Ucciso sotto gli occhi del figlio di 6 anni a San Gregorio d’Ippona, cancellato un ergastolo
La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ribalta la sentenza di primo grado per l’omicidio di Carmelo Polito avvenuto con cinque colpi di pistola in pieno centro abitato l’1 marzo 2011
Assolto per non aver commesso il fatto e condanna all’ergastolo cancellata. La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Gabriella Reillo, ha ribaltato la sentenza di condanna nei confronti di Francesco Pannace, 35 anni, di San Gregorio d’Ippona, accusato dell’omicidio di Carmelo Polito, di 48 anni, freddato l’1 marzo 2011 in pieno centro abitato a San Gregorio d’Ippona con cinque colpi di pistola calibro 7,65 davanti agli occhi del figlio, miracolosamente scampato all’agguato. Il verdetto di condanna all’ergastolo era stato emesso in primo grado il 14 aprile dello scorso anno dal gup distrettuale Filippo Aragona al termine di un processo celebrato con rito abbreviato. La conferma della sentenza di primo grado era stata chiesta anche dalla Procura generale di Catanzaro al termine della requisitoria, ma è prevalsa la tesi della difesa che con gli avvocati Gianni Puteri e Giuseppe Alvaro avevano richiesto e ottenuto una riapertura dell’istruttoria dibattimentale perché venisse trascritta una conversazione ambientale del 7 maggio 2011 che il gup aveva interpretato come una confessione del Pannace per l’omicidio di Carmelo Polito. [Continua in basso]
Il delitto era stato immortalato dalle telecamere di videosorveglianza installate in una vicina officina meccanica. Da qui i militari del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Vibo e quelli del Reparto Operativo erano partiti per ricostruire l’agguato compiuto da due soggetti travisati da passamontagna che avevano colpito la vittima alle spalle mentre stava passeggiando con il figlio di soli sei anni su corso Italia a San Gregorio d’Ippona. Secondo l’accusa, a sparare sarebbe stato Francesco Pannace, detenuto anche per un altro efferato omicidio: quello del boss di San Giovanni di Mileto Giuseppe Prostamo, ucciso il 3 giugno 2011 a San Costantino Calabro. Delitto per il quale Francesco Pannace sta scontando in via definitiva una condanna a 30 anni di reclusione.
La perizia sull’intercettazione ambientale chiesta dagli avvocati Gianni Puteri e Giuseppe Alvaro (difensori di Pannace) ha evidenziato un contenuto della conversazione diverso da quello trascritto dalla polizia giudiziaria.
Qualche mese dopo l’omicidio di Carmelo Polito, conversando in auto con un giovane del posto (Luigi Mancuso), secondo l’accusa si sarebbe fatto sfuggire una frase emblematica per le indagini: “Ma hai saputo che mi hanno inculato no?… perché ho ammazzato questo figlio di puttana”. All’affermazione di Pannace, il suo interlocutore chiedeva: “Chi Polito ?” e lui rispondeva: “Era pazzo! E così via… per te, per me e per gli altri”.
La nuova perizia ha però permesso di stabilire che Francesco Pannace nell’intercettazione ha riferito al suo interlocutore qualcosa di diverso, ovvero che “in giro si diceva che era stato lui ad uccidere Carmelo Polito”. La difesa nel corso della discussione ha anche evidenziato come i tre collaboratori di giustizia – Andrea Mantella, Raffaele Moscato e Bartolomeo Arena – abbiano fornito tre differenti versioni con riferimento al movente ed agli esecutori materiali dell’omicidio di Carmelo Polito.
Attraverso l’ascolto di altra intercettazione ambientale avvenuta in carcere fra i due cugini Pannace – Francesco e Giuseppe – gli investigatori erano poi riusciti a recuperare solo un passamontagna (su cui non è stato fatto alcun accertamento stub o del dna per poter affermare che sia stato utilizzato per l’omicidio Polito), ma non l’arma del delitto ed anche questo ha alla fine pesato sul verdetto assolutorio di secondo grado.
Carmelo Polito – secondo l’impalcatura accusatoria e le indagini – sarebbe stato ucciso poiché considerata persona aggressiva e “solita andare in giro per chiedere soldi o prendersi le cose senza pagare il prezzo”. Annoverava diversi precedenti penali per furto, rapina, omicidio e tentato omicidio. Un atteggiamento che avrebbe creato malcontento tra gli abitanti di San Gregorio d’Ippona che vivevano con il terrore. Tra l’altro Polito era appena uscito dal carcere psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto dove era stato detenuto. Secondo il collaboratore Raffaele Moscato, la vittima sarebbe stata “giustiziata” in pieno giorno per uno schiaffo inflitto due anni prima allo zio di Francesco e anche per dei “buffetti sulla guancia”, a mo’ di richiamo, dati a Rosario Fiorillo (elemento di spicco del clan dei Piscopisani) in carcere. La tesi degli inquirenti non ha però retto al vaglio della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ed è prevalsa la linea difensiva degli avvocati Gianni Puteri e Giuseppe Alvaro.
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