Ai calabresi la spesa alimentare quest’anno è costata già 150 milioni in più
Sono i dati di Coldiretti, secondo cui il caldo e la siccità stanno provocando un innalzamento dei prezzi di frutta e verdura. In campagna però i costi superano i ricavi e molte aziende lavorano in perdita
L’inflazione pesa sul carrello dei calabresi, che quest’anno hanno già speso circa 150 milioni di euro in più per prodotti alimentari e bevande. Il tutto mentre nei campi «i compensi per i raccolti decimati da caldo e siccità sono sotto i costi di produzione in forte aumento, costringendo molte imprese agricole a lavorare in perdita». È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi all’inflazione a giugno che «evidenziano un aumento complessivo del 9% dei prezzi dei beni alimentari e delle bevande rispetto allo stesso mese dell’anno precedente». [Continua in basso]
«La siccità con il taglio dei raccolti – sottolinea la Coldiretti – spinge l’inflazione nel carrello della spesa con aumenti che vanno dal +11,7% della verdura al +10,8% per la frutta segnata da pezzature più piccole per la mancanza di acqua e gli agricoltori costretti al diradamento dei raccolti sulle piante per salvare il salvabile. L’estate 2022 si classifica infatti fino ad ora come la seconda più calda mai registrata in Italia con una temperatura media a giugno superiore di ben +2,88 gradi rispetto alla media su valori vicini al massimo registrato nel 2003 secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr che effettua rilevazioni in Italia dal 1800».
A spingere i prezzi, spiega Coldiretti, «è il fatto che si registrano cali del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi. Se i prezzi corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove l’11% delle aziende è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa il 30% del totale nazionale si trova comunque costretta, secondo il Crea, a lavorare in una condizione di reddito negativo per l’aumento dei costi di produzione. In agricoltura si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio».
La Coldiretti insiste sul fatto che «serve responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore anche combattendo le pratiche sleali nel rispetto della legge che vieta di acquistare il cibo sotto i costi di produzione. Vi è poi la necessità di risorse per sostenere il settore in un momento in cui si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e incertezza che deve spingerci ed incoraggiare a difendere la sovranità alimentare».
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