Uccise la fidanzata, a rischio annullamento l’ergastolo per il vibonese De Pace
La Corte d’Assise d’Appello di Messina dovrà esaminare fra i motivi di ricorso dei difensori il vizio formale riguardante il compimento dei 65 anni di età di uno dei giudici popolari nel corso del processo di primo grado. Sconcertati i genitori di Lorena Quaranta
Rischia di essere annullata la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado dalla Corte d’Assise di Messina ad Antonio De Pace, 30 anni, di Dasà, arrestato dopo aver confessato di aver ucciso la sua fidanzata Lorena Quaranta, la giovane agrigentina morta nella notte fra il 30 e il 31 marzo 2020 a Furci Siculo, nel Messinese. Il primo motivo del ricorso in appello da parte del difensore – l’avvocato Salvatore Silvestro, che unitamente all’avvocato Bruno Ganino difende De Pace – è infatti l’età di uno dei giudici popolari che nel corso del processo di primo grado ha superato i 65 anni. Tale vizio formale, se accolto dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Messina, rischia di far annullare la condanna all’ergastolo. Condanna al carcere a vita arrivata in primo grado nonostante l’esclusione della premeditazione nel delitto. A quel punto, il processo nei confronti di Antonio De Pace sarebbe da rifare e dovrebbe ripartire dal primo grado di giudizio. Ipotesi remota? Per nulla, poiché vi sono dei recenti precedenti. Il più clamoroso – proprio perché due dei giudici popolari aveva superato il 65esimo anno di età – è l’annullamento della condanna a 22 anni di reclusione nei confronti del 58enne Luigi De Domenico, accusato dell’omicidio volontario della sua ex – un avvocato di 45 anni – alla quale aveva nascosto di avere l’Aids. [Continua in basso]
«Ho letto l’atto d’appello e l’ho comunicato ai familiari di che sono sconcertati per un dolore e una ferita che si riaprono». Così all’Agi l’avvocato Giuseppe Barba, parte civile nel processo per il femminicidio di Lorena Quaranta.
«Interpretiamo la norma che prevede il requisito dei 65 anni di età per i giudici popolari – ha ancora affermato il legale di parte civile – come giudizio di ammissibilità allorquando viene sottoscritto il verbale di giuramento e di conferimento di incarico di giudice popolare. Ci sono orientamenti che sono stati oggetto di allegazione da parte del difensore dell’imputato che hanno avuto seguito con una recente sentenza della Corte d’Assise d’Appello, ma ogni processo ha una sua storia e un suo epilogo. Siamo fiduciosi nel fatto che si utilizzi l’interpretazione giurisprudenziale che ritiene l’ammissibilità al momento della sottoscrizione del giuramento e non già nel momento in cui il processo venga definito. Speriamo si formi un indirizzo giurisprudenziale diverso e più garantista che guardi non soltanto alla difesa tecnica dell’imputato, che è sacrosanta, ma anche all’interesse dei congiunti della vittima che si vedono costretti a subire un ulteriore processo».
Dal canto suo, l’avvocato Maria Gianquinto – presidente del centro antiviolenza Cedav – ha spiegato che «se l’eccezione dovesse essere accolta sarebbe un grave stop del sistema giustizia che avrà ripercussione sulle persone offese e penso in particolare alla sofferenza della famiglia che ha subito la perdita della propria figlia e che ha dovuto assistere alla celebrazione di un procedimento per femminicidio». Anche il centro antiviolenza Cedav figura quale parte civile nel processo per il femminicidio di Lorena Quaranta. «Penso alla sofferenza provata da familiari ogni volta che tornavano nell’aula di giustizia e che dopo una sentenza, frutto di un approfondito percorso istruttorio, rischiano nuovamente essere sottoposti a tutto questo, anche se l’eccezione, qualora venisse accolta, non entrerà nel merito della valutazione della responsabilità dell’imputato. Restiamo sempre vicini alla famiglia con il nostro ruolo di centro donna antiviolenza».
Per la Procura di Messina, l’omicidio di Loredana Quaranta è stato commesso per futili motivi e con premeditazione: il pm di primo grado aveva ricordato i messaggi di De Pace con i propri familiari via WhatsApp prima del delitto, con i quali manifestava la volontà di trasferire i risparmi, accumulati nel proprio conto corrente, ai nipoti: messaggi che ha poi cancellato dal cellulare per non lasciare tracce. Per la Procura il segno che aveva pianificato il delitto attuato nella villetta di via Delle Mimose ed era certo delle conseguenze che ne sarebbero derivate. Antonio De Pace, secondo quanto ricostruito dalle indagini, ha colpito Lorena con un oggetto contundente per tramortirla e poi le ha messo le mani al collo per strangolarla, causandone la morte pochi istanti dopo per asfissia acuta da soffocazione diretta. La ragazza è morta per asfissia da soffocamento secondo i risultati dell’autopsia disposta – unitamente ad accertamenti tecnici irripetibili affidati al laboratorio scientifico dell’Arma dei carabinieri – dalla Procura di Messina.
Antonio De Pace aveva affermato di aver ucciso la fidanzata con una coltellata allo stomaco, ma gli accertamenti medico legali hanno invece confermato lo strangolamento, oltre a dei traumi da corpo contundente e poi calci e pugni.
Il reato contestato ad Antonio De Pace era quello di omicidio volontario pluriaggravato dai motivi abietti o futili, poiché il fatto è stato commesso su una convivente stabile o da soggetto legato da una relazione sentimentale. Lorena Quaranta non presentava alcuna ferita da arma da taglio ma solo una ferita sul volto provocata probabilmente da un oggetto durante la colluttazione con Antonio De Pace. Importanti ai fini processuali anche le analisi sugli smartphone e sui pc di Lorena Quaranta e di Antonio De Pace, sequestrati nell’abitazione della vittima, alla ricerca della vera causa scatenante il fatto di sangue.
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