I tirocinanti sollecitano al prefetto di Vibo l’apertura di un tavolo istituzionale
I lavoratori si sono rivolti a Roberta Lulli sperando che la questione venga affrontata «in maniera risolutiva, con la consapevolezza che tutelare il proprio diritto al lavoro è prima di tutto una battaglia di dignità»
I tirocinanti di Vibo Valentia si sono rivolti al prefetto Roberta Lulli e hanno sollecitato la convocazione di un tavolo tecnico alla presenza di tutti i rappresentanti istituzionali del territorio. «È la storia dei “tirocini di inclusione sociale” che in Calabria, in realtà, è sinonimo di precarietà – si legge in una nota stampa -. Da dieci anni, infatti, gli ex percettori della mobilità in deroga nei vari Enti pubblici italiani sono stati trasformati in Tis (tirocini di inclusione sociale, appunto). La Calabria fa eccezione poiché il personale in questione è stato formato oltre misura, continua a svolgere il suo lavoro, senza mai avere ottenuto un vero contratto. I tirocinanti oggi sono più di quattromila in tutta la regione senza le dovute garanzie contrattuali minime. Sono impiegati in enti pubblici come Comuni, Province, Asl, ospedali. Le mansioni – è scritto ancora – sono le più svariate: dall’operaio, all’addetto al verde pubblico, al carpentiere, idraulico ed anche impiegati nei settori amministrativi dei vari enti. La beffa è che con questo status di tirocinante a vita il guadagno è di 700 euro al mese, alcune volte pagati ogni bimestre, quando va bene». [Continua in basso]
«I tirocinanti potrebbero diventare un dramma sociale»
In questo «strano tipo di rapporto di lavoro», a dire degli interessati, non ci sono diritti ma solo doveri: «Non esiste – si legge nella nota – un periodo di malattia o ferie, se stai a casa per motivi seri l’assenza deve essere recuperata a fine corso. Eppure, i tirocinanti, sono ormai inseriti nei contesti lavorativi delle strutture alle quali sono stati assegnati e offrono un concreto contributo al funzionamento degli uffici e nell’erogazione di servizi, anche grazie alle varie competenze acquisite nei numerosi anni di lavoro. Ma nessuno sembra accorgersene. Tanto che la loro precarietà – vien annotato dai lavoratori – si ripercuote anche nelle famiglie che rischiano di essere estromesse dal circuito lavorativo dopo anni di sacrifici. Una situazione paradossale nei mesi in cui la pubblica amministrazione sembra essere diventata “aperta” alle nuove assunzioni, legate soprattutto al Pnrr. La proroga dei tirocini di inclusione sociale, ratificata lo scorso ottobre, ha durata di 12 mesi e la scadenza è prevista per fine anno. Cosa faranno queste persone dopo la scadenza? Non hanno contributi, non hanno assistenza sanitaria, non hanno alcun diritto. Gli rimane solo il diritto di protestare, come sta avvenendo in varie parti della regione da più mesi, ma senza risultati tangibili. Il dialogo con le istituzioni, tuttavia, e nonostante le proteste, sembra complicato. Fra qualche mese – viene ricordato – i tirocinanti potrebbero diventare un dramma sociale in una regione in cui è inutile fare discorsi sulla legalità se poi si abbandonano dei lavoratori al loro destino».
È per questo che, in ultima istanza, «i lavoratori di Vibo si sono rivolti alla Prefettura, sperando che la questione venga affrontata in maniera risolutiva, con l’assoluta consapevolezza che tutelare il proprio diritto al lavoro è prima di tutto una battaglia di dignità».