lunedì,Settembre 30 2024

A Moladi di Rombiolo la presentazione del romanzo di Mario Soldano “I fatti di Livari”

Esordio come narratore per Mario Soldano. La storia è ambientata nella località dove l’autore ha vissuto la prima parte della sua vita. Grande partecipazione della comunità che si è riscoperta protagonista di un intenso sentimento nostalgico

A Moladi di Rombiolo la presentazione del romanzo di Mario Soldano “I fatti di Livari”
Mario Soldano

L’esperienza vissuta a Moladi, piccola frazione nel comune di Rombiolo, la sera del 9 agosto, può essere senz’altro definita come memorabile, sia per la partecipazione del pubblico e sia per i sentimenti che sono emersi. Il genius loci è stato il romanzo scritto da Mario Soldano, che racconta “I fatti di Livari”. Opera prima con cui l’autore si è voluto “ripresentare” alla comunità in cui affondano le sue origini, per dare voce alla memoria collettiva. Il romanzo è un viaggio che rievoca la storia di questa piccola località dal dopoguerra fino ai primi anni Sessanta, quando entra in scena la televisione. E quindi quel mondo sopravvissuto per secoli, la cultura contadina e la struttura antropologica che aveva retto i rapporti sociali e umani, si trasforma sotto l’inarrestabile e inesorabile maglio del consumismo e della civiltà industriale. La televisione entra con prepotenza nelle case e nella vita privata delle famiglie, cambiando le relazioni, i sentimenti e i comportamenti. I protagonisti e gli episodi narrati da Mario Soldano fanno parte dei ricordi della sua infanzia e adolescenza. Quindi l’autore de “I fatti di Livari” è anche un testimone oculare, un historeo, come si definiva lo storico Erodoto, dei fatti narrati. [Continua in basso]

Il romanzo (edito nel 2021, già alla seconda edizione), è stato presentato nello spazio dell’oratorio. Ad introdurre il sindaco di Rombiolo Domenico Petrolo, il quale ha messo in luce l’importanza dell’occasione che permette alla comunità di Moladi di riconoscersi nelle storie raccontate da Mario Soldano, con cui ha condiviso la comune esperienza delle scuole elementari. Ha ringraziato la comunità, le associazioni che si sono impegnate nell’organizzazione, a partire da don Antonio Pagnotta, il quale non ha fatto mancare il suo saluto. A focalizzare lo sguardo storico, descrivendo il contesto sociale e antropologico in cui si sono svolti i fatti narrati, il prof. Saverio Di Della (storico) il quale conosce bene la storia di Rombiolo, perché si è occupato in diverse occasioni del territorio (in particolare nel saggio storico “Le terre bianche di Rombiolo”).  Nel suo articolato intervento ha messo in luce le condizioni umane e sociali dei contadini, dei braccianti e degli artigiani, le classi povere che subivano il potere oppressivo della classe dominante, vale a dire i proprietari terrieri. In questa rievocazione ha ricordato la figura di “padre Micu” Contartese, storico sindaco di Rombiolo e protagonista delle lotte contadine. Nel suo excursus ha ripercorso alcune tradizioni, le condizioni e i ritmi dei lavori che si svolgevano nelle campagne, ma anche i saperi e l’eredità millenaria della civiltà contadina e il contesto della vita sociale delle piccole comunità come quella di Moladi. Poi si è soffermato sul valore del dialetto e su come nel libro di Mario Soldano ci siano molti passaggi ed espressioni idiomatiche dialettali che rendono ricco il linguaggio e identificano un modo di essere oltre ai modelli culturali della sapienza popolare. Una memoria di tanti che hanno vissuto quel periodo che ancora conservano, come dimostra il romanzo di Mario Soldano.

A completare l’analisi testuale e contenutistica del romanzo Nicola Rombolà (docente di Materie letterarie). Nel suo intervento ha spiegato che Soldano ha avuto l’abilità narrativa di dare voce e luce ad un mondo ormai perduto: da una parte la ricostruzione meticolosa dell’ambiente umano e del contesto sociale, dall’altro la capacità di intrecciare delle storie e di far venire fuori i sentimenti, le passioni, le emozioni che vivono le persone. Non a caso, ha osservato Rombolà, il testo si presta a diverse letture: può essere considerato un romanzo di ambientazione storico-realistico, ma anche saggio antropologico. Nel corso della presentazione sono intervenuti anche Saro Contartese, ex compagno alla scuola elementare di Soldano, che ha rievocato quei momenti recitando un piccolo poema in dialetto, e quello di Michele Contartese, ricordando Moladi in quel periodo storico e i sentimenti personali e collettivi che allora si vivevano. [Continua in basso]

L’autore de I fatti di Livari, ha ringraziato la comunità di Moladi per l’accoglienza e l’organizzazione della serata e ha confessato la sua intensa e inaspettata commozione nel ritrovare vecchi compagni e nel rivivere l’atmosfera dei luoghi dove è cresciuto, le esperienze dell’infanzia e dell’adolescenza. Lo spirito che lo ha ispirato nella scrittura del romanzo, come ha confessato Soldano, sono le parole di Corrado Alvaro, tratte dal brano Memoria e fantasia (1934), che l’autore ha voluto leggere per il loro valore:

“Ognuno di noi vive nel riflesso di quello che fu ragazzo, e avanzando negli anni i ricordi e le impressioni divengono più chiare, escono dai loro nascondigli, il presente si colora del riflesso del passato. La seconda parte della vita nostra la passiamo come in un paese straniero, in esilio; e ogni mutamento cercato che ci debba mutare ci trova sempre estranei ( … ). L’infanzia e l’adolescenza, e gran parte della giovinezza sono l’inventario dell’universo, la riserva dei tempi in cui avrà cessato di parlare la fantasia…”.  

La storia di Mario Soldano è quella di tanti emigranti che hanno lasciato il luogo natio per andare a vivere al Nord alla ricerca di opportunità di lavoro e per riscattare la propria condizione sociale (risiede a Cologno Monzese, dove è stato anche sindaco per due mandati). L’esigenza di scrivere quindi non è solo di nostalgia nel suo significato etimologico (desiderio struggente del ritorno nei luoghi natii), ma si tratta di un fatto esistenziale più profondo che ha a che fare con l’identità e la memoria autobiografica e antropologica nel rapporto che si genera con i luoghi, in un frangente storico dove la trasformazione operata con l’utilizzo sempre più sistematico della tecnica e della tecnologia, cancella le impronte umane e le memorie che identificano e formano la coscienza di ogni individuo nella relazione con l’ambiente in cui vive. Il ritorno a quegli anni della sua infanzia e adolescenza per Soldano ha significato il recupero, non solo della memoria, ma anche di un patrimonio di sentimenti e di affetti che altrimenti rischiavano di perdersi nel vortice di un tempo sempre più meccanico, anonimo e indistinto; ed in questo processo l’uomo si ritrova ad essere un ingranaggio, un prodotto, una merce. I fatti di Livari è soprattutto un romanzo sull’identità e sulla memoria, snodi cruciali dell’esistenza umana e della visione del mondo proprio alla luce di quello che sta succedendo sotto i nostri occhi, attraverso le chiavi di lettura di ogni storia contemporanea: nei segni, nei fenomeni e nelle testimonianze del presente possiamo riconoscere il disegno occulto o manifesto della storia recente o remota.

Dalla microstoria narrata si staglia la grande storia, una storia universale che si irradia come una luce profonda che illumina l’orizzonte. Ci sono dei riferimenti reali della località: da Vibo Valentia che nella memoria collettiva ancora era Monteleone, alle terre bianche di Rombiolo, alla spiaggia di Nicotera, al borgo di Motta Filocastro, con la descrizione geografica e paesaggistica del territorio. I personaggi sono espressione di un mondo secolare sia per i sentimenti di cui sono portatori, ma anche per quello che rappresentano simbolicamente nella memoria collettiva, per la coralità che l’autore fa lievitare richiamando la saggezza popolare. Soprattutto alla luce delle profonde trasformazioni determinate dalla mutazione antropologica e omologazione culturale. Queste sono chiavi interpretative osservate già a partire dai primi anni Cinquanta, in cui il cambiamento dei luoghi inizia nella sua dirompente azione, senza che le persone siano state consapevoli di quello che stava accadendo ai loro corpi e ai loro comportamenti.  

Il romanzo è impregnato di una memoria archeologica e sentimentale: sia nel senso che è costante il richiamo alla civiltà classica e magnogreca, sia attraverso un lavoro etimologico di scavo maieutico di alcune parole dialettali, e sia per le diverse citazioni colte e dotte presenti nel testo che riescono a dare una risonanza universale alle vicende locali dei protagonisti.

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