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Omicidio Piccione a Vibo: aperto il processo in Corte d’Assise a 29 anni dal fatto di sangue

Il delitto del geologo risale al 21 febbraio 1993 e sarebbe stato deciso dai vertici del clan Lo Bianco dopo l’uccisione di un loro congiunto. I giudici si sono riservati sull’acquisizione delle dichiarazioni di Antonio Grillo, alias “Totò Mazzeo”

Omicidio Piccione a Vibo: aperto il processo in Corte d’Assise a 29 anni dal fatto di sangue
Nel riquadro Filippo Piccione
Salvatore Lo Bianco (“U Gniccu”)

Aperto stamane in Corte d’Assise a Catanzaro il dibattimento che mira ad accertare le responsabilità sull’omicidio dell’imprenditore e geologo Filippo Piccione, ucciso in via Dante Alighieri a Vibo Valentia domenica di carnevale del 21 febbraio 1993, intorno alle ore 21.15. Due gli imputati: Salvatore Lo Bianco, 50 anni, detto “U Gniccu” (già in carcere per Rinascita Scott) e il cugino Rosario Lo Bianco, 52 anni, detto “Sarino Pompa” (genero del defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”). La Corte, presieduta dal giudice Alessandro Bravin, ha ammesso le richieste di prova presentate dalle parti, con gli avvocati degli imputati che hanno però chiesto ai giudici di non acquisire agli atti del dibattimento (per come richiesto invece dalla Dda di Catanzaro) le dichiarazioni sul fatto di sangue rese da Antonio Grillo, alias “Totò Mazzeo”, da tempo deceduto, e che aveva iniziato una clamorosa collaborazione con la giustizia.
Ad avviso degli avvocati Vincenzo Gennaro e Giuseppe Orecchio (difensori di Salvatore Lo Bianco) e dell’avvocato Patrizio Cuppari (difensore di Rosario Lo Bianco), Antonio Grillo sarebbe stato sentito dagli inquirenti dell’epoca senza l’assistenza di un legale e quindi in violazione delle norme del codice di procedura penale. Su tale questione (inutilizzabilità delle dichiarazioni di Grillo), la Corte si è riservata la decisione rinviando all’udienza del 15 settembre. [Continua in basso]

L’omicidio di Filippo Piccione, secondo l’accusa sarebbe stato deciso dai vertici della “Società maggiore” del “locale” di ‘ndrangheta di Vibo Valentia e più precisamente per volontà di Carmelo Lo Bianco (“Piccinni”), Carmelo Lo Bianco (“Sicarro”), Vincenzo Lo Bianco e Antonino Lo Bianco (tutti deceduti), nonché per volere di Michele Lo Bianco, Domenico Lo Bianco, Leoluca Lo Bianco (“U Rozzu”), Paolino Lo Bianco, Vincenzo Barba, Filippo Catania e Antonio Franzè, che avrebbero conferito il mandato omicidiario.

Coinvolti nel fatto di sangue – secondo l’accusa rappresentata dal pm Annamaria Frustaci – anche Nicola Lo Bianco (cl. ’72, figlio di “Sicarro”) e Antonio Grillo, detto “Totò Mazzeo”, il primo vittima della “lupara bianca”, il secondo deceduto.

Stralciate dalla Dda le posizioni di: Michele Lo Bianco, 74 anni, detto “U Ciucciu” (fratello di Sicarro), Domenico Lo Bianco, 80 anni, Leoluca Lo Bianco, 63 anni, detto “U Rozzu” (detenuto per Rinascita Scott), Filippo Catania, 71 anni (anche lui detenuto per Rinascita Scott), Antonio Franzè, 56 anni, Paolino Lo Bianco, 57 anni (detenuto per Rinascita Scott), Vincenzo Barba, 70 anni (anche lui detenuto per Rinascita Scott) per i quali si procede quindi separatamente.

Le accuse

Rosario Lo Bianco in una vecchia foto d’archivio

Filippo Piccione era stato ritenuto dal clan Lo Bianco  coinvolto nell’omicidio di Leoluca Lo Bianco (cl. ’68) avvenuto l’1 febbraio 1992 in contrada Nasari a Vibo, con colpi di fucile partiti dalla proprietà di Piccione. Un fatto di sangue, quest’ultimo, rimasto impunito e per il quale non vi è alcuna certezza di una responsabilità da parte di Filippo Piccione. Tuttavia, la convinzione da parte dei Lo Bianco circa un coinvolgimento di Filippo Piccione nell’omicidio di Leoluca Lo Bianco avrebbe portato alla decisione da parte del clan di eliminare il geologo vibonese.

Antonio Grillo (detto “Totò Mazzeo”)

In particolare, Antonio Grillo, alias “Totò Mazzeo”, e Rosario Lo Bianco avrebbero fatto da “palo”, avvertendo gli esecutori materiali in ordine agli spostamenti della vittima designata. Salvatore Lo Bianco (detto “U Gniccu”, (fratello di Leoluca Lo Bianco assassinato l’anno precedente) sarebbe stato accompagnato sul luogo del delitto dal cugino Nicola Lo Bianco (figlio di Carmelo Lo Bianco, “Sicarro”). Sia Salvatore Lo Bianco che Nicola Lo Bianco avrebbero indossato maschere di carnevale. A sparare i colpi di pistola all’indirizzo di Filippo Piccionea due passi da piazza Municipio e nei pressi dell’abitazione della vittima, sarebbe stato Salvatore Lo Bianco (“U Gniccu”). Le contestazioni per Salvatore e Rosario Lo Bianco sono aggravate dalla premeditazione e dalle finalità mafiose.
Le persone offese sono state individuate dalla Dda in Concetta Maria Valente (moglie di Filippo Piccione), Francesca Piccione, Gianluca Piccione, Rocco Piccione, Domenico Piccione, Elisabetta Piccione (figli della vittima). Si sono costituiti parti civili con gli avvocati Francesco Gambardella e Danilo Iannello.

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