Vibo, il generale Salsano in visita al Museo archeologico Vito Capialbi
Il numero uno dei carabinieri in Calabria, si è recato nel prestigioso sito culturale assieme al colonnello Toti e al tenente Pastori
Il comandante della Legione Carabinieri Calabria, generale di brigata Pietro Francesco Salsano, ha visitato l’importante Museo archeologico di Vibo Valentia, Vito Capialbi. Il numero uno dei carabinieri in Calabria è stato accompagnato dal colonnello Luca Toti, comandante provinciale di Vibo Valentia e dal tenente Veronica Pastori, nel luogo che rappresenta la culla della storia Vibonese, dove sono stati accolti dal direttore del Museo, Maurizio Cannatà e guidati dall’archeologa Mariangela Preta. [Continua in basso]
La storia e la descrizione del Museo. Istituito nel 1969 e intitolato al conte Vito Capialbi, erudito del luogo animato da spirito antiquario, per primo raccolse e custodì le testimonianze della vita della città, ricostruendone la storia dalla fondazione della colonia locrese di Hipponion alla costituzione della colonia romana di Valentia. Ospitato inizialmente nell’antico Palazzo Gagliardi, dal 1995 il Museo ha sede nel Castello Normanno-Svevo della città che, nella sua struttura originaria e più antica, risale all’epoca di Federico II. Il riutilizzo dell’imponente complesso monumentale è stato reso possibile da un accurato intervento di restauro e di recupero funzionale. I materiali esposti provengono dagli scavi effettuati nella città e nel suo territorio a partire dalle prime ricerche effettuate da Paolo Orsi nel 1921. Accanto ai reperti rinvenuti nelle indagini archeologiche, sono presenti quelli provenienti dalle prestigiose raccolte Capialbi, Cordopatri e Albanese. Le collezioni del Museo illustrano la storia e l’archeologia del territorio, dalla preistoria (primo piano) all’età greca (piano terra e primo piano) e a quella romana e medioevale (piano terra).
L’allestimento, basato su criteri cronologici e topografici, ha inizio con manufatti di età protostorica e con reperti provenienti dagli scavi condotti nelle aree sacre della città magnogreca. L’area sacra di Scrimbia ha restituito manufatti databili tra la fine del VII e la fine del V secolo a.C.: ceramiche corinzie, rodie e attiche, anche di grandi dimensioni, bacili ed elmi in bronzo, statuette votive e oreficerie di notevole qualità, tra cui orecchini, anelli, fibule, spilloni. Sono stati rinvenuti nella stessa area i frammenti architettonici di un grande tempio dorico, databili intorno al 550 a.C. Dal Cofino provengono alcuni pinakes di produzione tipica di Locri Epizefiri e due modellini di tempio in terracotta, ricchi di dettagli. Il piano terra espone reperti ritrovati nelle necropoli di Hipponion (fine VII – IV secolo a.C.), tra i quali spicca una laminetta aurea attestante il culto orfico con un’iscrizione in dialetto dorico-ionico che fornisce consigli per il passaggio del defunto nel mondo dei morti. L’itinerario prosegue con i materiali di età romana. Di notevole fattura le statue di togati e la testa in marmo di Agrippa, alcuni corredi sepolcrali con lucerne dalle decorazioni molto raffinate, contenitori e unguentari in vetro di pregevole fattura. Un’apposita sezione al primo piano espone parte della collezione Capialbi, con il ricco monetiere che rappresenta un riferimento numismatico tra i più importanti in Calabria. All’archeologia subacquea è dedicata ampia attenzione: tra i vari reperti viene presentata la ricostruzione parziale della chiglia di un’imbarcazione e alcune anfore e ancore di diverse epoche rinvenute in buona parte nei fondali vibonesi.
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