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Estorsione e sequestro di persona a Vibo: imputati assolti pure in appello

I giudici di secondo grado confermano la sentenza del Tribunale. Per l’accusa – che non ha retto – un imprenditore sarebbe stato costretto a cedere somme per oltre due miliardi di lire

Estorsione e sequestro di persona a Vibo: imputati assolti pure in appello
La Corte d'Appello di Catanzaro
Nicolino Franzè

La Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Maria Rosaria Di Girolamo, giudici Assunta Maiore e Barbara Saccà) ha confermato le assoluzioni decise in primo grado dal Tribunale di Vibo Valentia nell’aprile del 2019 nei confronti di Nicolino Franzè, 64 anni, di Vibo Valentia, residente in località Aereporto, e nei confronti di Rosalba Baldo, 60 anni, anche lei residente in località Aereporto. La sentenza assolutoria era stata appellata ai soli fini civili da Rosario Lo Schiavo, condannato ora al pagamento delle spese processuali. Alcuni capi di imputazione a carico di Nicolino Franzè, esclusa la recidiva contestata, erano stati dichiarati in primo grado estinti per intervenuta prescrizione. Per Nicolino Franzè, il pm della Procura di Vibo Olimpia Anzalone aveva chiesto in primo grado la condanna a 8 anni ed 8 mesi di reclusione, mentre per la moglie Rosalba Baldo era stata chiesta l’assoluzione. Nello specifico, i due imputati sono stati assolti in primo e secondo grado perché il fatto non sussiste in relazione all’accusa di concorso in estorsione poiché, secondo l’accusa, “mediante violenza e minaccia, anche con l’uso di un’arma – si legge nel capo d’imputazione – avrebbero costretto Rosario Lo Schiavo a consegnargli somme di denaro di cui la parte offesa era venuta in possesso in virtù dell’accesso a contributi a fondo perduto derivanti dalla legge 488”. L’importo sarebbe stato di 1.540.000,00 di lire, più altre somme per un totale complessivo di due miliardi e duecento milioni di lire. [Continua in basso]

Nicolino Franzè era quindi accusato di essersi fatto consegnare da Lo Schiavo dal 2000 al 2002 tutti i blocchetti di assegni firmati in bianco, altrimenti lo avrebbe ammazzato, così determinando la fuga della parte offesa al santuario di San Francesco a Paola”. All’imputato venivano quindi contestate altre minacce di morte ai danni di Lo Schiavo una volta che la parte offesa aveva iniziato a denunciare, ed anche prima per ottenere la locazione di un capannone e di un’abitazione. Gli episodi di violenza privata erano stati però dichiarati come caduti in prescrizione. Assoluzione, invece, per il reato di sequestro di persona. Nicolino Franzè e Rosalba Baldo erano difesi anche in appello dall’avvocato Giuseppe Di Renzo. La parte offesa era invece assistita dall’avvocato Giovanna Fronte. 

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