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Operazione Olimpo, le rivelazioni inedite di Mantella: «Peppone Accorinti ha ucciso Pietro Carone»

Il delitto dell’allevatore, ritenuto personaggio di “peso” a Santa Domenica di Ricadi, è rimasto impunito e il collaboratore indica anche il mandante del fatto di sangue oltre ai legami fra i La Rosa e i Mammoliti

Operazione Olimpo, le rivelazioni inedite di Mantella: «Peppone Accorinti ha ucciso Pietro Carone»
Nei riquadri Andrea Mantella e Peppone Accorinti
L’omicidio di Saverio Carone

Contengono passaggi in parte inediti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia vibonese, Andrea Mantella, versate dalla Dda di Catanzaro nell’inchiesta Olimpo. Dichiarazioni che in un passaggio accendono i “riflettori” su un omicidio rimasto impunito: quello del 58enne Pietro Carone, l’allevatore ritrovato cadavere – con numerosi colpi d’arma da fuoco sparato al volto – nelle campagne di Drapia il 24 febbraio del 2010. In precedenza, il 6 giugno del 2004, Pietro Carone era rimasto vittima di un tentato omicidio avvenuto il 6 giugno 2004 nella “sua” Santa Domenica di Ricadi. Per tale ultimo fatto di sangue (unitamente al tentato omicidio di Ivano Pizzarelli avvenuto il 30 novembre 2002 a Tropea) sta scontando la pena dell’ergastolo Pasquale Quaranta il quale è stato ritenuto il mandante dell’omicidio di Saverio Carone – fratello di Pietro – avvenuto a Santa Domenica il 12 marzo 2004. Se per il tentato omicidio di Pietro Carone del 2004 è stata quindi scritta una verità giudiziaria definitiva, con la condanna di Pasquale Quaranta – anche lui di Santa Domenica di Ricadi – indicato quale mandante del fatto di sangue, sull’omicidio di Pietro Carone – avvenuto invece nel 2010 nelle campagne di Drapia – ad oggi non è mai stata fatta luce. [Continua in basso]

Le dichiarazioni di Mantella

Andrea Mantella

E’ il 26 ottobre 2021 quando il collaboratore di giustizia viene ascoltato dagli investigatori e dal pm Antonio De Bernardo nell’ambito dell’inchiesta Olimpo. Il verbale, utilizzato per rafforzare l’impalcatura accusatoria contro il clan La Rosa di Tropea, contiene anche un particolare del tutto inedito. Eccolo: A fianco di Antonio La Rosa c’è stato sempre Pasquale Quaranta che aveva competenza criminale su Santa Domenica, la frazione di Ricadi. So che Quaranta si è macchiato quale mandante anche di omicidi come quello dei fratelli Carone, uno dei quali – Pietro – è stato materialmente ucciso da Peppone Accorinti”, ovvero dal boss indiscusso di Zungri. Andrea Mantella sostiene quindi che anche per l’omicidio di Pietro Carone – avvenuto a Drapia nel 2010 – il mandante sarebbe sempre Pasquale Quaranta (già condannato in via definitiva per il ferimento dello stesso Pietro Carone del 6 giugno 2004) e l’esecutore materiale viene invece indicato nel boss Giuseppe Accorinti.

Un fatto di sangue, quindi, i cui risvolti aspettano di essere ancora scritti in sede giudiziaria. In via definitiva è rimasto invece accertato che Pasquale Quaranta ha eliminato Saverio Carone (fratello di Pietro) – affidando l’incarico di morte a Peter Cacko (poi divenuto collaboratore di giustizia) – per la supremazia mafiosa su Santa Domenica di Ricadi. Al centro della “contesa”, anche il predominio per “lo sfruttamento dell’opportunità economica rappresentata dai lavori di metanizzazione già deliberati dall’Italgas”.  Il gruppo La Rosa, a cui Pasquale Quaranta apparteneva, secondo le sentenze aveva infatti deciso di scalzare Saverio Carone, ritenuto dalle risultanze investigative “l’imprenditore locale che aveva il controllo sui lavori”.

Pasquale Quaranta

I fratelli Pietro e Saverio Carone ed Ivano Pizzarelli avrebbero fatto riferimento – ad avviso degli inquirenti – all’articolazione del clan Mancuso facente capo a Domenico Mancuso (figlio del boss Giuseppe Mancuso, cl. ‘49) ed allo zio Francesco Mancuso, detto “Tabacco”. Tale articolazione mafiosa si sarebbe contrapposta al clan La Rosa di Tropea – di cui Pasquale Quaranta faceva parte – capeggiato dai fratelli Antonio La Rosa, detto “Ciondolino”, e Francesco La Rosa, alias “U Bimbu”.
I La Rosa si sarebbero a loro volta alleati all’articolazione della cosca Mancuso facente capo ai boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, e Cosmo Michele Mancuso. [Continua in basso]

I La Rosa, i Mammoliti e le dichiarazioni di Mantella

Antonio La Rosa

Il resto delle dichiarazioni di Andrea Mantella delineano invece il ruolo della famiglia La Rosa. Sulla zona di Tropea, a livello criminale, mi sono sempre interfacciato con la famiglia La Rosa, in particolare con Antonio detto “Ciondolino” e con il fratello Francesco detto “U Bimbu”. Ho conosciuto anche il genero di Antonio La Rosa – ha affermato Mantella – ovvero, tale Zazzaro; la cugina o la sorella di Zaccaro era invece legata a Diego Mancuso. Con Antonio La Rosa sono stato anche detenuto insieme nel carcere di Vibo Valentia  e con noi c’erano anche Franco Barba, Pantaleone Mancuso detto l’ingegnere, lo stesso Zaccaro ed altri. So che Tonino La Rosa era nel settore dell’edilizia tramite Franco Barba che reinvestiva i proventi delle usure e delle estorsioni e in tal senso era legato anche a Pantaleone Mancuso detto Scarpuni. Tra i sodali dei La Rosa vi era anche Mimmo Polito, mentre Nino Accorinti di Briatico operava sul piano imprenditoriale. Io sono stato anche detenuto a Cagliari con Francesco Mammoliti, detto “U Mericanu”, che aveva un autosalone a Gioia Tauro ed anche questi mi ha parlato dei La Rosa quali soggetti sempre a disposizione per degli scambi di killer per fare degli omicidi in quelle zone, tant’è che Salvatore La Rosa era stato incaricato dai Mammoliti per uccidere il barone Cordopatri per una questione di terreni. A detta del Mammoliti i rapporti con i La Rosa non si limitavano a questo ma si estendevano anche ad altri affari e anche Mammoliti riconosceva la leadership criminale in quella zona di Antonio La Rosa, che aveva ereditato il bastone del comando dagli anziani zii, sempre La Rosa, soprannominati “i Nacci” che io pure conoscevo già dalla metà degli anni ’80 per il tramite di Francesco Scrugli. Di questo mi parlava – ha concluso Mantella – anche Carmelo Lo Bianco. Da queste fonti io sapevo, quindi, che su Tropea c’era un locale di ‘ndrangheta e che i referenti erano i soggetti che vi sto indicando”.

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