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Autobomba di Limbadi: un verdetto che fa discutere, fra condanne e assoluzioni

Ecco tutti i singoli capi d’imputazione che non hanno tenuto e le pene accessorie. Disposta la trasmissione degli atti al pm «per le determinazioni di competenza» per i genitori di Matteo Vinci e per un consulente fonico

Autobomba di Limbadi: un verdetto che fa discutere, fra condanne e assoluzioni
L'autobomba di Limbadi e nel riquadro Matteo Vinci
Rosaria Mancuso

E’ una sentenza che farà discutere quella emessa ieri dalla Corte d’Assise di Catanzaro per i fatti legati alla vicenda dell’autobomba di Limbadi costata la vita il 9 aprile 2018 al biologo Matteo Vinci. Accanto alle condanne all’ergastolo per Rosaria Mancuso, 64 anni, e per il genero Vito Barbara, di 28 anni (più isolamento diurno per un anno) quali mandanti dell’attentato, si registrano infatti delle assoluzioni per specifici capi di imputazione. Innanzitutto, la Corte ha deciso per l’immediata perdita di efficacia di custodia cautelare nei confronti di Lucia Di Grillo, 30 anni (figlia di Rosaria Mancuso), che è stata condannata a 3 anni e 6 mesi di reclusione (in luogo dei 12 anni di carcere chiesti dal pm). Lucia Di Grillo è tornata pertanto in totale libertà, non essendo la condanna a 3 anni e 6 mesi (più 2.700 euro di multa) definitiva ma in primo grado di giudizio. [Continua in basso]

Vito Barbara

In secondo luogo il reato di tentato omicidio – riferito ad un episodio del 30 ottobre 2017 – è stato riqualificato dalla Corte nel più lieve reato di lesioni personali. In particolare, Domenico Di Grillo, Vito Barbara e Rosaria Mancuso erano accusati e sono stati ritenuti responsabili di aver colpito con un’ascia ed un forcone Francesco Vinci, con Rosaria Mancuso che avrebbe incitato gli altri due gridando: “Ammazzatelo, ammazzatelo”. I colpi provocavano a Francesco Vinci un focolaio emorragico, una frattura scomposta della mandibola, una ferita al cranio, una ferita al viso, una vasta lacerazione della mucosa interna della guancia e ferite alle mani.

Vito Barbara, Domenico Di Grillo (marito di Rosaria Mancuso, condannato a 10 anni e 5mila euro di multa) e Lucia Di Grillo sono stati invece ritenuti responsabili della detenzione illegale nel 2018 e della ricettazione di una pistola revolver marca Colt calibro 38, arma da ritenersi clandestina, oltre che della detenzione illegale di un fucile a pompa marca Beretta calibro 12 con matricola punzonata e della detenzione illegale di numerose munizioni, alcune caricate a pallettoni.

Le assoluzioni per l’estorsione e le minacce

Domenico Di Grillo

Non ha retto, invece, l’accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose, mossa a Domenico Di Grillo, al genero Vito Barbara, a Lucia Di Grillo, e a Rosaria Mancuso. Nello specifico, gli imputati avrebbero intimato a più riprese ai coniugi Vinci-Scarpulla di cedergli il fondo del quale erano proprietari sito a Limbadi in contrada Macrea. Il tutto attraverso violenza e minaccia consistita nell’evocazione della propria caratura criminale e dei collegamenti tra loro stessi e la cosca dei Mancuso (in particolare con i fratelli di Mancuso Rosaria, ovvero Giuseppe Mancuso cl. ’49, Mancuso Pantaleone, alias “l’Ingegnere”, Mancuso Diego e Mancuso Francesco, detto “Tabacco”), con modalità tali da manifestare una notevole carica intimidatoria. Un’accusa per la quale gli imputati hanno incassato l’assoluzione «perché il fatto non sussiste». Stessa formula assolutoria anche per il reato di minaccia aggravata dalle modalità mafiose contestato a Vito Barbara, Rosaria Mancuso e Domenico Di Grillo in relazione alle pressioni rivolte nei confronti di Francesco Vinci e Sara Scarpulla a cedere i loro terreni. Domenico Di Grillo è stato quindi assolto dall’accusa di aver puntato una rivoltella all’indirizzo di Francesco Vinci il 30 ottobre 2017 nei pressi dei terreni di Limbadi di contrada Macrea. Per tale episodio Domenico Di Grillo, Rosaria Mancuso e Vito Barbara incassano l’assoluzione anche per il reato di detenzione illegale e porto in luogo pubblico della pistola revolver.

Non doversi a procedere, infine, nei confronti di Lucia Di Grillo e Rosaria Mancuso in relazione al reato di tentato omicidio (aggressione ai coniugi Francesco Vinci e Rosaria Scarpulla il 29 marzo del 2014 cagionando loro lesioni personali) in quanto «l’azione penale non doveva essere iniziata per divieto di un secondo giudizio in ordine al medesimo fatto». [Continua in basso]

Pene accessorie

Lucia Di Grillo

Rosaria Mancuso, Domenico Di Grillo e Vito Barbara sono stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale in corso di esecuzione pena. Lucia Di Grillo è stata dichiarata interdetta dai pubblici uffici per la durata di cinque anni. Vito Barbara, Rosaria Mancuso e Domenico Di Grillo sono stati poi condannati, in solido, al risarcimento del danno cagionato alle costituite parti civili (Francesco Vinci e Rosaria Scarpulla), da liquidarsi in separato giudizio (per intanto è stata disposta una provvisionale immediatamente esecutiva di 150mila euro per ciascuna delle parti civili), nonché alle spese sostenute dalle stesse parti, liquidati in 8.002,80 euro.

La sentenza di condanna nei confronti di Rosaria Mancuso e Vito Barbara dovrà poi essere pubblicata mediante affissione all’albo dei Comuni di Limbadi e Catanzaro e, per estratto, sul sito internet del Ministero della Giustizia. Cadono le aggravanti mafiose per tutti i capi di imputazione.

Atti alla Procura distrettuale

Sara Scarpulla e Francesco Vinci

Quindi la parte della sentenza che farà più discutere e sulla quale occorrerà leggere attentamente fra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza. La Corte, infatti, ha disposto la trasmissione di copia degli atti al pm «per le determinazioni di competenza a carico di Pitzianti Mariano, Scarpulla Sara e Vinci Francesco».

Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati: Francesco Capria e Gianfranco Giunta per Domenico Di Grillo; Francesco Capria e Mario Santambrogio per Rosaria Mancuso; Giovanni Vecchio e Fabrizio Costarella per Vito Barbara; Giovanni Vecchio e Stefania Rania per Lucia Di Grillo.

I coniugi Vinci Scarpulla erano invece assistiti dall’avvocato Giuseppe De Pace.

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