Psc di Vibo valido per il Tar, l’imprenditore Cascasi preannuncia appello
Non condivise le argomentazioni dei giudici amministrativi di primo grado che hanno rigettato il suo ricorso con il quale chiedeva l’annullamento del Piano strutturale comunale. Accuse alla classe politica
«Rispetto alla decisione del Tar che ha rigettato il ricorso proposto contro l’approvazione del Piano strutturale comunale, è mia precisa intenzione di proporre impugnazione nell’assoluta convinzione della fondatezza delle ragioni giuridiche sottese all’iniziativa giudiziaria portata avanti nell’interesse de La Rada srl». E’ quanto afferma con un comunicato l’imprenditore Francesco Cascasi dopo che i giudici amministrativi di Catanzaro hanno respinto il suo ricorso con il quale chiedeva l’annullamento degli atti di approvazione del Piano strutturale comunale di Vibo Valentia da parte del Comune. [Continua in basso]
«Il mio intervento – spiega Cascasi – non vuole in alcun modo anticipare in questa sede il giudizio di appello ma soltanto segnalare ai lettori che l’oggetto di censura, pur sotto il necessario fondamento dell’interesse attuale e concreto del ricorrente ha, a ben vedere, anche un rilievo sociale e politico che non è stato colto da nessun attore sociale. Nessuna parte politica o associazione culturale, tanto meno i consiglieri comunali, hanno ritenuto di sostenere, se non l’iniziativa giudiziaria, almeno le motivazioni di fondo che sono rintracciabili nel ricorso contro l’approvazione del Psc, criticato nella parte in cui ha inteso salvaguardare l’interesse di un privato al mantenimento di un deposito costiero e sacrificare lo sviluppo turistico di via Vespucci. E’ l’ignavia della politica che, nel momento in cui programma la pianificazione territoriale, non ha coraggio di assumere decisioni radicali. Era questa la posta in gioco con il Piano strutturale comunale: bisognava decidere finalmente se immaginare per Vibo Marina una piena vocazione turistica aprendo la spiaggia di via Vespucci alla bellezza o continuare a mantenere la bruttezza rappresentata dai serbatoi che fanno da sfondo.
Ho volutamente utilizzato le categorie estetiche: quelle di ricaduta economica e sociale sono facilmente intuibili.Veniamo alle ragioni di ricorso. Ho ricordato che il tratto di fascia costiera interessato è stato inquadrato nell’anno 2005 da un primo Piano spiaggia comunale che aveva tra i suoi obiettivi quelli di “sviluppare e qualificare e rendere competitiva l’attività economica dei servizi balneari nonché attribuire alla via A. Vespucci la destinazione ad uso pubblico per il transito ed il parcheggio dei veicoli per i fruitori del lungo tratto di spiaggia che costeggia la strada. Su questa direttrice anche le norme tecniche di attuazione del Porto approvate dalla Capitaneria nell’anno 2013. Orbene, il Piano strutturale approvato dal Comune di Vibo Valentia, nonostante l’iniziale conferma degli obbiettivi di sviluppo turistico impressi all’area demaniale di via A. Vespucci contenuti nel documento preliminare e nel P.S.C. adottato nell’anno 2014, è stato improvvisamente modificato a ridosso dell’ultima fase di approvazione definitiva. Modifiche che hanno completamente stravolto il contenuto e le finalità del Piano e in violazione delle regole procedurali che garantiscono la partecipazione non solo dei cittadini ma anche degli stessi consiglieri comunali alla programmazione dello sviluppo del territorio. Modifiche adottate senza riportare la discussione davanti al Consiglio comunale e aprire alle osservazioni dei cittadini sulla sola base dell’esistenza del Piano di Emergenza Esterna adottato per l’esistenza del deposito costiero di idrocarburi gestito dalla Meridionale Petroli s.r.l. Davanti al Tar Calabria, oltre alla questione specifica del ricorso, è stata sollevata la violazione del diritto dei cittadini e dei suoi rappresentati in Consiglio comunale di decidere quale destinazione dare all’area di via Vespucci. Invece l’amministrazione comunale si è rifugiata dietro l’esistenza del Piano di Emergenza Esterno facendone un totem invalicabile. [Continua in basso]
Il Tar ha ritenuto, sotto un profilo strettamente giuridico che non condivido, che il Piano di Emergenza esterno abbia capacità di travalicare, per forza propria, la programmazione generale. E’ vero che viviamo in tempi nei quali gli organismi regolatori non legittimati da mandato popolare producono atti aventi valore normativo ma ciò accade soprattutto quando la politica è debole, non autorevole e priva di visione. L’Amministrazione comunale di Vibo Valentia aveva davanti a se, attraverso la discussione sul piano strutturale, la possibilità di aprire una stagione di democratica partecipazione favorendo una discussione nella città su cosa immaginare per il Porto di Vibo Marina, il centro storico, le aree a vocazione commerciale, i luoghi di fruizione culturale.Si sarebbero risvegliati entusiasmi di tutte le fasce di popolazione: giovani, ordini professionali, imprenditori, operatori culturali e turistici.Si sarebbe creato fermento attraverso la partecipazione con ricadute anche in termini di sviluppo economico e sociale.Ma questo avrebbe anche significato esporsi, avere il coraggio di sottoporre le idee della maggioranza comunale al vaglio democratico. Invece si è preferito la solitudine del potere; quella solitudine che per troppi anni si raccoglie su se stessa e lascia che il blocco di potere che governa il meridione possa, indisturbato, continuare a tutelare i suoi interessi.E’ cosi i giovani restano nelle città dove hanno completato gli studi, gli imprenditori investono altrove, la spiaggia di Vibo Marina resterà soffocata per mancanza di parcheggi e il centro di Vibo, anche durante questo periodo natalizio, sarà desolatamente vuoto con le vetrine piene solo di cartelli per affitto e vendita.Sono stanco di dover lottare da oltre venti anni e sprecare denaro per avere la possibilità di realizzare un pontile per la nautica da diporto, un albergo e mantenere un ristorante soffocato dalla impossibilità di trovare parcheggio, e sono stanco di frequentare le aule di giustizia e i comandi delle stazioni dei carabinieri per denunciare le angherie della criminalità organizzata. Il coraggio – conclude Cascasi – non si richiede solo agli imprenditori ma è soprattutto la qualità di chi intende fare politica».
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