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Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, la Calabria si piazza al primo posto

La regione è prima anche nella classifica degli scioglimenti dal ’91, con 113 amministrazioni commissariate su 364

Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, la Calabria si piazza al primo posto
Nicola Morra

Un record in negativo quello battuto dalla Calabria. La nostra regione infatti, nel 2020 si è piazzata al primo posto della classifica dei consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose, con ben 4 comuni su 11, seguita dalla Sicilia con 3, dalla Campania con 2 e da Puglia e Valle d’Aosta con 1. La Calabria è prima anche nella classifica degli scioglimenti dal ’91, con 113 amministrazioni commissariate su 364, pari al 35%. Inoltre, nell’anno della pandemia, il 40%, ossia 21 delle 53 amministrazioni commissariate si trovava in Calabria. Sono questi i dati emersi nella “Relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei Comuni sciolti per mafia”, approvata nelle scorse settimane all’unanimità dalla Commissione parlamentare Antimafia e presentata dal presidente della stessa Commissione, il senatore Nicola Morra. [Continua in basso]

La Commissione, riportando i dati riferiti in audizione dal Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali, sottolinea che gli enti sciolti per mafia tra l’agosto del 1991 e il 30 novembre 2021 sono stati 357 Comuni e 7 aziende sanitarie. E che gli scioglimenti hanno riguardato enti di undici regioni italiane, sottolineando come «il fenomeno non sia più limitato alle regioni dell’Italia meridionale, storicamente interessate dalla presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso, avendo coinvolto, pur se in misura inferiore, anche regioni dell’Italia settentrionale».

La Commissione fa notare che il fenomeno riguarda soprattutto il Sud, in primis la Calabria col 35%, seguita da Campania (30%), Sicilia (25%) e Puglia (6%). Nella classifica emergono anche diversi casi di recidività, con alcuni Comuni sciolti fino a 3 volte. Per tale ragione, nello studio è stata inserita anche una proposta che individua un ruolo per Anac in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione. La Commissione auspica infatti, «l’individuazione di un organismo terzo che provveda, nei comuni sciolti per mafia, al monitoraggio del rispetto della normativa sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione, svolgendo altresì una funzione di supporto e di impulso nei confronti delle commissioni straordinarie».

Per la Commissione, «si potrebbe riflettere sulla possibilità dell’affidamento di tali compiti ad una struttura interna all’Anac». In particolare, Morra propone di affidare proprio ad Anac la realizzazione del Portale unico della Trasparenza. «Abbiamo appurato – ha dichiarato Morra – che la trascuratezza della trasparenza dell’azione amministrativa non avviene solo prima dello scioglimento degli enti, ma anche successivamente, nel corso del periodo di gestione. Ecco perché Anac è fondamentale, sia attraverso la vigilanza collaborativa, che attraverso la realizzazione del Portale unico della trasparenza».

Secondo la Commissione, andrebbe migliorata la normativa che presiede allo scioglimento, visto il ripetersi di scioglimenti. Peraltro, in tre Comuni è stata rieletto sindaco, lo stesso che era in carica al momento dello scioglimento. Lo studio ha poi accertato che il Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza 2020-2022 è stato pubblicato da 45 dei 53 Comuni sciolti per mafia: «4 sono fermi al piano 2019-2021 e 4 al piano 2018-2020 (tra questi Cirò Marina)». In sei degli otto casi di inadempienza inoltre, «la commissione straordinaria era già insediata al 31 gennaio 2020 (data entro la quale andava approvato il Ptpct 2020-2022) e nei rimanenti due la stessa commissione avrebbe avuto, successivamente, tutto il tempo necessario per rimediare alla mancanza».

Morra ha spiegato che «ci sono tante possibilità» per intervenire sui commissariamenti degli enti sciolti per infiltrazioni. «Molto spesso – ha sostenuto – il personale che fa parte delle Commissioni è personale in quiescenza, non sempre si presenta nel Comune dove deve controllare per pochi giorni della settimana. Ricorrere a risorse ancora in attività è un problema, perché comporta costi ulteriori, però permette anche di evitare che si possa, ad esempio, non essere adeguatamente informati rispetto a modifiche legislative intervenute in delicate materie, come quella degli appalti, che genera spesso contenzioso».

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