Il reddito di cittadinanza, misura per fannulloni o salvezza per milioni di italiani?
Nell’animato dibattito interviene lo storico e scrittore vibonese Michele Furci, per il quale il RdC rappresenta una misura di equità sociale
Forse non c’è mai stato, nella storia dell’Italia repubblicana, un argomento più divisivo di quello che ruota intorno al Reddito di Cittadinanza. Da una parte c’è chi accusa i percettori di essere una massa di fannulloni felici di ricevere il sussidio dello Stato senza far nulla, dall’altra c’è chi invece sostiene che la misura sia stata, in realtà, la salvezza per milioni di italiani e che vada difesa per impedire che le mafie approfittino della povertà per sostituirsi allo Stato. Nell’animato dibattito si registra l’intervento dello storico e scrittore vibonese Michele Furci, per il quale il reddito di cittadinanza rappresenta una misura di equità sociale che dovrebbe contraddistinguere i tempi della civiltà raggiunta dopo due secoli di rivoluzione industriale e, a sostegno della sua tesi, utilizza alcuni argomenti legati alla storia italiana del dopoguerra. [Continua in basso]
«Non è stato così- si chiede Furci- per l’avvento della sanità pubblica e gratuita per tutti i cittadini, introdotta in Italia con la legge n.833 del 1978, secondo i principi di universalità, uguaglianza, equità e prescindendo dalla condizione sociale di ognuno? E non è stato così – rimarca ancora lo studioso – quando, con l’art.26 L.153/69 fu deciso che nessun sessantacinquenne dovesse rimanere senza un minimo di sostentamento, istituendo perciò la pensione sociale prescindendo dal versamento dei contributi previdenziali? E, prima ancora, la collettività non si è assunta il costo sociale per istituire la scuola pubblica, obbligatoria e gratuita per i primi otto anni, come diritto universale per ogni cittadino? E ancora – incalza Furci- non sono forse costi sociali quelli occorrenti per tenere in piedi tutto l’apparato pubblico, istituzionale e non, per il quale si sostengono spese esorbitanti per enti vari, talvolta inutili e dispendiosi? E che dire, da ultimo, del finanziamento pubblico delle testate giornalistiche e delle tv private, elargito sulla base del principio che il diritto all’informazione è una conquista sociale di civiltà?
E tuttavia- questa la conclusione di Michele Furci- i professionisti della mistificazione sono responsabili moralmente del più grande inganno dell’attuale storia del Paese. A fronte di un bilancio dello Stato di circa mille miliardi di euro, nelle cui voci di spesa vi è l’insieme delle misure con cui si sovvenziona di tutto, prendersela con gli ultimi per una manciata di milioni di euro, come si è fatto in maniera martellante sin dal primo giorno dell’introduzione del reddito di cittadinanza, è un segno di egoismo e inciviltà che, con il tempo, poiché si tratta di una macroscopica ingiustizia sociale, si ribalterà su quanti dimostrano con il loro cinismo di essere senza anima e senza dignità».