Processo “Lybra”, condanne più pesanti in Appello
I giudici di secondo grado hanno comminato pene maggiori a carico di esponenti e gregari della cosca Tripodi di Vibo Marina accusati a vario titolo di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, usura, frode nelle pubbliche forniture ed estorsione.
La Corte di appello di Catanzaro ha aggravato le condanne nei confronti di capi e gregari della cosca Tripodi della ‘ndrangheta coinvolti nell’indagine “Lybra” e giudicati in primo grado con rito abbreviato. I giudici di secondo grado hanno annullato anche l’assoluzione, emessa dal gup Domenico Commodaro, di Francesco Lo Bianco, che è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione.
Pene più pesanti al termine del processo di secondo grado anche per Antonio Mario Tripodi, condannato a 7 anni e 6 mesi (7 anni in primo grado) e Sante Mario Tripodi, che ha avuto 6 anni e 8 mesi (4 anni e 8 mesi). Confermate invece le altre quattro condanne: Salvatore Vita (9 anni), Nicola Tripodi (8 anni), Gregorio De Luca (2 anni e 8 mesi) e Massimo Murano (3 anni).
L’operazione “Lybra”, che fu coordinata dal pm della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni, decapitò nel maggio 2013 la cosca Tripodi, attiva a Vibo Marina, con l’arresto di 20 persone e il sequestro di beni per circa 40 milioni di euro. Agli indagati vennero contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, usura, frode nelle pubbliche forniture ed estorsione. L’indagine rivelò all’epoca l’esistenza di una mafia imprenditrice che, secondo gli inquirenti, avrebbe esteso i suoi affari anche a Roma e in Lombardia.
Tra gli appalti gestiti da aziende riconducibili alla cosca figurano anche i lavori eseguiti nel 2006 a Vibo Marina dopo l’alluvione.