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Fusione tra Comuni del Vibonese, il progetto piace al Comitato Magna Graecia: «Ricadute positive»

Domenico Campana e Domenico Mazza: «Questi processi possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery»

Fusione tra Comuni del Vibonese, il progetto piace al Comitato Magna Graecia: «Ricadute positive»
Veduta panoramica di Vibo Valentia
Da sinistra Domenico Campana e Domenico Mazza

«Il progetto di fusione amministrativa della città di Vibo Valentia con tredici contermini comunità, in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell’ambito di una prospettiva che renda la Calabria una regione coerentemente europea, può diventare volano di svolta se accompagnato da una nuova governance del territorio regionale». A parlare sono i componenti del Comitato per la Provincia della Magna Graecia Domenico Campana, giornalista e scrittore, già caporedattore Ansa, e Domenico Mazza, cofondatore dello stesso Comitato, i quali plaudono al “Progetto di fusione e la nascita della città di Valentia” proposto alle istituzioni interessate del Vibonese dall’associazione “Progetto Valentia” guidata dal presidente Nicola Cortese. Idea che prevede – come ormai noto – l’accorpamento di tredici centri della provincia (Pizzo; Mileto; Maierato; Jonadi; San Gregorio d’Ippona; Sant’Onofrio; San Costantino Calabro; Filandari; Briatico; Filogaso; Stefanaconi; Cessaniti; Francica) con l’amministrazione comunale di Palazzo Luigi Razza[Continua in basso]

Nuovo modello di sviluppo

«Al pari di quello in essere nella realtà, ormai consolidata, di Corigliano-Rossano   – spiegano dunque i due rappresentanti del Comitato – e di quelli pensati per gli ambiti urbani di Crotone e Cosenza e della Locride, nonché di quello auspicabile nella Piana Gioiese, i processi di fusione possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery. Valentia, la rinomina immaginata per il costituendo embrione urbano, si ritroverebbe ad acquisire  una posizione di naturale fulcro, geografico e demografico, tra il Lametino e l’area della Piana.  La rinnovata funzione della città modificherebbe la geografia dei luoghi. I vantaggi di tale operazione avrebbero ricadute positive non già per la sola provincia vibonese, quanto per un ambito medio-tirrenico che da Lamezia a Gioia Tauro avrebbe nella nuova Vibo il suo naturale baricentro propulsivo».

Il cambio dei rapporti di forza a favore di Valentia

Ma c’è di più: secondo gli esponenti del Comitato per la Provincia della Magna Graecia, infatti, la realizzazione della fusione cambierebbe «anche i rapporti di forza con il capoluogo di regione, atteso che la valenza demografica della nuova realtà urbana catalizzerebbe gli interessi degli ambiti Lametini e Gioiesi. Questi ultimi, oggi, costole dei due capoluoghi storici di riferimento. Inoltre, il futuribile contesto urbano, darebbe peso specifico e spessore al neonato collegio camerale che ha voluto l’area della Piana assemblata a quella delle Serre.  Si realizzerebbe, quindi, una situazione similare a quella avvenuta su Corigliano-Rossano che, a seguito del processo di fusione, ha posto il nuovo Comune in una posizione di sussidiaria interdipendenza con Crotone e punto di smistamento tra i flussi jonici, tirrenici ed adriatici».  

Del resto – viene annotato – «circoscrivere, semplicemente, questo processo al succinto perimetro delle Serre e della Costa degli dei, ovvero pensare ad una realtà urbana che uscirebbe consolidata demograficamente, senza ricollocarla nello scacchiere più ampio della extraterritorialità, rappresenterebbe, a nostro avviso, un binario morto. C’è da dire, ancora, che la creazione di un nuovo nucleo urbano dalla policentrica conformazione, creerebbe i presupposti per un rilancio dell’area medio-occidentale della regione. Consoliderebbe, riequilibrando, i rapporti tra le due piane tirreniche, oggi succursali ai desiderata reggini e catanzaresi». [Continua in basso]

Riduzione della frammentazione municipale

L’idea del progetto vibonese, parallelamente a proposte di unioni e fusioni tra Comuni contermini di aree omogenee, rivierasche ed interne, nel rispetto della legislazione vigente, dovrebbe portare a ridurre l’eccessiva frammentazione municipale della Regione. Tale rivisitazione, seguita da apposti provvedimenti legislativi regionali,  – fanno presente ancora Domenico Campana e Domenico Mazza – «avvierebbe una riforma territoriale finalizzata ad individuare in possibili quattro Ambiti (Magna Graecia, Bruzio-Pollino-Tirreno, Istmo-Serre e Stretto), la rivisitazione delle Aree vaste, caratterizzandole in agglomerati demografici compresi tra 350/450mila abitanti. Questi risulterebbero, per dimensione territoriale e popolazione, fedeli ai dettami prescritti dalla legge Del Rio.  Una profonda riforma sistemica che permetterebbe alla Regione di essere competitiva sul piano nazionale ed europeo svolgendo un suo ruolo nell’ambito della Macroregione Sud. La Calabria si rilancerebbe quale naturale baricentro Mediterraneo tra l’area del Medio Oriente, i paesi africani e la via Atlantica. Tale riforma dovrebbe essere varata per mettere in condizione la regione di marciare spedita sul binario del Piano nazionale di ripresa e resilienza nonché dei fondi comunitari della programmazione 2021-2027. Entrambi, infatti – si fa notare – risultano in sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale.  La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. I suoi vantaggi, dunque, sono direttamente proporzionali alle aggregazioni territoriali. Tale rapporto è ancora più evidente se si tiene conto degli obiettivi strategici della politica di coesione realizzata attraverso il Fondo di sviluppo regionale, il Fondo sociale e quello propriamente di coesione».

La fusione compatibile con l’idea europea di coesione territoriale

Detto questo, gli interessati spiegano ancora che «gli obiettivi tematici della programmazione 2021-2027, infatti, sono stati decurtati da 11 a 5 e riguardano: innovazione e digitalizzazione, salvaguardia del clima in attuazione dell’accordo di Parigi, green e zero emissioni di carbonio, più connessioni, più sociale. In particolare il Fondo di sviluppo regionale e quello di coesione contribuiranno, rispettivamente, per il 30% ed il 37% agli obiettivi climatici. Da qui la necessità di approntare al più presto le riforme territoriali in modo da contribuire, come Regione, al raggiungimento degli obiettivi strategici. Primo tra tutti, il livello delle emissioni nocive, traendo giovamento dai benefici dei relativi investimenti in termini di crescita economica, sociale e di qualità della vita. Il progetto Valentia  – sostengono sempre Domenico Campana e Domenico Mazza – può essere compatibile alla strategia europea di coesione territoriale, ma, per risultare vincente, dovrà essere, giocoforza, accompagnato da una riforma sistemica del territorio regionale.  A cominciare dalla razionalizzazione dei numero dei Comuni, secondo la legislazione vigente, alla rivisitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali che costituiscono l’hub per la gestione dei servizi economici principali ai cittadini, ma anche centro di crescita, innovazione, sviluppo. In funzione di ciò, riteniamo che, a partire dal nuovo governo regionale, si debba favorire il processo di fusione, avviato dal basso, per la nuova città di Valentia che, oltre ad acquisire una popolazione che la porrebbe  – questa la conclusione dei rappresentanti del Comitato perla Provincia della Magna Graecia – sul podio della demografia regionale, si avvierebbe ad essere, in una prospettiva di rivisitazione degli Ambiti territoriali ottimali, un centro urbano di valenza europea».

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