma originario come il padre Antonio (pure lui collaboratore di giustizia) di Vibo Marina – tira in ballo Nino Purita, genero di Nazzareno Colace di Portosalvo, quest’ultimo ritenuto figura vicina prima al boss Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, quindi a Luigi Mancuso. [Continua in basso]

Nazzareno Colace

E’ stato Purita – ha fatto mettere a verbale Domenico Guastalegname – a raccontarmi che Nazzareno Colace tra il 2014 e il 2015 doveva partecipare ad una gara di appalto relativa allo smantellamento del cementificio di Vibo Valentia. La stessa cosa mi era stata detta da Ivan Colace, a nome del quale il padre Nazzareno aveva aperto una ditta di smaltimento ferro attraverso cui contavano di entrare nell’appalto. So che questa operazione – ha aggiunto il collaboratore – Nazzareno Colace la stava organizzando unitamente a Luigi Mancuso con il quale, dopo la sua scarcerazione, Nazzareno Colace aveva ripreso a lavorava a stretto contatto. So del coinvolgimento di Luigi Mancuso in questa operazione in quanto mi è stato riferito sia da Nino Purita che da Ivan Colace. Preciso anche che i rapporti tra questi due non sono mai stati molto distesi, soprattutto in ragione dello stretto legame tra Purita ed il padre di Ivan, Nazzareno Colace, rapporto che aveva dato a Purita un prestigio superiore a quello di cui godeva lo stesso Ivan. I due, inoltre, avevano una serie di affari in cui Ivan non era coinvolto ma, nella sostanza, il problema principale era che Purita aveva un carisma superiore”.

La società del Nord, l’appalto, Prenesti e Colace

Antonio Prenesti

Quello dello smantellamento del cementificio di Vibo Marina non è però il solo appalto di cui parla Domenico Guastalegname. Ricordo anche un’occasione in cui mio padre e Nazzareno Colace, su mandato di Luigi Mancuso, si recarono da Antonio Prenesti, alias Yo-Yo, per discutere con questo di una gara d’appalto vinta da una società del nord Italia per un lavoro da svolgere in Calabria, nel quale i Mancuso dovevano entrare per il tramite di Colace. Ascoltai io direttamente mio padre che discuteva con Colace in casa nostra di questo incarico ricevuto dai Mancuso, per conto dei quali è capitato più volte che si recasse da Totò Prenesti”.

Su quest’ultimo personaggio, attualmente imputato anche per l’omicidio a Spilinga nel 2004 del boss del Poro, Raffaele Fiamingo, e per il ferimento di Francesco Mancuso (detto Tabacco), il collaboratore ha aggiunto: “Si tratta di un esponente della famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso. Dico questo per averlo saputo, tra i tanti, oltre che da mio padre e da Nazzareno, anche da Federico Surace il quale mi disse che era “una testa squagliata”, intendendo dire che era un personaggio di spessore nell’ambito della criminalità organizzata. Lo stesso Surace era un appartenente ai Mancuso, per come mi ha detto lui stesso in più occasioni, una delle quali quella in cui mi ha proposto di entrare in affari con la cocaina, quando mi assicurò che avrebbe provveduto lui ad ottenere il consenso dello Zio Luigi” ovvero di Luigi Mancuso. [Continua in basso]

Antonio Piccolo al servizio dei Mancuso

Antonio Piccolo

Altra figura sulla quale si è soffermato Domenico Guastalegname nelle sue dichiarazioni è quella di Antonio Piccolo, 31 anni, di Nicotera Marina, figlio di Roberto Piccolo, quest’ultimo ritenuto dagli investigatori.  

“Antonio Piccolo era in grado di conoscere e riportare le volontà di zio Luigi Mancuso in quanto vantava un rapporto strettissimo con lui e con tutta la famiglia Mancuso. Questo lo so per essermi stato riferito sia da Nino Purita sia da Nazzareno Colace ma anche direttamente da mio padre. Questi mi dicevano – ha riferito il collaboratore – anche che tipo di soggetto fosse il Piccolo, ossia un malandrino che commetteva crimini per conto di Colace e della famiglia Mancuso. Ricordo in particolare che Nazzareno Colace mi disse espressamente che era un cavallo pazzo e che in una occasione aveva affrontato da solo cinque persone con le quali aveva avuto una discussione, sparando a tutti quanti.

Pantaleone Mancuso (Vetrinetta)

Del resto, per come mi è stato detto sia da mio padre che dallo stesso Nazzareno Colace, la decisione di mandare il Piccolo ad Asti da noi era stata presa da Colace unitamente a Luigi Mancuso, che voleva allontanarlo dalla Calabria a seguito di una vicenda che al momento non ricordo con precisione”. Domenico Guastalegname avrebbe inoltre parlato con Antonio Piccolo pure della figura di Pantaleone Mancuso (detto Vetrinetta, deceduto in carcere nel 2015), fratello di Luigi Mancuso. All’invito del futuro collaboratore al giovane di Nicotera ad evitare di accompagnarsi con esponenti dei Mancuso al fine di non dare nell’occhio, Piccolo l’avrebbe quindi rimproverato dicendo che la famiglia Mancuso era “gente onesta e onorata, una famiglia perbene”.

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