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Inchiesta Olimpo: l’estorsione al residence dell’avvocato coinvolto in Imponimento e Rinascita Scott

L’operazione ricostruisce anche una vicenda che vede quale parte offesa Vincenzo Renda il quale, ad avviso del gip, si sarebbe interfacciato con i La Rosa di Tropea per le forniture al villaggio

Inchiesta Olimpo: l’estorsione al residence dell’avvocato coinvolto in Imponimento e Rinascita Scott
Baia di Riaci e in foto Antonio La Rosa e Mimmo Polito
Vincenzo Renda, parte offesa

C’è anche l’imprenditore ed avvocato, Vincenzo Renda, fra le parti offese dell’operazione antimafia denominata Olimpo. Cinquantenne, di Vibo Valentia, è rimasto coinvolto nell’operazione Rinascita Scott, ma al termine del giudizio con rito abbreviato è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (clan Mancuso, per lui la Dda aveva chiesto la condanna a 10 anni e 10 mesi), mentre è in corso il processo d’appello. E sempre in appello Vincenzo Renda dovrà comparire il 3 aprile prossimo, questa volta per difendersi nell’ambito del processo Imponimento che l’ha visto condannato in primo grado alla pena di 4 anni e 10 mesi. Nella nuova inchiesta “Olimpo” figura quale vittima del reato di estorsione aggravata dalle modalità mafiose contestato a Antonio La Rosa, 61 anni, detto “Ciondolino”, di Tropea,  Francesco La Rosa, 52 anni, alias “U Bimbu” (fratello di Antonio La Rosa), Domenico Polito, 59 anni, di Tropea, e Giuseppe Prossomariti, 36 anni, di Santa Domenica di Ricadi, residente a Vibo Valentia. [Continua in basso]

Le accuse e le indagini

Giuseppe Prossomariti

La pretesa estorsiva aggravata dal metodo mafioso ai danni dell’imprenditore Vincenzo Renda, titolare e gestore della struttura ricettiva Tui Sensimar ubicata in località Baia di Riaci, nel territorio comunale di Ricadi (al confine con Tropea), secondo il gip sarebbe stata avanzata dalla ‘ndrina dei La Rosa per il tramite di Giuseppe Prossomariti. Quest’ultimo è il nipote di Pasquale Quaranta di Santa Domenica di Ricadi, il sessantenne ritenuto elemento di spicco del clan La Rosa e che sta scontando in via definitiva l’ergastolo per l’omicidio di Saverio Carone (12 marzo 2004) ed i ferimenti di Pietro Carone (6 giugno 2004) e Ivano Pizzarelli (30 novembre 2002).  

L’attività di indagine Olimpo si è sostanziata nella vicenda in esame in una serie di intercettazioni, oltre che nella verifica da parte degli investigatori della documentazione Inps a titolo di riscontro di quanto emerso dai dialoghi captati. In particolare, in data 27 novembre 2018 veniva captata la conversazione tra Antonio La Rosa, Giuseppe Prossomariti e Domenico Polito, nella quale gli stessi interloquivano a proposito dei “beni ricevuti dal Renda per l’annualità in corso (2018) e per quella precedente, evidenziando che, quanto all’anno precedente (2017), Renda – scrive il gip – aveva ritenuto di pagare la pretesa estorsiva tramite l’assunzione del figlio di Mimmo Polito, circostanza che incontrava, tuttavia, il disappunto di Antonio La Rosa”.

Il gruppo avrebbe poi fatto riferimento ai soldi percepiti da Renda e ad una dinamica di ingerenza che ormai si ripeteva da diversi anni, valutando l’opportunità di chiedere un’integrazione della cifra ricevuta (Tonino La Rosa nelle intercettazioni: “Comunque gli ho detto io se ci dà qualche altra cosa di più”).

Il gip sottolinea a questo punto che i La Rosa siano diventati i referenti locali di ogni iniziativa economica” e ciò emergerebbe da una successiva conversazione tra Antonio La Rosa Antonio e Mimmo Polito (“deve parlare qua, deve venire qua a parlare a Tonino”). In tale conversazione sarebbe stato fatto espresso riferimento alla Tui Sensimar dell’imprenditore Vincenzo Renda, dal quale si sarebbero proposti di andare a parlare Mimmo Polito unitamente a Francesco La Rosa.

Gli sviluppi investigativi

Antonio La Rosa

Per il gip, il fatto che gli interlocutori parlassero proprio di Vincenzo Renda e del contesto economico delle forniture alla struttura Tui Sensimar risulta confermato dalla conversazione del 13 marzo 2019 tra Antonio La Rosa e Gregorio Giofrè (quest’ultimo ritenuto elemento di spicco del clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona) nella quale gli stessi davano conto del licenziamento operato ai danni di De Benedetto Alessandro, genero di “Tonino”, in seguito all’informativa antimafia che aveva colpito la società facente capo a Renda Vincenzo, circostanza poi riscontrata dalla verifica della documentazione Inps”. In ogni caso Gregorio Giofrè riferiva di aver manifestato ad Enzo Renda l’intenzione di “informare immediatamente Antonio La Rosa sui fatti relativi alle forniture, considerato il rilievo riconosciuto al sodale. [Continua in basso]

Il controllo delle attività economiche da parte dei La Rosa

Domenico Polito

Per il gip distrettuale, Chiara Esposito, non vi sono dubbi “quantomeno a livello di gravità indiziaria, che il gruppo dei La Rosa, tramite Giuseppe Prossomariti, rivolgeva la richiesta estorsiva nei confronti di Renda. Il tenore delle conversazioni è chiaro e lineare – sottolinea il giudice – permettendo così di scandire le varie fasi del delitto e l’identificazione dei soggetti coinvolti”.
I La Rosa per il gip esercitano il “controllo su tutte le attività imprenditoriali ed economiche della zona e, quindi, si arrogano di volta in volta il potere di far accedere o di escludere i vari imprenditori dalle forniture alle più importanti strutture recettive del tropeano”. Ad avviso del gip, nel caso di specie è poi emerso che “la vittima avesse rapporti di vicinanza alla ‘ndrina da diversi anni e che si interfacciasse con la stessa per le varie forniture alla propria struttura. Si tratta, quindi, di condotte finalizzate a procurare un ingiusto profitto alle cosche di appartenenza”. I fratelli Antonio e Francesco La Rosa, unitamente a Mimmo Polito, vengono quindi ritenuti gli ideatori dell’estorsione ed i destinatari dei pagamenti. Giuseppe Prossomariti è invece accusato di essere stato l’esecutore materiale dell’estorsione ai danni di Vincenzo Renda e della sua struttura turistica.

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