Littorina: la storia dell’insegnante in ritardo la mattina di quel 17 novembre 1951
Sull’automotrice vi erano diversi operai e anche un docente. L’uomo, di solito puntualissimo, quel giorno era stranamente in ritardo. Il capotreno aveva quindi atteso qualche minuto consentendogli di non perdere la corsa. Poi il tragico incidente
Nella vita di ognuno ci sono tanti treni: treni che sfrecciano e non si fermano, treni che si fermano ma che non aprono le porte, treni che aprono le porte ma non sappiamo decidere se salire o meno e per tutta la vita ci si domanderà qual era la scelta giusta da fare e, infine, un treno sul quale non vorremmo mai salire ma sul quale bisognerà salire per forza. La mattina del 17 novembre 1951, l’automotrice percorreva, con settanta persone a bordo, il tracciato ferroviario conosciuto come Pizzo-Porto Santa Venere-Mileto, importante opera di alta ingegneria inaugurata il 2 luglio 1917. [Continua in basso]
Nelle previsioni progettuali originarie, la linea avrebbe dovuto congiungere, con un percorso di circa 120 Km., Porto Santa Venere a Soverato, consentendo il collegamento Tirreno-Ionio su strada ferrata. Quella mattina, sull’Emmina M1-36, c’erano passeggeri di un po’ tutti i paesi del Vibonese: Mileto, Francica, San Costantino, Vibo. Molti di essi erano operai che si recavano a Vibo Marina per prendere servizio presso il Cementificio Segni. Tra di essi viaggiava anche un insegnante, di solito puntualissimo, ma quel giorno stranamente ritardatario. Il capotreno, Giuseppe Pisano, essendo suo conoscente, l’aveva atteso qualche minuto oltre l’orario, consentendogli in tal modo di non perdere la corsa. Ma nella vita ci sono percorsi che portano più a un destino che a una destinazione.
La Emmina correva alla velocità di 70 km. orari, tanto per quei tempi, quando il capotreno e il macchinista, Giuseppe Scicchitano, videro improvvisamente cedere l’ultima arcata del ponte “Ciliberto”, tra Pizzo e Vibo Marina. I conducenti dell’automotrice non ebbero neanche il tempo di pensare e tutto si svolse in pochi, interminabili, minuti. La littorina, con il suo carico di vite umane, precipitò nel vuoto da un’altezza diciotto metri. Nove persone perirono sul colpo, altre due moriranno in seguito alle ferite riportate, altre quaranta rimasero ferite in maniera più o meno grave. Tra le vittime, per un tragico gioco del destino, anche l’insegnante che avrebbe voluto arrivare in ritardo all’appuntamento con la morte. Il capotreno Pisano rimase seriamente ferito ma, soprattutto, sentì per tutta la vita una sorta di rimorso, naturalmente immotivato, per aver atteso quel passeggero stranamente ritardatario quella mattina.
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