Operazione Olimpo: i concorrenti esterni dei clan, ecco le accuse nei confronti di tre imprenditori
Dal porto di Tropea ai contatti politici con la Regione Calabria, dalle intermediazioni nel settore immobiliare alle infiltrazioni nel settore turistico e alberghiero del Vibonese sino alle “sponsorizzazioni” dei clan Mancuso e La Rosa
Viene contestato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione antimafia denominata Olimpo. Un’ipotesi di reato che la Dda di Catanzaro contesta in particolare a tre indagati finiti in carcere: Fernando La Monica, 67 anni, di Catanzaro; Vincenzo Calafati, 51 anni, di Vibo Valentia; Pasquale Scordo, 80 anni, di Tropea. [Continua in basso]
L’accusa per La Monica
Fernando La Monica è responsabile sino al 2018 del ristorante Marina Yacht club sito all’interno del oorto di Tropea. E’ accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, cioè la ‘ndrina dei La Rosa di Tropea. In particolare, secondo l’accusa, in qualità di collaboratore e fiduciario dell’imprenditore Aristide De Salvo, amministratore del Porto di Tropea, si sarebbe proposto – e concretamente si adoperava allo scopo – per fungere da trait d ‘union con la ‘ndrina dei La Rosa, “prospettando ed ottenendo la protezione mafiosa dei maggiorenti della consorteria dopo aver indotto l’imprenditore a corrispondere denaro in favore dei La Rosa, con ciò contribuendo a rafforzare l’organizzazione, garantendo alla stessa introiti economici illeciti ed il controllo de l porto di Tropea”. Secondo la Dda, quindi, l’imprenditore Aristide Di Salvo sarebbe stato costretto a pagare un’estorsione di 5mila euro a Antonio La Rosa e anche a Domenico Polito per tramite di Ferdinando La Monica, quale corrispettivo della protezione garantita alle attività imprenditoriali all’interno del porto di Tropea. Lo stesso Di Salvo ha però denunciato tutto recandosi in Questura il 3 settembre 2019.
L’imprenditore Calafati
Concorso esterno in associazione mafiosa anche per l’imprenditore vibonese Vincenzo Calafati, attivo nel settore dell’incoming, il quale avrebbe stretto “un accordo collusivo con i maggiorenti delle articolazioni di ‘ndrangheta del Vibonese e principalmente con l’avallo della famiglia Mancuso” a cui sarebbe stato “storicamente legato”. Attraverso la propria attività professionale, Vincenzo Calafati avrebbe consentito “l’infiltrazione delle cosche in iniziative e progetti nel settore turistico e alberghiero, promosse da tour operators stranieri, facendo in modo di agevolare il perseguimento degli interessi economici della criminalità organizzata, specialmente assicurando che le forniture di merci e servizi fossero appannaggio degli imprenditori espressione del sodalizio e favorendo la consumazione di estorsioni in danno degli operatori turistici, secondo le indicazioni dei soggetti apicali dell’associazione”.
Calafati avrebbe poi ottenuto anche “con modalità illecite, contributi ed agevolazioni pubbliche, sfruttando le proprie entrature nella politica e nell’amministrazione regionale, soprattutto grazie alla collusione con Vincenzo Anastasi, ex dirigente del Dipartimento Turismo e Beni Culturali – Istruzione e Cultura della Regione Calabria (indagato) e alla conoscenza di Mario Oliverio, già presidente della Regione Calabria”. Mario Oliverio, intercettato con Vincenzo Calafati non figura fra gli indagati. [Continua in basso]
Calafati, l’agenzia turistica e i clan
In tale contesto, Vincenzo Calafati è accusato di aver ottenuto il supporto dei vertici della ‘ndrangheta vibonese, acquisendo progressivamente ulteriori opportunità imprenditoriali e quote di mercato, “giovandosi del ruolo di “risolutore di problemi” con la criminalità organizzata del territorio. In particolare, quale titolare dell’agenzia turistica “Destinzione Calabria” e come tale “referente della società Tui in Calabria – nonché in veste di intermediario sponsorizzato da Diego Mancuso ed accreditato presso le articolazioni di ‘ndrangheta del Vibonese (in particolare quelle dirette da Luigi Mancuso di Limbadi e Giuseppe Accorinti di Zungri) – sarebbe stato delegato, nel rispetto del “equilibri” mafiosi nella zona – allo sfruttamento delle opportunità economiche offerte dalla gestione della struttura recettiva Tui Magic Life di Pizzo, in forza di contratto di locazione della struttura di proprietà della famiglia Stillitani.
Le pressioni sul gruppo Tui
Vincenzo Calafati è quindi accusato di aver esercitato “pressioni e minacce volte ad intimare ai dirigenti del gruppo Tui di adempiere ai “desiderata” della ‘ndrangheta, compulsando gli appositi organismi regionali al fine di ottenere l’emissione di provvedimenti e bandi favorevoli alla Tui, turbando illecitamente – per il tramite del traffico di influenze illecite operato da Pasquale Anastasi – i relativi procedimenti amministrativi e condizionando l’azione politica della Regione Calabria in modo da avvantaggiare l’iniziativa imprenditoriale oggetto degli appetiti delle cosche”. [Continua in basso]
Pasquale Scordo
Concorso esterno in associazione mafiosa, infine, pure per il geometra di Tropea Pasquale Scordo che avrebbe avuto l’avvallo dei Mancuso, vantando con il clan “un particolare credito”, in forza del quale avrebbe favorito nella sua attività professionale, l’infiltrazione delle cosche in iniziative e progetti nel settore immobiliare.
Pasquale Scordo, secondo l’accusa, avrebbe assicurato che le compravendite dei beni immobili fossero appannaggio esclusivo del sodalizio e che la destinazione dei cespiti patrimoniali fosse confacente ai “desiderata” dei vertici della ‘ndrangheta vibonese, “acquisendo progressivamente ulteriori opportunità imprenditoriali e quote di mercato anche giovandosi del ruolo di “risolutore di problemi” e delatore di messaggi sia tra i membri della medesima consorteria mafiosa, che tra questi e terzi imprenditori ovvero soggetti coinvolti a vario titolo nelle trattative immobiliari, favorendo, in tale veste, la consumazione di estorsioni.
In tale azione, Pasquale Scordo è accusato di aver goduto della “sponsorizzazione” di Luigi Mancuso dal febbraio 2018 a tutto giugno 2019.
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