venerdì,Settembre 27 2024

Processo Adelfi, Moscato e Mantella in aula: «Ventrici aveva ordinato due omicidi e doveva morire»

Deposizione dei due collaboratori dinanzi al Tribunale di Vibo. Dal ruolo dei Mancuso alle importazioni di cocaina, dai milioni nascosti nei bidoni agli orologi di lusso sino ai viaggi in Sud America. Il ruolo dei vibonesi e di Giuseppe Accorinti all’ombra degli omicidi dei narcos, con Scarpuni che deve la vita a Razionale

Processo Adelfi, Moscato e Mantella in aula: «Ventrici aveva ordinato due omicidi e doveva morire»
A sinistra i collaboratori Moscato e Mantella, a destra Antonio Campisi, Franco Ventrici, Giuseppe Accorinti e Vincenzo Barbieri
moscato raffaele
Raffaele Moscato

Deposizioni dei collaboratori di giustizia Raffaele Moscato e Andrea Mantella nel processo per narcotraffico internazionale nato dall’operazione denominata Adelfi in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Tiziana Macrì. E non è mancato il racconto su episodi inediti. Il primo a deporre – ed a rispondere alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Irene Crea – è stato Raffaele Moscato (assistito dall’avvocato Annalisa Pisano). Ex azionista del clan dei Piscopisani e collaboratore dal marzo 2015, Moscato ha spiegato che anche il suo gruppo avrebbe investito parte dei guadagni illeciti nel traffico di sostanze stupefacenti, affidandosi tra il 2009 ed il 2010 al broker della cocaina Vincenzo Barbieri, quest’ultimo poi ucciso a San Calogero nel marzo 2011. Insieme a Vincenzo Barbieri – ha dichiarato Moscato – hanno operato Giuseppe Topia e Antonio Franzè, entrambi di Vibo. E’ stato anzi Giuseppe Topia a prestare un’auto a Davide Fortuna per i traffici di stupefacenti. Antonio Franzè, invece, detto Platinì, in carcere è stato affiliato al clan dei Piscopisani da Rosario Battaglia, da Giuseppe Ranieri di Lamezia e da me.
Con Franzè e Topia operava ai vertici del gruppo Barbieri anche Giorgio Galiano, genero di quest’ultimo avendo sposato la figlia. Giorgio Galiano – ha svelato Moscato – era stato affiliato alla ‘ndrangheta da Angelo Maiolo durante un periodo di detenzione comune nel carcere di Lanciano. Anche i fratelli Pugliese, Alessandro ed un fratello di cui non ricordo il nome, unitamente al padre Giuseppe, erano inseriti nel narcotraffico – ha aggiunto Moscato – e avevano un ristorante fra Conidoni e Sciconi, nella zona di Briatico. Erano Topia e Franzè ad effettuare dei viaggi a Madrid e da qui prendere un aereo che li portava in Brasile dove raggiungevano i narcotrafficanti di cocaina. In uno di tali viaggi in Brasile, Antonio Franzè si è portato dietro anche Della Rocca, detto Spillo. Del gruppo faceva parte anche Filippo Paolì, a cui ricordo – ha affermato Moscato – che gli sequestrarono 50mila euro in un garage. Era denaro di Antonio Franzè, il quale con Giuseppe Topia e Giorgio Galiano è quello che fatto i soldi veri con il narcotraffico. Topia e Franzè avevano inoltre acquistato diversi orologi costosissimi di cui erano appassionati”. [Continua in basso]

I Mancuso e il narcotraffico

Pantaleone Mancuso (Ingegnere)

Quando i carichi di cocaina venivano sequestrati, gli importatori, che avevano raccolto i soldi da investire dai vari gruppi criminali, restituivano il denaro. Come in occasione di un sequestro di cocaina costato la restituzione di 80mila euro da parte di Giorgio Galiano al gruppo dei Piscopisani che avevano investito circa centomila euro. “Nel narcotraffico investivano anche i clan Fiarè, Emanuele ed i Mancuso. Soprattutto i Mancuso – ha riferito Moscato – erano il gruppo criminale che investiva di più nel narcotraffico, potendo contare sul controllo del porto di Gioia Tauro insieme ai Piromalli ed ai Pesce. I narcos che gestivano gli affari con gli stupefacenti per conto dei Mancuso erano Vincenzo Barbieri, Franco Ventrici e Domenico Campisi. Su Roma con il narcotraffico operava pure Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, unitamente al figlio. A Nicotera c’era invece il cugino, Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni. Dopo aver fatto pace, i due cugini si sono divisi il territorio di Nicotera: Pantaleone Mancuso, “l’Ingegnere” operava a Nicotera superiore, Scarpuni alla Marina”.

Ventrici doveva essere ucciso dai Piscopisani

Franco Ventrici

E’ a questo punto del racconto che Raffaele Moscato, rispondendo alle domande del pm della Dda, Irene Crea, ha svelato il progetto di omicidio ai danni del broker della cocaina Francesco Ventrici, braccio-destro di Vincenzo Barbieri, che da San Calogero si era trasferito nel Bolognese. “E’ stato Rosario Battaglia – ha svelato il collaboratore – a dirmi che dovevo salire a Bologna con Davide Fortuna per uccidere Franco Ventrici”. Raffaele Moscato non ha indicato le motivazioni alla base del progetto di morte, ma ha spiegato di aver fatto degli appostamenti nel Bolognese unitamente a Davide Fortuna e ad un’altra persona nel tentativo di uccidere Francesco Ventrici. Tentativo andato a vuoto per la presenza di diverse telecamere nella zona. [Continua in basso]

Giuseppe Accorinti e poi gli omicidi Barbieri-Campisi

Giuseppe Accorinti

Il collaboratore si è quindi soffermato sul ruolo di Giuseppe Accorinti nel narcotraffico, evidenziando i rapporti di affari con Giuseppe Topia nei cui confronti il boss di Zungri era in debito. “Antonio Franzè e Giuseppe Topia – ha riferito Moscato – andavano d’accordo con Giuseppe Accorinti nel traffico di stupefacenti. La cocaina veniva sbarcata nei porti di Livorno e Gioia Tauro e in tali traffici era inserito pure Salvatore Cuturello che aveva spostato la figlia di Giuseppe Mancuso, detto ‘Mbrogghja. Quando è stato ucciso Vincenzo Barbieri, il suo gruppo diceva che era stato il gruppo di Domenico Campisi e, viceversa, il gruppo di Campisi diceva che dietro l’omicidio di Campisi a Nicotera c’era il gruppo Barbieri. Si accusavano a vicenda”.
Accuse a vicenda che sarebbero servite per un po’ di tempo a coprire i veri mandanti dei due fatti di sangue, cioè i Mancuso. Scoperto il raggiro, nel mirino di Antonio Campisi (figlio di Domenico) sarebbe finito “Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, che doveva essere ucciso con l’aiuto dei Piscopisani, in quanto era ritenuto il mandante dell’omicidio del narcotrafficante Domenico Campisi”.

I soldi di Barbieri nei bidoni sotto terra

Anche Raffaele Moscato – al pari di altre risultanze investigative – ha confermato che Vincenzo Barbieri era solito nascondere i soldi del narcotraffico per milioni di euro in bidoni di plastica sotterrati nelle campagne di San Calogero. Giuseppe Topia – ha continuato Moscato – diceva che parte dei soldi sotto terra di Vincenzo Barbieri li aveva trovati in un bidone Giorgio Galiano. Si trattava di quattro, cinque milioni di euro. Per conto di Barbieri ha operato a Bologna anche Giuseppe Fortuna di Vibo, mentre Bruno Gallace era divenuto amico di Antonio Franzè e Rosario Battaglia in quanto detenuti nella stessa cella. Bruno Gallace con il suocero trafficava droga nella zona di Nettuno“. [Continua in basso]

La deposizione di Mantella

Andrea Mantella

A confermare parte delle dichiarazioni di Moscato, ci ha pensato quindi Andrea Mantella che ha deposto immediatamente dopo. Ex elemento di spicco del clan Lo Bianco-Barba di Vibo e poi ala testa di un gruppo autonomo, Mantella ha confermato di aver investito anche lui del denaro nel narcotraffico fra il 2009 ed il 2011, unitamente ai Piscopisani, a Giuseppe Accorinti, Giuseppe Topia, Filippo Paolì e Antonio Franzè. “Sapevo per via diretta dei traffici di droga messi in piedi da Giuseppe Accorinti – ha sottolineato Mantella – ed a lui ho quindi chiesto appoggio per inserirmi pure io in tali traffici. Per contrasti con Accorinti, il gruppo dei Piscopisani ha quindi collocato una bomba a Vibo alla pasticceria dei familiari di Antonio Franzè che all’epoca era alleato con Accorinti, oltre che con il gruppo di Barbieri e Ventrici. Giuseppe Accorinti si occupava sia di cocaina che di marijuana e nel narcotraffico era legato a Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni. Ed a sua volta a Domenico Campisi, quest’ultimo fatto poi uccidere – ha sostenuto Mantella – dallo stesso Scarpuni. Giuseppe Accorinti si riforniva di cocaina anche tramite Bruno Fuduli, oltre che da Vincenzo Barbieri e Franco Ventrici”.

Le rivelazioni su Ventrici

Rosario Battaglia

Se Raffaele Moscato nel corso della sua deposizione ha sostenuto che il clan dei Piscopisani voleva uccidere nel Bolognese Franco Ventrici, Andrea Mantella ha invece dichiarato che Ventrici aveva conferito incarico a Rosario Battaglia ed al braccio-destro dello stesso Mantella, vale a dire Francesco Scrugli (poi ucciso a Vibo Marina nel marzo 2012), di eliminare due persone a Bologna in cambio di una grossa fornitura di cocaina. Sarebbe stato Francesco Scrugli a raccontare a Mantella di tale incarico di morte ricevuto da Ventrici, mentre il futuro collaboratore di giustizia si trovava detenuto ai domiciliari nella clinica Villa Verde di Donnici.

La “bacinella” dei soldi del narcotraffico e l’omicidio Campisi

L’omicidio di Domenico Campisi

Il sistema del narcotraffico, secondo Mantella, prevedeva la raccolta dei soldi e l’organizzazione delle importazioni di cocaina dalla Colombia e dal Perù da parte di Vincenzo Barbieri e Franco Ventrici, con i soldi investiti da Giuseppe Accorinti, i due cugini Pantaleone Mancuso (Scarpuni e l’Ingegnere), Saverio Razionale e, su suggerimento di quest’ultimo, anche da Mantella. In precedenza Vincenzo Barbieri era vicino a Diego Mancuso, ma i due negli anni ’90 si allontanarono poiché Diego Mancuso aveva molestato – ha sostenuto Mantella – la moglie di Barbieri. Barbieri aveva messo in piedi traffici lucrosi e si facevano più soldi della Banca d’Italia. Alla fine però i due cugini Pantaleone Mancuso hanno ucciso Domenico Campisi e prima ancora Vincenzo Barbieri e Salvatore Drommi. Campisi è stato ucciso per non aver ceduto una grossa partita di stupefacenti ai due Mancuso, che si sono vendicati eliminando prima Drommi e poi U Galatrisi”, ovvero Cosma Congiusti a Nicotera”.

Scarpuni vivo grazie a Razionale

Saverio Razionale

La vendetta contro Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, per l’omicidio di Domenico Campisi sarebbe stata organizzata da Antonio Campisi – figlio di Domenico – con il sostegno dei Piscopisani “e di Salvatore Cuturello. Scarpuni era stato però avvertito da Saverio Razionale dell’agguato pronto nei suoi confronti, in quanto lo aveva saputo da Michele Fiorillo, detto Zarrillo, del clan dei Piscopisani, che era a lui molto vicino. Pantaleone Mancuso se è vivo – ha concluso Mantella – lo deve solo a Saverio Razionale ed ai suoi doppi giochi”.

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