«Questione cinghiale, scelte fallimentari. È il trionfo della demagogia politica»
Intervento di Pino Paolillo (Wwf): «La Regione persevera nell’errore di affidare la soluzione alla categoria che, nel cinghiale, ha trovato l’irrinunciabile escamotage per sparare sulla maggior parte del territorio e per più tempo»
Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Pino Paolillo, responsabile del settore Conservazione del Wwf-Calabria.
Nonostante i clamorosi fallimenti registrati negli anni dalla Regione Calabria in tema di gestione (si fa per dire) del problema cinghiale, lo stesso Ente persevera nell’errore di affidarne la soluzione proprio alla categoria che, nel cinghiale, ha trovato l’irrinunciabile escamotage per realizzare il sogno mai abbandonato: sparare sulla maggior parte del territorio e per più tempo. Una sorta di cavallo di Troia per aggirare i limiti imposti dalle leggi in materia di parchi nazionali e tutela della fauna selvatica. Da qui i famigerati “ripopolamenti” (in zone dove del suide non c’era più neanche l’ombra), realizzati in passato con tanto di benedizione di politici e silenzio, per non dire approvazione, degli stessi agricoltori. Quanto ai risultati che certificano il totale fallimento di queste scelte e il trionfo della demagogia politica, sono poi i numeri e i documenti a parlare chiaro. A cominciare dal comunicato stampa del 7 dicembre del 2011, con cui la Provincia di Vibo annunciava solennemente che, con gli abbattimenti selettivi, il numero degli ungulati nelle campagne vibonesi si sarebbe normalizzato “nel giro di poco tempo” e che i problemi alle colture agricole sarebbero potute diventare “presto solo un ricordo”. Sono passati 11 anni, ma, chissà perché, gli agricoltori continuano a protestare. Primo fallimento. [Continua in basso]
Poi la Regione ha approvato due piani di abbattimenti “selettivi”, uno per la stagione 2016/17 e un altro per il 2018, praticamente identici. Cioè, per una specie come il cinghiale, che è la più mutevole dal punto di vista demografico, si fotocopia un piano e lo si ripropone per l’anno successivo. Geniale. Il piano di abbattimento 2016/17 (registro dei Decreti dei Dirigenti della Regione n. 9419 del 4/8/2016) prevedeva infatti l’abbattimento di 3375 cinghiali, esattamente lo stesso numero previsto per il 2018! (Decreto n.2780 del 3/4/2018). Risultato: su 3375 cinghiali che si dovevano uccidere nel periodo luglio 2016/luglio 2017, ne sono stati abbattuti 384, cioè poco più del 10%. Anche stavolta ennesimo fallimento, tranne che per la Regione, secondo cui invece:” il piano, “per grandi linee” (?) “ha conseguito l’obiettivo prefissato, vale a dire quello di fronteggiare lo sproporzionato aumento della popolazione di cinghiale, ad un livello sostenibile per l’ecosistema ed a limitare i danni arrecati alle colture agricole”. Gli stessi risultati degli anni successivi ( 1480 capi nel 2019-20 e 2377 nell’annata 2020-21) sono ridicolmente inferiori rispetto ai fantasiosi obiettivi fissati.
Insomma, di nuovo tutto risolto per la Regione, tranne che per gli agricoltori. È come avere un medico che, dopo avervi prescritto una medicina che si è poi rivelata non solo inefficace, ma addirittura dannosa, ve la ripropone tale e quale, e voi la riprendete! Fuor di metafora: non si è mai visto al mondo che i cacciatori di cinghiale vogliano eliminare la materia prima della loro attività. Non è che ci voglia molto per capirlo: il problema è che conviene far finta di non capire e continuare all’infinito con questa ridicola manfrina.
Ma l’apoteosi del delirio si raggiunge quando si passa dai circa tremila capi da abbattere, a soli 500, per poi risalire a 11.000 cinghiali che avrebbero dovuto essere eliminati dai soli selettori nel periodo maggio 2021- aprile 2022 suscitando le perplessità dello stesso Ispra (7 maggio 2021) circa la “reale conseguibilità attraverso la caccia di selezione”. Un’autentica sarabanda numerica da fare ammattire gli studiosi di popolazioni animali, soprattutto in considerazione del fatto che, se prendiamo come parametro di riferimento il numero dei cinghiali abbattuti dalle squadre in tutta la regione, scopriamo che nel giro di tre anni (tra il 2014 e il 2017), tale numero si è più che dimezzato, passando da 13.550 a 6.059 capi. E allora, sulla base di quali dati accertati (e non discorsi da bar dello sport) relativi alla consistenza della popolazione di cinghiali in Calabria, si stabiliscono delle quote proporzionali di abbattimento?
Domande destinate a rimanere senza risposte, visto che ormai i cinghiali da abbattere ogni anno sono diventati un po’ come le proposte di aumentare le pensioni alla Cetto La Qualunque (1000 euro? 2000!). E le prospettive sarebbero talmente entusiasmanti da far scaturire (ve la ricordate?) un’altra fantastica trovata: la filiera della carne di cinghiale, direttamente dal bosco o dalla macchia alle tavole dei Calabresi. Ma allora delle due l’una: si vuole debellare davvero il flagello per salvare granturco e patate, o si vuole assicurare “ad libitum” la materia prima per cosciotti e costate nelle celle frigorifere della filiera?
L’ultimo annuncio in pompa magna racconta infine dell’ennesimo miracoloso “piano” per abbattere” 82.000 cinghiali (perché non 100.000, cifra tonda?) stanandoli non solo dai boschi, ma anche dalle aree “urbane e periurbane”, per cui ci auguriamo che i cittadini vengano almeno avvisati in tempo con gli altoparlanti dell’imminente coprifuoco, prima che si scateni, carabine in pugno, la ricerca del pestilenziale nemico. Comunque vada, in caso di proficua caccia urbana, bisogna chiamare il veterinario per i controlli previsti dalla legge, lavare e disinfettare l’asfalto, smaltire le carcasse, per cui, ipotizziamo, è stata prevista una perfetta macchina organizzativa per prevenire qualsiasi problema di natura igienico/sanitaria. Inoltre, parafrasando Giovenale (chi controlla i controllori?) immaginiamo anche che interi reparti dei carabinieri, della polizia e della finanza (che in Calabria, notoriamente, non hanno altro a cui pensare), saranno destinati alle operazioni di controllo sul rispetto del piano e sulla circolazione delle armi, notte e giorno, su tutto il territorio regionale. Di ricorrere agli incentivi agli agricoltori per dispositivi di dissuasione (recinti elettrici), o di utilizzare i chiusini efficaci per catturare l’ungulato neanche a parlarne. Non sia mai i cinghiali dovessero diminuire veramente e addio passatempo.